La nota del 26 giugno

“Nei conflitti europei, per i quali non c’è un tribunale competente, il diritto si fa valere soltanto con le baionette” (Otto Von Bismarck)

Popolari, socialisti e liberali confermano la maggioranza che ha governato l’Europa negli ultimi decenni, e anche Ursula Von der Leyen alla guida della Commissione. Del pacchetto fanno parte il portoghese Antonio Costa al Consiglio europeo, Kaja Kallas, premier estone e avversaria dichiarata di Putin, agli affari esteri e anche la conferma di Roberta Metsola alla presidenza del Parlamento europeo. Resta fuori l’Italia: secondo La Stampa, Giorgia Meloni si sarebbe più volte negata al telefono con Mitsotakis, il negoziatore dell’intesa che voleva informarla a cose fatte dell’accordo e ora chiede almeno un faccia a faccia con Ursula sul programma. I 24 voti di Fratelli d’Italia più gli altri voti dei conservatori che Là premier riesce a gestire al Parlamento europeo sono importanti per Von der Leyen ma c’è sempre, e apertamente a differenza di quella con l’Italia, la trattativa con i Verdi. La vicepresidente dei Verdi, Terry Reintke, dice al Corriere che loro sono pronti ad entrare in maggioranza a patto che non vi sia nessuno stop al Green Deal. Adriana Cerretelli sul Sole scrive che “è stata scelta la continuità invece della stabilità, che avviene quasi in apnea rispetto alle nuove realtà politiche che ribollono fuori dai Palazzi”. Per il Fatto Meloni “voterà Ursula, insieme al Pd”.

Ecco cosa scrive Francesco Giavazzi nel fondo del Corriere a proposito della tecnostruttura della Commissione: “La scelta dei commissari non è indipendente dalla scelta delle persone che guideranno le strutture. La Commissione europea è una grande burocrazia, con oltre 30.000 dipendenti e circa 30 direttori generali, i veri detentori del potere. Alcuni sono ottimi, ad esempio Sandra Gallina, direttore generale per la Salute e la sicurezza alimentare, che durante il Covid gestì le trattative con le case farmaceutiche per garantire la distribuzione dei vaccini in tutta Europa. Altri sono più politici. Sarebbe un’altra beffa battersi per l’importante delega all’industria, e poi trovarsi con un direttore generale tedesco che difende le imprese del suo Paese. E comunque più dei passaporti conteranno le politiche, cioè la capacità di indicare obiettivi, strategie e su quelle costruire alleanze. Un esercizio che richiede più consapevolezza sulla reale abilità del Paese di influire sulle scelte europee. Che non sempre si ha e si è avuta”.

La conferma sino a dicembre della decontribuzione al Sud è l’apertura del Sole. Mazzuca rivendica in una intervista al quotidiano rosa che la proroga è stata “una battaglia di Confindustria”. Sul Mattino Marco Fortis collega la notizia con l’andamento superiore alle attese dell’economia del Sud.

Patuelli, presidente dell’Abi, condivide e sostiene la posizione di Emanuele Orsini sulle garanzie per le imprese.

Il Corriere fa sapere che la presidenza delle Ferrovie va a Tommaso Tanzilli, direttore di Federalberghi Lazio, già nel Cda.

Lusetti, ceo di Conad (20 mld di fatturato), dice al Corriere che è pronto a nuove acquisizioni e che il calo dei consumi è legato ai salari bassi.

Fondazione Crt, la presidente Poggi dice a Repubblica che va tutto bene e che ha revocato le “autonomine” a quattro consiglieri, così spera di evitare il commissariamento.

Paolo Savona nella relazione annuale Consob attacca le agenzie di rating, invita i fondi di investimento e i gestori del risparmio a usare l’intelligenza artificiale per alzare i rendimenti e non prende posizione sul Ddl Capitali che dà più poteri agli azionisti rispetto ai manager, e per questo il Giornale lo paragona a Ponzio Pilato.

