La nota del 7 luglio

“Folle è continuare a fare le stesse cose aspettandosi un risultato diverso” (Albert Einstein)

Il Corriere applica anche alle elezioni francesi la parola chiave che usa per i momenti clou della politica italiana: “al voto tra le tensioni”. Repubblica pure, immaginando che i francesi siano impauriti da Le Pen dopo averle dato la maggioranza al primo turno: “paura nelle urne”. Comunque, a parte i quotidiani di destra e il Fatto, le elezioni francesi sono l’apertura di tutti i giornali: ballottaggi in 501 collegi, Macron e Melanchon cercano di contenere Le Pen, che molla Zelensky: niente truppe francesi a Kjiv e niente armi che possano colpire in territorio russo.

Il focus più importante è sulle ripercussioni a Bruxelles del voto francese più che sulla formula di governo che Parigi sarà costretto ad adottare a seconda dei risultati (coabitazione con l’Eliseo, governo di larghe intese o esecutivo tecnico all’italiana): i timori principale sono due, la maggioranza Von der Leyen più in difficoltà da una parte e lo sbilanciamento dell’Europa verso Putin dall’altra.

Non è chiarissimo se questa situazione può favorire l’Italia: nonostante tutti i sommovimenti il gruppo dei Conservatori capeggiato da Meloni conserva due deputati in più rispetto ai Patrioti di Orban cui si è aggregato Salvini, e a Von der Leyen converrebbe dare un dicastero importante a Fitto per bilanciare Le Pen. La premier e la presidente designata della Commissione si incontrano domani a New York all’assemblea Onu. Naturalmente, Repubblica ritiene che la premier sia più debole in questa fase negoziale, ma sottolinea che punta all’Economia.

Marco Buti e Marcello Messori chiedono sulla prima pagina del Sole più risorse per finanziare la “tripla transizione”, ma dimenticano di dire che sarebbe molto più economico abbandonare la politica anti industriale perseguita dalla precedente Commissione.

Alessandra Ghisleri su La Stampa fa sapere che le priorità dei francesi e degli italiani sono tutela del potere d’acquisto, sanità e lavoro. Starmer, nuovo premier inglese, mette la sanità al primo posto del suo programma (ma a Londra stanno peggio di noi sulla tutela della salute).

Biden dice che solo Dio può imporgli di ritirarsi, l’ex candidato democratico alla Casa Bianca Gary Hart dice che negli ultimi due mesi è peggiorato nella salute e nelle idee, Vittorio Feltri (81enne come il presidente Usa) difende il diritto dei vecchi ad andare avanti.

Il cardiochirurgo Pereshkin è il nuovo premier iraniano, ufficialmente è un “moderato” ma comanda sempre Khamenei.

Il Corriere elogia il metodo Giorgetti, cioè trovare un privato per risolvere problemi annosi come Ita. L’altro esempio è quella della rete Tim comprata insieme a Kkr, il prossimo dovrebbe essere la privatizzazione di pezzi importanti delle Ferrovie.

Il Sole apre su di una indagine Ipsos la quale sottolinea che il 35 per cento dei giovani italiani vuole espatriare a causa dei bassi salari del nostro paese.

Il Sole dà spazio in prima pagina anche a Bernardo Mattarella, che racconta la sua Invitalia: sta mettendo a terra 50 miliardi del Pnrr.

Il Fatto scrive che Fitto per restituire le risorse tolte agli enti locali deve togliere a Salvini i fondi del Piano complementare nazionale che affianca il Pnrr, scontro dall’esito incerto.

Nel 2025 il Superbonus arriverà al massimo all’85 per cento.

Maurizio Leo assicura che il governo è impegnato a preservare i crediti d’imposta 4.0 e 5.0.

La Stampa attacca l’Alta velocità: troppi ritardi e treni che viaggiano sugli stessi binari dei treni regionali.

Giuseppe Vegas, ex presidente Consob ed editorialista del Messaggero, sostiene a ragione che aiutare le imprese significa aiutare l’ambiente e cita a sostegno l’intervento di Emanuele Orsini all’assemblea di Farmindustria.

Il Fatto sottolinea che Franceschini e Speranza organizzano la nuova corrente dei “cacicchi” nel Pd, parlano anche con De Luca.

Libero è sempre occupato a occuparsi di Ilaria Salis.

Salvini vuole intitolare l’aeroporto di Malpensa a Silvio Berlusconi. La sinistra e Travaglio (che ribattezza Malpensa “aeroporco”) insorgono.

Manifestazione Cgil a Latina contro il caporalato. Il Giornale cerca di replicare e fa sapere che il governo sta mobilitando 1200 ispettori.

