“Un leader è un commerciante di speranze” (Napoleone Bonaparte)
Da “Io sono Giorgia”, il libro con cui preparò la corsa vittoriosa alle elezioni politiche del 2022 a “scrivete Giorgia sulla scheda”, il claim delle elezioni europee 2024: così la premier, che continua a definirsi “donna del popolo”, presenta a Pescara la sua candidatura come capolista in tutte le circoscrizioni. E tutti i giornali le vengono dietro, nonostante la notizia sia già stata super annunciata. E’ un altro passo verso la definitiva e irreversibile leaderizzazione della politica e giustamente Alessandro De Angelis su La Stampa scrive che se le elezioni le vince la presidente del Consiglio non avrà più nemmeno bisogno di far approvare il premierato perchè già consacrato dai fatti. Del resto, la segretaria del Pd, Schlein, dice che la presidente del Consiglio è “fuori dalla realtà” perchè non ha parlato di sanità nella kermesse elettorale, ma anche lei (lo scrive l’amica Repubblica, che titola “Duello sull’Europa” per cercare di aiutare il Pd) metterà il suo nome, Elly, sulla scheda. Poi il Fatto titola che nessun leader andrà davvero a Strasburgo e che si tratta di una presa in giro degli elettori, ma non è purtroppo la prima volta, mentre la leaderizzazione spinta è favorita dal proporzionale, e quindi si tratta di una conta di voti a fini interni. Anche Calenda ci ripensa e si candida insieme a Elena Bonelli.
Con Meloni a Pescara ci sono tutti gli alleati, meno Salvini che si collega da Milano e che oggi fa il suo esordio accanto a Vannacci a Roma. La Russa attacca le tesi del generale sui disabili. Repubblica scrive che Putin userà tutta la sua propaganda per tirare la volata all’attuale capo della Lega, ma si dimentica di legare la stessa candidatura del generale in questa filiera, non a caso era stato addetto militare a Mosca.
Il sottosegretario Mantovano, delegato al controllo sui Servizi, assicura che i due uomini che si erano interessati a novembre dell’auto dell’ex compagno di Meloni, Giambruno, parcheggiata sotto casa della premier mentre lei era all’estero non erano agenti dell’intelligence ma ladri d’auto o ricettatori. Intanto i due, scrive il Giornale, chissà perchè sono stati destinati a sedi disagiate come la Tunisia e l’Iraq.
C’è la conferma del bonus assunzioni, un nuovo Superbonus 120 per cento, entrerà nel pacchetto primo maggio che il Consiglio dei ministri approva domani. Secondo Repubblica mancano le coperture, innanzitutto per il bonus tredicesime. Il Sole stima che i bonus attualmente in vigore cubano 80 miliardi. Di Vico racconta sul Corriere i sindacati divisi su tutto. Elsa Fornero su La Stampa ricorda che gli stipendi medi sono fermi da 20 anni e che ora serve “un ponte tra l’innovazione delle imprese e le competenze di operai e impiegati”.
Federico Rampini sul Corriere è certo che il filo islamismo delle università americane non prelude ad un nuovo 68. Ma c’è anche chi dice che contano anche i tanti finanziamenti degli Stati arabi agli atenei Usa.
Giuliano Ferrara sul Foglio e Mario Giordano su La Verità difendono Fassino.
Osvaldo De Paolini sul Giornale difende Mizzau, l’ex ad di Consip disarcionato dalle accuse di sessismo: si tratterebbe invece di una manovra per farlo fuori poichè aveva cambiato molte cose nella centrale degli acquisti della pubblica amministrazione.
In 300 mila a Milano alla festa scudetto dell’Inter, che batte anche il Torino. Napoli e Roma pareggiano, e non serve a nessuno dei due. Pecco Bagnaia torna a vincere nella MotoGP.