Stellantis prova a rispondere con argomenti generici alle critiche di ieri del Corriere e Gabanelli/Querzè la inchiodano: “al momento non c’è nulla di chiaro sulla riconversione di Termoli e la Panda elettrica Stellantis la costruirà in Serbia. Mentre l’emorragia dagli stabilimenti italiani continua”.

Luca Rinaldi Contardi Padulli compra per 40 milioni l’immobile di via Bagutta 20 a Milano. Il conte è il più grosso proprietario terriero di Inghilterra, ha più ettari di Re Carlo.

Meloni se la prende con la sinistra che “la vuole a testa in giù”, mentre la sinistra festeggia ancora i ballottaggi vinti.

Il Giornale mette in prima pagina Brunello Cucinelli, lo stilista umbro del cachemire vicino alla sinistra, che elogia il governo.

Bonaccini lascia a metà luglio la regione Emilia Romagna che per l’ordinaria amministrazione verrà guidata dalla vicepresidente Irene Priolo sino alle elezioni previste tra ottobre e novembre.

Marina Berlusconi lancia la casa editrice Silvio Berlusconi, che pubblicherà saggi sul pensiero liberale. Il primo è di Tony Blair.

Assange patteggia con gli Usa e torna libero in Australia

Putin mette al bando 81 siti europei, per l’Italia quelli di Stampa, Repubblica, Rai e La7 (che pure ospita gli anti Zekensky del Fatto)

L’assassinio del diciassettenne a Pescara da parte di due suoi coetanei per un debito di 250 euro apre scenari e riflessioni sulla diffusione della droga tra i giovanissimi.

Critiche da ogni dove a Spalletti, ct della Nazionale, dopo che ha detto che qualcuno dei suoi giocatori lo ha tradito rivelando che lui sceglie la formazione insieme ai giocatori più importanti. Così fan tutti o quasi gli allenatori. Di suo Spalletti aggiunge i propri “raccomandati”.

Il Corriere ha due pagine di necrologi per prematura scomparsa dell’avvocato Roberta Guaineri.

Ed ecco alcuni dettagli/approfondimenti. Ue, accordo per le nomine. Verso il bis di von der Leyen. Intesa tra popolari, socialisti e liberali: Costa al Consiglio, Kallas alla diplomazia. Ora la palla passa ai leader dei 27. (Francesca Basso, Corriere della Sera)

Nessun allargamento della maggioranza al partito di Giorgia Meloni, ma un mandato a von der Leyen per negoziare un portafoglio con la premier. E poi un commissario in più per i socialisti e il via libera a trattare un eventuale (ma non ancora scontato) ingresso dei Verdi nella prossima coalizione europeista: sono i contorni del menu concordato ieri dai sei leader incaricati di negoziare il pacchetto di nomine per conto delle rispettive famiglie politiche, come ricostruito da La Stampa attraverso autorevoli fonti politiche e diplomatiche direttamente a conoscenza delle discussioni. Confermato, come piatto forte, il “tris di primi” composto da Ursula von der Leyen, Antonio Costa e Kaja Kallas, che saranno indicati rispettivamente per la presidenza della Commissione, del Consiglio europeo e come Alto Rappresentante per la politica estera Ue. La tedesca e la premier estone dovranno passare anche l’esame del Parlamento europeo. (Marco Bresolin, La Stampa)

Von der Leyen, Costa, Kallas, Metsola: chi sono i 4 prescelti per i top jobs europei. I profili indicati dopo l’accordo tra Ppe, Pse e liberali per i vertici di Commissione, Consiglio, Parlamento e per l’Alto responsabile esteri. (Alberto d’Argenio e Daniele Castellani Perelli, Repubblica)