Il leghista Borghi provoca, e vuole abolire il vaccino obbligatorio per rosolia e morbillo.

Bisignani scrive sul Tempo che Meloni vuole candidare Nordio alla Consulta. E c’è anche Violante.

Ferrari settima e undicesima (Leclerc) nella griglia di partenza del Gp di Silverstone. Inghilterra, Spagna, Francia e Olanda sono le semifinaliste degli Europei di calcio.

Ed ecco alcuni dettagli/approfondimenti. Il giorno dei ballottaggi chiude una contesa elettorale segnata da massima tensione politica e decine di episodi di violenza. I negozi di Parigi proteggono le vetrine, agenti nelle strade. Oggi la Francia decide Le Pen: no truppe a Kiev «Mai le nostre armi

per colpire in Russia» LEliseo: Esteri e Difesa al presidente. (Stefano Montefiori, Corriere della Sera)

Dopo le oltre cinquanta aggressioni di candidati e militanti registrate dal ministero dellInterno in pochi giorni, si temono disordini nelle strade stasera. Sono stati schierati 30 mila poliziotti, di cui 5 mila a Parigi. La manifestazione del collettivo Action antifasciste Paris banlieue” sotto

allAssemblea alle 20 è stata vietata. Con 76 deputati eletti al primo turno del 30 giugno su 577 che ne conta lAssemblea, il secondo turno si svolge in 501 circoscrizioni. I seggi aprono alle 8 e chiudono alle 18, alle 20 nelle grandi città. Per tentare di evitare che il Rn, arrivato in testa al primo turno insieme agli alleati Les Républicains (Lr) di Éric Ciotti (33,15%), ottenga la maggioranza assoluta (almeno 289 seggi), più di 200 candidati del Nuovo Fronte Popolare di sinistra (27,99% al primo turno) e del movimento di Macron, Ensemble (20,04%), hanno scelto di fare desistenza e invitato i loro elettori a sostenere questo Fronte Repubblicano. Stando allultimo sondaggio Ipsos, il Rn con LR di Ciotti raccoglierebbe tra 175 e 181 seggi, lontano quindi dalla maggioranza assoluta. (Il Fatto Quotidiano)

La Francia blindata va alle urne con lo spettro della violenza. Trentamila agenti per prevenire eventuali scontri dopo gli exit poll delle 20. Lestrema destra data ancora in calo. Le Pen chiude agli aiuti a Kiev. (Anais Ginori, Repubblica)

Delusione e rabbia nella Grande Moschea. “La destra ha già vinto”. I musulmani di Parigi si sentono traditi da Macron e ora sono in bilico tra non voto e sinistra di Mélenchon. (Daniele Castellani Perelli, Repubblica)

Duelli, triangolari, anche sfide a 4: ecco gli esiti possibili dei 501 ballottaggi. Il piano di Macron. Lo scenario di un Parlamento senza maggioranza. L’affluenza, già elevata in occasione del primo turno, potrebbe crescere ancora. (Stefano Montefiori, Corriere della Sera)

Stefano Montefiori sul Corriere: Elezioni in Francia, una democrazia ammalata. Tutti contro la destra, un fronte confuso per “salvare” il sistema. Ma che penseranno i 10 milioni di elettori del Rn? C’è qualcosa di stonato nella grande mobilitazione francese contro la possibile, e secondo i sondaggi non più probabile, vittoria elettorale del Rassemblement national. Oggi il voto decisivo.

Walter Veltroni sul Corriere: Due voti e una lezione riformista per la sinistra. Starmer ha mostrato il volto di una sinistra riformista, non demagogica, poco incline al populismo e alla retorica. Per questo ha vinto. Raphaël Glucksmann, il più saggio dei politici francesi, non considera strategico il tentativo in atto con Mélenchon e Macron per fermare la destra.

Le Pen scarica Zelensky. Le Pen in un’intervista a Christiane Anampour di Cnn ha rimesso in chiaro una questione sensibile come l’atteggiamento da tenere nei confronti della guerra in Ucraina. Con Jordan Bardella premier, ha spiegato, sarà no all’invio di soldati francesi a Kiev e no all’uso di armi a lungo raggio fornite da Parigi per colpire in territorio russo. «Se Emmanuel Macron vuole inviare truppe in Ucraina e il primo ministro è contrario, allora non verranno inviate truppe in Ucraina – avvisa il presidente – l’ultima parola spetta al primo ministro». Una presa di posizione che potrebbe mandare in rotta di collisione molto presto il capo dell’esecutivo e l’Eliseo, considerato che Macron è stato il leader europeo che negli ultimi mesi più si è esposto su entrambi i fronti, anche a costo di prese di distanza degli altri, ad esempio dell’Italia. (Francesca Scianchi, La Stampa)