Ed ecco alcuni dettagli/approfondimenti. Meloni lancia la sua corsa: scrivete Giorgia sulla scheda. La premier: sono una di voi, ho bisogno di sapere ancora una volta se ne vale la pena. Vogliamo fare come in Italia: una maggioranza delle forze di centrodestra che mandi finalmente all’opposizione la sinistra anche in Europa. Si voterà per dare ancora più forza al governo. Mi considero un soldato: i soldati, quando devono, non esitano a schierarsi in prima linea. Siccome, per fortuna, non sono la segretaria del Pd, penso di poter confidare nel fatto che il mio partito mi darà una mano in questa campagna elettorale. Sto facendo del mio meglio, ma è come se stessi nell’ottovolante. Sapete di questa cosa che mi viene nelle orecchie, che mi fa venire le vertigini. (Paola Di Caro, Corriere della Sera)
Meloni: “Votate Giorgia” La premier trasforma le Europee in un referendum. Ufficiale la candidatura, con un trucco per far scrivere il suo nome sulla scheda: “Sono del popolo” Attacco al Ppe. Stoccata a Salvini assente: “Fa il ponte”. Allontana Von der Leyen e Draghi per tenersi mani libere. (Emanuele Lauria, Repubblica)
Massimo Cacciari: “Meloni, una mossa in stile Berlusconi per bidonare gli elettori”. Come si spiega questa decisione? Il discorso viene da lontano ed è strutturale: in assenza totale di partiti che hanno ceti dirigenti attrezzati, questa può sembrare la soluzione. Nella seconda Repubblica tutti hanno contribuito appassionatamente a distruggere i partiti con le loro strutture interne. Figure come Togliatti, Berlinguer, De Gasperi e Almirante non avrebbero mai fatto una cosa del genere: non si sarebbero mai immaginati di mettere il proprio nome nel simbolo. Ora si crede solo che per prender voti occorra la telegenia, il leader forte, il capo. Siamo ancora in piena epoca berlusconiana. (Giacomo Salvini, Il Fatto Quotidiano)
Ezio Mauro su Repubblica: Meloni, la liturgia pagana. E’ avvenuta ieri davanti alla platea di FdI la seconda metamorfosi della premier “patriota” e “soldato”.
La sala applaude Berlinguer. Dagli incontri segreti al funerale, quel rapporto con Almirante. Il presidente del Senato: anche noi onoriamo la sua figura. (Paolo Conti, Corriere della Sera)
La strategia del nome. E punge Salvini assente «Preferisci il ponte…». L’obiettivo è lanciare un referendum su sé stessa. Il fastidio degli otoliti: «Sono come su un ottovolante». Nei 73 minuti di discorso cita Letta e Draghi: le loro ricette sono le nostre da anni. (Monica Guerzoni, Corriere della Sera)
Un trucco per rendere il voto valido. La premier vuole sfruttare quel sistema che permette ai candidati di utilizzare il proprio soprannome o il diminutivo del nome con cui sono comunemente conosciuti. “Giorgia”, non sfuggirà ai più, non è né un soprannome né un diminutivo, ma nel quartier generale di FdI non si fanno problemi. Difendono la loro trovata di marketing elettorale, nonostante rischi di creare equivoci, invece di evitarli. Le regole sono chiare: per indicare una preferenza sulla scheda, si può scrivere “nome e cognome” del candidato, oppure “solo il cognome”. Ma la giurisprudenza ha anche fissato un principio di salvaguardia: il voto è sempre valido, se non ci sono dubbi sulla preferenza espressa dall’elettore. E questo a Meloni, detta Giorgia, potrebbe bastare. (Federico Capurso, La Stampa)
Sondaggi politici, su Salvini fiducia a tempo. Rischia se c’è il flop nelle urne. La possibilità di un risultato negativo alle Europee è concreta. Il 60% dei sostenitori crede ancora che il segretario sia il leader migliore per il Carroccio ma un elettore leghista su tre pensa che il leader dovrebbe dimettersi se i voti calano troppo. (Ilvo Diamanti, Repubblica)
Mario Monti sul Corriere: L’Italia che si sogna senza limiti. Debito e deficit: è l’Europa prevenuta o siamo noi italiani ad assumere comportamenti sciatti e controproducenti?