L’accordo sulle nomine Ue conferma von der Leyen. L’informazione, rilanciata in un primo momento dall’agenzia di stampa tedesca DPA, è giunta dopo una videoconferenza, a cui hanno partecipato per i popolari il polacco Donald Tusk e il greco Kyriákos Mitsotakis, per i socialisti il tedesco Olaf Scholz e lo spagnolo Pedro Sánchez, per i liberali l’olandese Mark Rutte e il francese Emmanuel Macron. Successivamente, la notizia è stata confermata a Berlino dal segretario generale della Cdu tedesca Friedrich Merz. Una volta indicata dai capi di Stato e di governo la signora von der Leyen dovrà ottenere il via libera anche dal Parlamento, possibilmente già a metà luglio. Attualmente la maggioranza popolare-socialista-liberale ha un vantaggio di 38 seggi. Proprio ieri il gruppo liberale ha riconfermato alla presidenza la francese Valérie Hayer, nonostante il forte calo di Renaissance in Francia. Una riconferma vi è stata anche nel gruppo socialista, con la spagnola Iratxe García Pérez. (Beda Romano, Il Sole 24 Ore)

Andrea Bonanni su Repubblica: Patto contro l’ultra-destra. Raggiunto l’accordo sulle nomine Ue, ma Meloni informata a cose fatte.

La rabbia di Meloni per l’esclusione. Ora valuta l’astensione in Consiglio. Pare che sia avvenuto più volte, non una sola. Kyriakos Mitsotakis che prova a chiamare Giorgia Meloni, e lei che si nega al telefono. Il premier greco è uno degli esponenti più a destra del Partito popolare europeo, il più vicino alla premier italiana del gruppo dei negoziatori che hanno sancito la spartizione delle poltrone ai vertici delle istituzioni europee tra socialisti, liberali e Ppe. Mitsotakis è stato incaricato di informare Meloni dell’intesa, e, di fatto, ribadirle che era stata esclusa, che la sua parola non avrebbe contato nulla al tavolo dei leader. Dire che Giorgia Meloni sia fortemente irritata da quanto è avvenuto significa non cogliere la profondità della rabbia personale e politica che i suoi collaboratori stanno facendo trapelare in queste ore. Tutto adesso è possibile. Anche che domani Meloni possa astenersi, a Bruxelles, durante il Consiglio europeo dove i leader dei singoli Paesi saranno chiamati a votare per il pacchetto di nomine già deciso tra Emmanuel Macron e Mark Rutte per i liberali, Olaf Scholz e Pedro Sanchez per i socialisti, e Donald Tusk per i popolari. I conservatori di Ecr sono fuori, Meloni è fuori. Come previsto. (Marco Bresolin e Ilario Lombardo, La Stampa)

Com’era prevedibile, dopo i risultati elettorali che hanno visto vincente il centrosinistra nei ballottaggi delle maggiori città, la destra pensa già ad eliminare il secondo turno dal sistema elettorale delle amministrative. È un ragionamento elementare – enunciato già lunedì dal presidente del Senato La Russa e ripetuto ieri dal presidente della Commissione Affari Istituzionali del Senato Balboni -: poiché il secondo turno permette al centrosinistra di superare divisioni insanabili nel primo, basterà eliminarlo, con una soglia del 40 per cento che consenta a chi la supera di evitare il ballottaggio, per garantire

sempre alla coalizione guidata nazionalmente da Meloni la vittoria e assicurare a quella che Schlein non riesce ancora a mettere insieme nel “campo largo” la sconfitta. Per non dire dell’elezione del premier, il sottinteso di tutta questa discussione, che potrebbe essere votato allo stesso modo. (Marcello Sorgi, La Stampa)

Schlein alla premier: ora arriviamo. E riparte dal «confronto» con Conte. «Felice del 6 a 0, loro scappano col pallone. La leader di FdI? Non so che film stia vedendo». Conte è un alleato importante. L’ho sentito questa mattina. Il rapporto è quotidiano e costante Sono felice che siamo riusciti a fare insieme la piazza di Roma contro l’Autonomia. (Maria Teresa Meli, Corriere della Sera)

Schlein, la replica irridente a Meloni: “Toni da guerra civile? Difficile digerire la sconfitta”. La segretaria del Pd: “Non so che film stia vedendo la presidente del Consiglio. Pronti a spiegare a Donzelli risultati col pallottoliere”. (Giovanna Vitale, Repubblica)