Le Pen: “ Con noi si cambierà politica sulle armi a Kiev”. A poche ore dall’apertura delle urne, prima del “silenzio elettorale” scattato venerdì a mezzanotte, Marine Le Pen ha chiarito in un’intervista a Cnn la sua posizione: farà in modo di ostacolare l’invio di militari in Ucraina e di impedire a Kiev di usare le armi a lungo raggio fornite da Parigi per colpire bersagli militari in Russia. “Se Macron vuole inviare truppe in Ucraina e il primo ministro è contrario, allora non verranno inviate truppe in Ucraina – ha detto –. L’ultima parola spetta al primo ministro”. Mesi fa Macron ha sollevato l’ipotesi, più volte ribadita, di costituire una “coalizione” europea di istruttori per formare i militari ucraini sul posto. Un’ipotesi che non aveva sollevato entusiasmo né in Francia né tra gli alleati. A Cnn Le Pen ha anche garantito: “Con Bardella primo ministro revocheremo l’uso delle armi in Russia”. Anche in questo caso tornerebbe cioè sulla decisione di Macron, che ha autorizzato Kiev a colpire in Russia con i missili francesi Scalp. (Luana De Micco, Il Fatto Quotidiano)

Rayner e Reeves, due donne forti nei ruoli chiave del governo. La vicepremier che parla alla sinistra e la prima Cancelliera dello Scacchiere. (Corriere della Sera)

Meloni «archivia» l’addio di Vox. La scommessa: ora più forti nella Ue. Abascal l’aveva avvertita. I suoi: era un peso. E vedono il dialogo con von der Leyen in discesa. A Palazzo Chigi sono sicuri che si arriverà a una vicepresidenza operativa in Europa. (Marco Galluzzo, Corriere della Sera)

Orbán ospite scomodo. Dopo la visita a Putin attacca ancora la Nato: «Vogliono la guerra». Fatto sta che dopo essere tornato da Kiev e Mosca di fatto con nulla in mano, delegittimato da tutti, con Europa e Nato che hanno chiaramente specificato che i suoi tour non erano in rappresentanza di nessuna istituzione, ha deciso di rincarare la dose: «I preparativi della Nato per un’operazione in Ucraina contraddicono la natura difensiva dell’organizzazione e la minacciano di suicidio», ha detto ieri Orbán. «La Nato si sta avvicinando a un punto di svolta. Va ricordato che l’alleanza militare di maggior successo nella storia del mondo è iniziata come un progetto di pace, e il suo successo futuro dipende dalla sua capacità di mantenere la pace. Ma oggi l’ordine del giorno non è la pace, ma guerra, anziché difesa, offensiva. Tutto ciò contraddice i valori fondamentali della Nato». (Matteo Basile, Il Giornale)

Meloni in Europa punta al commissario all’Economia anche se ora è più debole nel negoziato. La frattura nella destra sovranista e un possibile dato sotto le attese di Le Pen in Francia: la premier nella morsa cerca di trattare. E si impone prudenza su Trump. (Tommaso Ciriaco, Repubblica)

Luciano Canfora: “Con Meloni tornano gesti neonazisti ma io vengo accusato di un reato d’opinione”. Il filologo e grecista querelato dalla premier: “Stupito, non l’ho insultata, ho solo usato quel termine come categoria politica. Il suo avvocato mi ha definito stalinista”. (Concetto Vecchio, Repubblica)

Il «tradimento» del patriota Santiago che dimentica il sostegno e «Yo soy Giorgia». E lo spagnolo diceva di lei: è il politico europeo più importante. Da Vox Meloni aveva pronunciato il discorso «della vita», diventato un tormentone. (Roberto Gressi, Corriere della Sera)

«Via l’obbligo sui vaccini». Polemica sull’idea della Lega. I no dentro la maggioranza. La norma in vigore. Lupi: «Sciocchezza». E FI: noi pro vax. Il Pd all’attacco: grave e pericoloso. Borghi: io non sono no vax, sono contrario agli obblighi, creano solo rabbia e violenza. Lorenzin: proposte simili non hanno nulla di scientifico, minano la fiducia cittadini-medici. (Adriana Logroscino, Corriere della Sera)