L’assalto della destra alle aziende di Stato: ecco tutti i politici amici nominati in cda e collegi. Nei 18 mesi di governo FdI, Lega e FI hanno negato favoritismi mentre piazzavano ex deputati, segretari di sezione e assessori nei cda di partecipate, da Leonardo a Gse, fino a Enel e Autostrade. (Giuseppe Colombo e Antonio Fraschilla, Repubblica)
«Ha perso il contatto con la realtà». Schlein attacca, Calenda si candida. Il leader di Azione sarà capolista ovunque. Conte: Meloni è re Mida al contrario. La segretaria pd: un’ora di discorso senza nominare la sanità pubblica. Renzi: è un’influencer, non una statista. Chiede i voti ma sa che a Bruxelles non andrà. (Alessandra Arachi, Corriere della Sera)
Calenda: “Io candidato in tutte le circoscrizioni”. L’annuncio del leader di Azione che sarà in lista con Elena Bonetti. “I nostri eletti aderiranno al gruppo Renew”. (Repubblica)
I finti 007 e l’auto di Giambruno: il giallo degli spioni. Due ladri d’auto, rom pregiudicati alla caccia di pezzi di ricambio. Anzi no: due agenti segreti dell’Aisi intenti a piazzare microspie sull’auto del compagno di Giorgia Meloni. Tra le due versioni sul fattaccio del 30 novembre a Roma corre una distanza siderale, da una parte una commedia degli equivoci, dall’altra un giallo politico-istituzionale. Una certezza: per mesi magistrati, poliziotti e vertici dei servizi segreti hanno lavorato per venire a capo della vicenda. E per mesi l’episodio ha preoccupato Giorgia Meloni, rafforzandone la sensazione – più volte raccontata dalla premier – di essere oggetto di attenzioni illecite da parte di apparati deviati. In sintesi: sotto l’abitazione romana della Meloni i poliziotti di tutela vedono due tizi armeggiare intorno all’auto di Andrea Giambruno, il compagno da cui un mese prima Giorgia si è pubblicamente staccata. I due esibiscono documenti da poliziotti, «siamo colleghi» e vengono lasciati andare. Ma l’agente della Volante si segna i nomi, prende la targa, fa rapporto. Partono immediatamente gli accertamenti, perchè proprio i timori della Meloni sulle orecchie indiscrete che la seguirebbero rendono necessario capire perfettamente cosa è accaduto. Ed arriva la sorpresa: facce e nomi dei due che armeggiavano sotto casa Meloni pare che corrispondano a due agenti dell’Aisi, gli 007 interni, addetti abitualmente alla scorta della premier. A quel punto parte anche l’inchiesta interna dell’Aisi, i due agenti vengono trasferiti all’Aise, la sicurezza estera. (Luca Fazzo, Il Giornale)
Caso disabili, fastidio nella Lega. Vannacci sfida gli oppositori: liti interne, non mi interessano. Domani l’iniziativa con Salvini. La Russa: dal generale una sciocchezza. (Marco Cremonesi, Corriere della Sera) La risposta di Bebe Vio: «Le classi separate? Le abbiamo tolte per primi. Insieme si cresce di più». E cita Rehm: amputato, è il saltatore migliore al mondo. (Claudio Arrigoni, Corriere della Sera)
«Quella lettera a Casini, poi mi dimisi da segretario dell’Udc. L’ultimo gesto di amicizia». Follini e i giorni del «Porcellum»: era un patto tra lui e Berlusconi. Scrissi che deturpava la nostra storia. Rispose che era indignato con me. Le circostanze per molti anni avevano fatto di noi una coppia. Le ragioni della politica sono più forti delle complicità. (Francesco Verderami, Corriere della Sera)
Più migranti in Toscana che in Sicilia e Calabria. Il paradosso della guerra a Ong e Regioni rosse. Zero sbarchi a Palermo, 1200 a Marina di Carrara: il bilancio di un anno e mezzo di assegnazione di porti lontani alla flotta umanitaria. E il governo non proroga lo stato di emergenza. (Alessandra Ziniti, Repubblica)