Da Bergamo a Perugia, l’orgoglio delle sindache: “Ma la politica è un lusso”. Sono il 14% del totale, le ultime amministrative le hanno viste protagoniste: “Siamo ancora considerate eccezioni. Il problema è il welfare”. (Concetto Vecchio, Repubblica)

Nel Pd c’è la convinzione che, dopo l’estate, la maggioranza proverà a forzare la mano su questo, con un emendamento al Testo unico sugli Enti Locali per introdurre una soglia del 40%: chi la supera al primo turno, vince. «È un’operazione calibrata su un obiettivo preciso: provare a strapparci Roma e Milano nelle Comunali del 2026, visto che con l’attuale sistema non sono stati in grado di farlo», spiegano al Nazareno. Con l’idea di estendere poi il modello «40 per cento» anche a livello nazionale, in abbinamento al premierato.

«Ma questa ennesima prova di forza a discapito della tenuta delle istituzioni ci vedrebbe inevitabilmente sulle barricate», avverte il responsabile Riforme del Pd, Alessandro Alfieri. (Laura Cesaretti, Il Giornale)

Meloni: a sinistra toni da guerra civile Poi «rassicura» il Sud sull’Autonomia. «Irresponsabili perché sulle riforme non hanno argomenti». L’opposizione insorge. Contro tutte le riforme la sinistra è scatenatissima. Sul premierato ci accusano di deriva autoritaria. (Adriana Logroscino, Corriere della Sera)

«L’astensione è il problema, serve una riforma condivisa. E la leader del Pd si scusi». La Russa: i ballottaggi vanno ripensati. Schlein stavolta ha esagerato. Una volta passata la polemica sul premierato mi auguro che sulla legge elettorale ci sia maggiore condivisione. (Monica Guerzoni, Corriere della Sera)

Linda Laura Sabbadini su Repubblica: Se l’astensionismo viene dal centro. Si è concentrato di più tra le donne, i giovani, gli operai, i disoccupati, i piccoli imprenditori e artigiani e i meno istruiti.

Nella mappa dell’Italia a tinte blu le città rosse salgono a quota 57. In 5 anni il centrosinistra ha conquistato 15 capoluoghi. Il centrodestra è passato da 52 a 40. Il M5S scompare nella versione «solitaria». Ora tende a vincere quando è in coalizione. (Renato Benedetto, Corriere della Sera)

Bipolarismo più forte. Il centrosinistra cresce al Sud, il centrodestra è stabile. I temi «nazionali» non pesano sulle scelte degli elettori. (Nando Pagnoncelli, Corriere della Sera)

Marina Berlusconi: «Mi allarma l’ondata degli estremismi di destra. L’Europa deve riflettere». L’imprenditrice: diritti civili, più in sintonia con la sinistra di buon senso. Se parliamo di aborto, fine vita, Lgbtq, ognuno deve essere libero di scegliere. (Daniele Manca, Corriere della Sera)

La Lega ha deciso, niente provvedimenti per Bossi. Ma Salvini regola i conti dopo il voto: espulsi Grimoldi e Michieletto. Il consiglio federale: “Liti inutili e dannose”. L’ex segretario della Lega Lombarda: “Cercano di cacciare i leghisti storici”.

Calderoli: “Il Senatur mi ha telefonato per congratularsi dell’Autonomia”. (Matteo Pucciarelli, Repubblica)

Quote pensioni, in cinque anni spesa lievitata di 40 miliardi. Quasi 40 miliardi in soli cinque anni: tra il 2019 e il 2023. È il conto, in termini di maggiore impatto della spesa pensionistica sul Pil, pagato alle deroghe alla legge Fornero e alle riforme precedenti, a cominciare da Quota 100, ma anche, seppure in misura molto più contenuta, da Quota 102 e 103. A quantificarlo è l’ultimo rapporto della Ragioneria generale dello Stato sulle tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario, con cui vengono leggermente corrette le previsioni formulate con la Nadef 2023, tenendo conto del quadro aggiornato del Def 2024 (anche se sprovvisto degli obiettivi programmatici), dell’ultima proiezione Istat sull’andamento demografico e delle misure della legge di bilancio 2024 sulla stretta ai pensionamenti anticipati e sul rafforzamento del taglio dell’indicizzazione sugli assegni d’importo più elevato. (Marco Rogari, Il Sole 24 Ore)

Costo del lavoro per il Sud. Arriva una proroga dimezzata. Il governo cambia idea sulla decontribuzione, ma Bruxelles concede altri sei mesi solo per chi è già impiegato e non per i nuovi assunti. (Valentina Conte, Repubblica)

L’Europa attacca Microsoft, Teams finisce nel mirino. Il gruppo Usa: lavoreremo per affrontare le preoccupazioni di Bruxelles. (Giuliana Ferraino, Corriere della Sera)

«Ilva, stop se è un rischio per salute e ambiente». Il tavolo al ministero. Allarme dei sindacati dopo il verdetto del tribunale Ue. (Andrea Rinaldi, Corriere della Sera)

Giorgio Armani tra pochi giorni, l’11 luglio, compirà 90 anni, e non ci pensa nemmeno a fare un passo indietro. Non è un’opzione nemmeno la nostalgia: «Un sentimento che paralizza e immalinconisce, e io preferisco ancora guardare avanti», come ha spiegato in un’intervista. Qui a Parigi, dove è in scena la couture, fino all’ultimo minuto ieri sera al Palais de Tokyo, ha controllato come sempre ogni minimo dettaglio degli abiti Privè per il prossimo autunno-inverno. (Maria Corbi, La Stampa)

Gli altri temi del giorno

Gli Usa affossano la global tax: “L’accordo è ormai morto”. Senza il via libera di Washington la tassazione globale sulle multinazionali resterà solo un obiettivo mancato. (Massimo Basile, Repubblica)

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha rimpiazzato il generale Yuri Sodol capo del Comando interforze. Nel video su Telegram, in cui Zelensky designa il generale di brigata Andriy Hnatov come nuovo comandante, non ci sono le motivazioni che hanno portato all’allontanamento di Sodol. Pochi giorni fa Bohdan Krotevych, guida della controversa Brigata Azov, ha pubblicato una lettera contro di lui: “Ha ucciso più soldati ucraini di qualsiasi generale russo”. Nel documento, reso pubblico su Facebook, Krotevych chiede che venga aperta un’inchiesta per appurare il collaborazionismo di Sodol con la Russia. (Cosimo Caridi, Il Fatto Quotidiano)

Il piano di pace di Trump: «Negoziato o basta armi» e confini attuali congelati. Costringere l’Ucraina a sedersi al tavolo delle trattative, con la minaccia di uno stop completo agli aiuti militari Usa. Allo stesso tempo, minacciare Vladimir Putin di armare l’Ucraina fino ai denti per vincere la guerra, se Mosca non accetterà di negoziare. Sono i punti principali del piano che due importanti consiglieri di Donald Trump hanno messo a punto per porre fine alla guerra, in caso di vittoria del tycoon nelle elezioni presidenziali del 5 novembre. Il piano, ha rivelato la Reuters, è stato presentato a Trump, che lo avrebbe valutato in maniera favorevole. Secondo lo schema messo a punto dall’ex generale Keith Kellogg e da Fred Fleitz, entrambi ex capi dello staff del Consiglio per la Sicurezza nazionale durante la presidenza Trump, il cessate il fuoco tra Mosca e Kiev congelerebbe le attuali linee del fronte. Inoltre, l’adesione dell’Ucraina alla Nato verrebbe rinviata per un tempo indefinito, anche se Kiev potrebbe contare sul sostegno militare Usa come garanzia da future aggressioni russe. (Marco Liconti, Il Giornale)