Caro Fassino, ma che ci fa lei alle donne? Caro Piero Fassino, le sembrerà strano ma scrivo questa cartolina per esprimerle ammirazione: con tutti i politici che rubano per arricchirsi, lei se non altro è accusato di rubare per amore. Un furto resta un furto, si capisce, e una figuraccia resta una figuraccia: ma un uomo di 75 anni che vola a Bruxelles con un profumo da donna in tasca fa capire che, in qualcosa, i parlamentari italiani brillano in Europa. Peccato non sia l’onestà. Ma per rispettare le leggi del codice basta poco. È a rispettare le leggi dell’amore che bisogna essere dei fuoriclasse come lei. Lei ha assicurato che la donna cui era destinato il furtivo dono è sua moglie, la gelosissima Anna Serafini, ex parlamentare. E noi non abbiamo motivo di dubitare anche se sappiamo che lei, ex ministro, ex sindaco, più longevo segretario post comunista (sei anni in carica), ebbene: lei non sempre è sincero. Nel 2014 per esempio quando da sindaco di Torino (juventino) andò allo stadio Filadelfia, cuore della storia granata, la accusarono di aver mostrato il dito medio ai tifosi. «Non è vero», giurò lei. Poi uscì il video che la sbugiardò. Un po’ come adesso all’aeroporto: «Ho messo il profumo in tasca perché avevo il telefonino in mano», ha giurato. Chi ha visto le immagini dice che il telefono in mano non ce l’aveva. (Mario Giordano, La Verità)
Superbonus per le nuove assunzioni. Arrivano sgravi fiscali fino al 130%. Il decreto «primo maggio» domani in Consiglio dei ministri. Benefici per 380 mila imprese. Pronto al via libera il decreto Coesione che rivede le regole di spesa dei fondi Ue. (Andrea Ducci, Corriere della Sera)
Lavoro, solo misure riciclate nel “pacchetto” Primo Maggio. Nessun effetto sorpresa come nel 2023. Dalla decontribuzione ai fondi europei provvedimenti già in cantiere o in forte ritardo. Ancora senza coperture il bonus tredicesima. (Giuseppe Colombo e Valentina Conte, Repubblica)
Radar puntati sulla Fed, ma ormai i mercati si aspettano un taglio solo dopo le elezioni Usa. Dal governo arriva un nuovo decreto “primo maggio”. Riunione della Banca centrale americana, si allarga la forbice tra i rendimenti americani ed europei. L’esecutivo Meloni incontra i sindacati, rebus bonus tredicesime mentre si prepara la deduzione al 120-130% per le assunzioni. In arrivo il giudizio di Fitch. (Repubblica)
Ita-Lufthansa, il pressing di Giorgetti: “La Ue decida ora, aspettare le elezioni mette i conti a rischio”. Il ministro dell’Economia, che vende il 41% della compagnia italiana, incontra la commissaria Vestager (Concorrenza) che deve autorizzare la fusione con i tedeschi. Manca l’accordo su molte rotte che vedrebbero il nostro vettore e quello germanico in posizione dominante: pronte nuove concessioni. (Giuseppe Colombo e Aldo Fontanarosa, Repubblica)
Addio a Gianpietro Benedetti, l’imprenditore dell’acciaio del Nord Est. Morto all’età di 81 il presidente del Gruppo Danieli di Buttrio (Udine). (Repubblica)
Gli altri temi del giorno
Due ultimatum a Netanyahu. E il premier ora teme il mandato d’arresto dall’Aia. «Minacce» da Gantz e da destra. Hamas: primo ok alla proposta di tregua. (Davide Frattini, Corriere della Sera)
Netanyahu, la Corte dell’Aja pensa al mandato d’arresto. Dall’estrema destra della coalizione, il ministro sionista religioso Bezalel Smotrich ha minacciato di far cadere il governo Netanyahu se il premier israeliano annullasse l’operazione militare su Rafah. Gli ha risposto, dal gabinetto di guerra, l’altro Benjamin – Gantz, il leader più popolare tra gli oppositori del primo ministro – che con Netanyahu condivide il nome. «Il governo – ha replicato a Smotrich – non avrebbe diritto di esistere se i suoi membri impedissero un’intesa sugli ostaggi». Perché – ha aggiunto – se «entrare a Rafah è importante nella nostra lunga campagna contro Hamas», molto di più lo è il «ritorno dei rapiti il 7 ottobre». In mezzo ci sono le famiglie degli israeliani ancora sotto sequestro delle fazioni palestinesi nella Striscia, da 206 giorni. Altri attori internazionali agitano il bastone contro Netanyahu. Sono più che indiscrezioni, quelle che circolano da giorni, sulla possibilità che Karim Khan, il pubblico ministero della Corte penale internazionale dell’Aja, stia per emettere mandati di arresto contro funzionari israeliani – incluso lo stesso primo ministro – con l’accusa, secondo una fonte governativa citata dai media, di aver «deliberatamente fatto morire di fame» la popolazione civile di Gaza. (Fabiana Magrì, La Stampa)