Mandato d’arresto per Shoigu e Gerasimov. La Cpi: «Sono colpevoli di crimini di guerra». Sergei Shoigu e Valery Gerasimov, ex ministro della Difesa e capo di Stato maggiore, faranno fatica ad uscire dai confini della madre patria Russia ma sai che soddisfazione aver emulato il leader. Così come accaduto con il loro capo infatti, anche per loro è stato emesso un mandato di cattura internazionale dalla Cpi per crimini di guerra e contro l’umanità. Nel dettaglio, i giudici della Corte penale internazionale dell’Aia, nell’ambito dei crimini contro i civili, nella sezione istruttoria presieduta dal giudice italiano Rosario Salvatore Aitala, contesta a Shoigu e a Gerasimov crimini di guerra e contro l’umanità commessi in Ucraina «tra il 10 ottobre 2022 e almeno il 9 marzo 2023», quando, come avviene quasi quotidianamente sono stati colpiti dai russi obbiettivi civili. (Matteo Basile, Il Giornale)

“Idf colpisce di proposito i giornalisti nella Striscia”. I giornalisti sarebbero presi deliberatamente di mira dall’esercito israeliano nella Striscia di Gaza e per loro portare il giubbotto antiproiettile con la scritta press non sarebbe più una protezione, li esporrebbe anzi di più ad attacchi di missili e droni. Sono le conclusioni raccapriccianti di una lunga inchiesta, battezzata “Projet Gaza”, portata avanti dai media del consorzio internazionale Forbidden Stories, tra cui il francese Le Monde e il britannico Guardian. Sono 108 i reporter e gli operatori dei media uccisi a Gaza dall’inizio della guerra, stando ai dati del Comitato per la protezione dei giornalisti, basato a New York. Almeno quattordici, secondo Forbidden Stories, sarebbero stati colpiti tra Gaza, Cisgiordania e sud del Libano, mentre indossavano il giubbotto stampa. Almeno diciotto sarebbero i reporter palestinesi presi di mira da un drone israeliano: sei sono morti, dodici sono rimasti feriti. L’inchiesta rivela che il raid contro l’ufficio dell’agenzia France Presse a Gaza, il 2 novembre 2023, che ha devastato i locali senza fare vittime, è stato probabilmente perpetrato da carri armati israeliani, come emerge dall’analisi delle immagini e dei suoni catturati in diretta dalle telecamere dell’agenzia, uno dei rari media che all’epoca era ancora presente a Gaza. Il giorno dopo, l’esercito israeliano, che aveva le coordinate dell’ufficio dell’Afp, aveva negato di aver preso di mira l’edificio. (Luana De Micco, Il Fatto Quotidiano)

«Ultraortodossi arruolati». Il verdetto che divide Israele. La Corte Suprema: basta esenzioni. Caos politico e grana per Netanyahu. (F. Bat., Corriere della Sera)

Unrwa (Onu): «In media 10 bambini al giorno perdono una o due gambe». Dieci bambini in media al giorno a Gaza perdono una o entrambe le gambe a causa della guerra che imperversa nel territorio assediato, ha dichiarato il capo dell’Unrwa, l’agenzia Onu che sostiene rifugiati palestinesi.

«Fondamentalmente abbiamo ogni giorno dieci bambini che perdono una o due gambe», ha detto Philippe Lazzarini a Ginevra, citando i dati dell’agenzia Onu per l’infanzia Unicef. Questi numeri non includono i bambini che hanno perso mani o braccia. Nella Striscia continua ad aggravarsi la crisi umanitaria mentre la guerra impedisce a cibo e aiuti di arrivare alla popolazione. Save the Children denuncia che il 96% degli abitanti di Gaza, si trova ad affrontare una grave carenza di cibo, mentre quasi mezzo milione di palestinesi, e tra loro molti bambini, soffrono la fame con rischio della vita a causa della grave malnutrizione. (Il Sole 24 Ore)

Il Kenya nel caos per la finanziaria. Assalto al Parlamento, morti e feriti. La polizia apre il fuoco sui manifestanti, almeno 5 vittime. Internet bloccata, mobilitato l’esercito. (Monica Ricci Sargentini, Corriere della Sera)

Julian Assange, il fondatore di WikiLeaks, ha patteggiato con la giustizia americana, accettando di dichiararsi colpevole di uno dei reati di spionaggio che gli erano stati contestati in cambio della libertà. «Francamente è incredibile, sembra quasi irreale», è stata la prima reazione di Stella Assange, la moglie dell’hacker australiano che per anni si è battuta per il suo rilascio. «Fino a ventiquattr’ore fa non eravamo nemmeno sicuri che stesse accadendo davvero». (Alessandro Rizzo, La Stampa)

Christopher, il racconto choc del teste. «Lo insultavano mentre lui moriva». Pescara, i due 16enni arrestati e la foto al mare subito dopo il delitto. I pm valutano la premeditazione. (Ilaria Sacchettoni, Corriere della Sera)

«Ho aiutato Satnam, ora non lavoro più». A Latina duemila in corteo, la denuncia del collega del bracciante sikh morto: usava quella macchina da 2 giorni. (Fulvio Fiano, Corriere della Sera)

Pianura Padana sott’acqua. Altre 3 settimane di fresco. Un morto nel Parmense. Il meteorologo: colpa dell’aria polare. (Carlotta Lombardo, Corriere della Sera) Dighe vuote e autobotti. La sete di città e campagne. L’Anbi: «Produzioni dimezzate dalla Puglia alla Sicilia». (Alfio Sciacca, Corriere della Sera)

Il Corriere intervista Mauro Di Francesco: «Gli scherzi di Tognazzi a Vitti Portai Abatantuono sul palco Jerry Calà fece Sapore di Mare perché io rinunciai alla parte».

Gli Anniversari

363, ucciso l’imperatore romano Giuliano l’Apostata
1483, Riccardo III re d’Inghilterra
1541, assassinato a Lima Francisco Pizarro
1656, Venezia toglie Lemno e Tenedo agli ottomani
1819, brevettata la bicicletta
1831, Leopoldo primo re dei Belgi
1870, a Monaco la prima della Valchiria di Wagner
1923, prima edizione della 24 ore di Le Mans
1924, secessione dell’Aventino
1944, incursione aerea britannica su San Marino
1945, a San Francisco nasce l’Onu
1960, il Madagascar indipendente dalla Francia
1963, JFK in Germania: Io sono un berlinese
1968, Paolo VI: ritrovate le spoglie di San Pietro
1974, Liz Taylor divorzia da Richard Burton
1974, battesimo del codice a barre in Ohio
1975, Indira Gandhi: stato di emergenza in India
1977, terroristi evadono dal carcere di Asti
1977, ultimo concerto di Elvis Presley
1984, la modella Broome uccide l’imprenditore D’Alessio
1991, nasce il giorno dell’Indipendenza della Slovenia
1997, pubblicato il primo libro di Harry Potter
2000, Blair e Clinton: mappato il genoma umano
2000, divulgato il terzo segreto di Fatima
2003, drammatico black out in Italia
2011, Vasco Rossi annuncia il ritiro (poi ci ripensa)
2015, gli Usa legalizzano i matrimoni dello stesso sesso
2015, due attentati terroristici: 66 morti

Nati oggi

1906, Alberto Rabagliati
1908, Salvador Allende
1911, Carlo Dapporto
1933, Claudio Abbado
1935, Silvano Labriola
1937, Giancarlo Lombardi
1945, Daniele Protti
1946, Bibi Ballandi
1950, Antonio Ricci e Umberto Smaila
1951, Eugenio Mazzarella
1952, Enrico Ghezzi
1957, Andrea Pininfarina
1965, Alberto Davoli
1968, Paolo Maldini
1971, Max Biaggi
1981, Paolo Cannavaro
1993, Ariana Grande

Si festeggiano San Josemaria e San Rodolfo

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