Israele e Stati Uniti starebbero attuando un pressing diplomatico molto insistente per convincere la Corte Penale Internazionale (in sigla Cpi) a evitare un gesto che rappresenterebbe un colpo davvero pesante per l’immagine dello Stato ebraico: l’emissione di un mandato di arresto per crimini di guerra commessi a Gaza non solo contro il premier Benjamin Netanyahu, ma anche il suo ministro della Difesa Yoav Gallant e il capo di Stato maggiore dell’esercito Herzi Halevi. Secondo fonti mediatiche israeliane (il sito di notizie Walla, ma anche il commentatore del giornale della sinistra Haaretz Amos Harel e altri giornali) Netanyahu è impegnato «in un pressing telefonico senza sosta» perché teme che Karim Khan, procuratore della Cpi, potrebbe emettere i mandati entro la settimana. Va ricordato che né Israele né gli Stati Uniti sono tra i 124 Paesi firmatari dello statuto della Cpi; ciò significa che non sono vincolati al rispetto di un mandato d’arresto nei confronti di propri cittadini o rappresentanti istituzionali, ma rimane il fatto che se i destinatari di un tale mandato viaggiassero in uno di quei 124 Paesi, potrebbero essere arrestati dalle autorità locali. Si tratta di una situazione simile a quella in cui si trova attualmente il presidente russo Vladimir Putin, incriminato dalla Cpi per la questione del sequestro di migliaia di minori ucraini e del loro illegale trasferimento in Russia. (Roberto Fabbri, Il Giornale)
Le navi, la piattaforma, i soldati britannici. Ecco la «rotta» degli aiuti verso la Striscia. Gli israeliani stanno usando le macerie per costruire un molo di attracco sulla costa. Gli Usa guideranno le operazioni, ma nessun soldato statunitense metterà piede a Gaza. (Davide Frattini, Corriere della Sera)
Colonialismo. Breve storia: come la Palestina divenne dipendente da Israele. Nel suo magistrale libro J’accuse (Fuoriscena), in cui mette in luce la violenza strutturale della colonizzazione e la violazione di diritti umani perpetrata da Israele, la special rapporteur delle Nazioni Unite Francesca Albanese riproduce la giornata tipo di un lavoratore palestinese: “Alle 7.30 ti svegli, vuoi fare una doccia ma l’acqua la devi comprare da Mekorot, l’azienda idrica di Israele, che ha preso il controllo dell’80% delle risorse idriche della West Bank. Alle 8.30 sali in auto per andare al lavoro, in un percorso simbolico, come può essere quello da Betlemme a Ramallah. In Cisgiordania, l’esercito israeliano ha una rete di 97 check-point fissi e centinaia di posti di blocco ‘volanti’, che compaiono e scompaiono senza preavviso. Lunghe code, controllo documenti, spesso chiusure – collettive o verso singole persone – senza spiegazioni. Ogni lavoratore palestinese deve muoversi da casa con largo anticipo. In pausa pranzo, per comprare un panino o fare la spesa, si usa solo lo shekel israeliano, non avendo mai avuto una moneta palestinese. Magari devi fare benzina, solo da gestori israeliani, che hanno il totale controllo delle risorse energetiche. Se lavori con l’estero, qualsiasi viaggio tu voglia fare, per qualsiasi motivo, dipende dall’autorizzazione che ti sarà eventualmente concessa da Israele, che controlla tutti i punti di accesso e di uscita dalla Palestina”. Questa immagine è emblematica di una ultra-decennale storia di oppressione economico-politica, che gli economisti critici chiamano “teoria della dipendenza”. L’occupazione militare ha confiscato nel tempo vaste aree di terre pubbliche e private palestinesi per la costruzione di insediamenti e riserve naturali. Alla metà degli anni 80, il 39% della Cisgiordania e circa il 31% della Striscia di Gaza erano state mappate come terre statali israeliane: secondo il gruppo per i diritti israeliano B’Tselem, durante i primi 36 anni di occupazione Israele sequestrò quasi 200mila ettari di terre palestinesi affittandole a enti, associazioni e privati per la costruzione di insediamenti. (Clara Mattei, Il Fatto Quotidiano)
Così Putin vuole fare sua Chasiv Yar. Kiev: «La situazione è peggiorata». La città sul fronte est è strategica. Il capo dell’esercito Syrsky ammette i successi russi. L’80 per cento degli edifici ora è distrutto. Dei 12.000 abitanti ne sono rimasti 700. (Marta Serafini, Corriere della Sera)
Dissenso o violenza la vera partita politica dietro la battaglia della Columbia. I repubblicani vogliono dipingere le università americane come focolai di estremismo La dirigente si è piegata per non perdere il posto. Ci sono stati incidenti limitati tra manifestanti pro-Palestina e pro-Israele ma i conflitti sono stati amplificati e distorti da forze esterne. (Alexander Stille, Repubblica)
Presidenziali Usa, il peso delle etnie. Il 35% degli elettori sono ispanici, afroamericani e asiatici. Come incide l’appoggio a Israele e Ucraina e cosa sposta i voti per i redditi bassi: lavoro, prezzi, casa. per le donne: l’aborto. Nessun Paese al mondo come gli Stati Uniti è formato da così tante etnie e comunità religiose. Governare cercando di non urtare la sensibilità di questo o quell’altro gruppo non è facile, ma nel pieno di una competizione elettorale diventa un esercizio di equilibrismo indispensabile. E anche le presidenziali del 5 novembre saranno combattute fino all’ultimo voto. I sondaggi mostrano come potrebbe risultare decisivo l’orientamento delle minoranze etniche e, più in generale, quello delle donne. Donald Trump sta recuperando consenso tra afroamericani, ispanici e asiatici, ma è in difficoltà con il voto femminile. (Milena Gabanelli e Giuseppe Sarcina, Corriere della Sera)
Alla cena di Biden tra ira e risate: «Il mio avversario? Un bimbo». Proteste su Gaza fuori dalla sala. Il comico Jost: «Anche Carter può giocarsela». (Viviana Mazza, Corriere della Sera)
«Non ti arrendere». I cortei in Spagna per la «sfinge» Sánchez. Le accuse alla moglie, poi la lettera ai cittadini. Ora il leader resta in silenzio. La destra: «Si dimetta». Sabato e ieri cortei a Madrid e Valencia. L’omaggio del regista Pedro Almodóvar. (Sara Gandolfi, Corriere della Sera)
Il Papa tra le detenute a Venezia «Città bella e fragile, come noi». È il primo Pontefice a visitare la Biennale. Ai ragazzi: basta divano, siate rivoluzionari. «Immaginate un luogo in cui nessuno sia considerato un estraneo, vi imploro». (Gian Guido Vecchi, Corriere della Sera)
Male dentro. La scuola come epicentro dell’inquietudine tra crisi di panico e ansia da competizione Le voci degli studenti: “Chiediamo aiuto” L’appello ai docenti: “Non dateci solo voti, guardate il dolore che c’è dietro ai numeri”. Nelle aule l’angoscia degli adolescenti è sempre più esplosiva “Spesso vediamo arrivare le ambulanze In infermeria incontro ragazze che come me hanno attacchi di pianto Ma per un colloquio con lo psicologo ci vogliono due mesi”. (Maria Novella De Luca, Repubblica)
Il Corriere intervista il giornalista Rai, Franco Di Mare: «Ho un tumore inguaribile legato all’amianto, mi resta poco da vivere. La cosa più dolorosa? Dirlo a chi ami».
L’attrice e fotomodella, Dalila Di Lazzaro, racconta la sua vita sullo stesso quotidiano: «De Niro ci provò con me, io fuggii. Con un portasigarette di Agnelli ci pagai l’anticipo di una casa».
Gli Anniversari
1429, Giovanna d’Arco entra nella città di Orleans
1661, la Cina occupa Taiwan
1672, la Francia invade i Paesi Bassi
1848, Vincenzo Gioberti fa ritorno dall’esilio
1933, primo volo del Caccia Fiat CR32
1943, Varsavia: rivolta degli ebrei del ghetto
1945, l’armata tedesca si arrende agli anglo americani
1945, in piazzale Loreto i corpi di Mussolini e Petacci
1945, Hitler sposa Eva Braun
1946, Giappone: il premier accusato di crimini di guerra
1955, Giovanni Gronchi eletto Capo dello Stato
1961, Pavarotti debutta con la Bohème
1974, Nixon diffonde i nastri del Watergate
1979, assalto al carcere di Avellino: due agenti feriti
1980, muore a Los Angeles Alfred Hitchcock
1981, scoperto lo squartatore dello Yorkshire
1985, Arbore porta in tv Quelli della notte
1988, Gorbaciov promette la Glasnost
1990, il Napoli vince il secondo scudetto
1991, ciclone sul Bangladesh: 138mila morti
1993, Craxi: negata l’autorizzazione a procedere
2001, diffusa la scoperta del suono del Big Bang
2003, posata la prima pietra del Mose
2011, William d’Inghilterra sposa Kate Middleton
Nati oggi
1519, Tintoretto
1818, Alessandro II di Russia
1899, Duke Ellington
1901, Hirohito
1906, Enrico Mattei
1936, Jacob Rothschild
1936, Zubin Mehta
1941, Nicola Cacucci e Giuseppe Turani
1957, Alberto Alesina
1958, Michelle Ppeiffer
1963, Luca Laurenti
1970, Andre Agassi e Uma Thurman
Si festeggia Santa Caterina da Siena
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