Con un emendamento al decreto Liste d’attesa (primo firmatario Claudio Borghi) il partito di Matteo Salvini chiede di cancellare l’obbligo vaccinale contro morbillo, rosolia, parotite e varicella che diventerebbero solo «raccomandati». Inoltre i bambini non vaccinati potranno comunque essere iscritti alle scuole per l’infanzia (comprese quelle private non paritarie). È «un’iniziativa a titolo personale», dice Borghi ma che Salvini per primo aveva proposto e promesso nel 2018. La maggioranza comunque è spaccata anche in questo caso. Fratelli d’Italia sceglie in silenzio. A prendere le distanze sono invece Fi («noi ascoltiamo sempre la scienza») e i centristi di Maurizio Lupi che definisce «una sciocchezza» la cancellazione dell’obbligo vaccinale. Per l’opposizione si tratta di una proposta «farneticante», dell’ennesima provocazione dei leghisti che vogliono «lisciare il pelo ai no vax» per qualche voto in più. In realtà – visto che non ci sono elezioni alle porte – l’obiettivo sembra soprattutto quello di mettere ulteriormente in difficoltà Giorgia Meloni. (Barbara Fiammeri, Il Sole 24 Ore)

Referendum, incognita quorum. Calenda: mancano 13 milioni di voti. I conti sulle Europee. Ma per Schlein il no all’Autonomia aiuta a costruire l’alternativa. (Maria Teresa Meli, Corriere della Sera)

Sull’Autonomia è ansia da quorum Il fronte del No scommette sul Sud. L’allarme di Calenda: “Astensione alta, il referendum non avrà i numeri” Emiliano: “Il Meridione voterà in massa, rischia una fuga di medici e prof”. (Giovanni Vitale)

Intervista al vicepresidente della CEI per il nord. Castellucci “La Chiesa è neutrale ma critica le riforme del governo Attenti a sfilacciare la democrazia”. Il premierato? Evitiamo l’uomo forte al potere. I dubbi sull’Autonomia non vengono solo dal Sud. La crisi economica e migratoria alimenta paure che sono cavalcate ad arte: c’è una deriva sovranista. Erio Castellucci è uno dei tre vicepresidenti della Conferenza episcopale Ha la delega per il Nord. (Iacopo Scaramuzzi, Repubblica)

«D’Alema voleva farci sparire e Amato ci chiese di entrare nei Ds. Ma noi gli dicemmo di no». Boselli: Giuliano ce lo suggerì da premier, nel 2000 Domandammo di lui e rispose: non ci penso proprio. Aveva eseguito la pratica per il segretario. Berlusconi ci offrì di andare con lui, fu gentile ma volevamo restare a sinistra. A quelle elezioni prendemmo soltanto l’1% e io mi dimisi. Veltroni ci voleva nel suo Pd, rifiutammo per essere autonomi ma collegati ai dem. Poi Franceschini ci disse che dovevamo andare da soli. (Francesco Verderami, Corriere della Sera)

Gli altri temi del giorno

L’intervista a Gary Hart «In 60 giorni Joe è peggiorato. Trovare un sostituto? Difficile». L’ex senatore che lasciò la corsa alla Casa Bianca: ma dai media troppi attacchi. Qualunque cosa succeda nel 2024 i democratici dovranno portare avanti una nuova generazione. Kamala Harris parte in vantaggio, essere governatore non ti dà l’esperienza necessaria. (Viviana Mazza, Corriere della Sera)

Biden non pensa al ritiro: «Solo se me lo chiede l’Onnipotente». «Mi ritirerei solo se me lo chiedesse il Signore Onnipotente». Per respingere il pressing di chi continua a chiedergli di farsi da parte, Joe Biden scomoda addirittura il Padre Eterno. Nei 22 minuti dell’intervista con George Stephanopoulos per Abc, il presidente americano liquida il disastro di Atlanta come una «brutta serata», assicurando di essere in «buona forma». E quando il giornalista gli chiede se si ritirerebbe dalla corsa alla Casa Bianca in caso si accorgesse di non poter battere Donald Trump, lui risponde: «Se il Signore Onnipotente scendesse e dicesse Joe, esci dalla corsa, potrei farlo». (Valeria Robecco, Il Giornale)

Iran, la vittoria del cardiochirurgo. Il presidente fa sperare i riformisti. Pezeshkian supera l’ultra conservatore Jalili e saluta su X. Ancora altissima l’astensione. (Corriere della Sera)

La vittoria di questo ex cardiochirurgo dai modi pacati segna il ritorno di un candidato riformista alla più importante carica elettiva del Paese per la prima volta dal 2005, quando terminò il secondo mandato di Mohammad Khatami e al suo posto venne eletto in una controversa elezione il populista ultraradicale Mahmud Ahmadinejad.

«Tenderemo la mano dell’amicizia a tutti. Il cammino che ci attende è difficile e non può essere percorso senza la vostra fiducia, cooperazione ed empatia», ha detto Pezeshkian, 69 anni, dopo il trionfo. Un deciso stacco con l’oltranzismo e l’intransigenza di Ebrahim Raisi, il presidente ultra conservatore morto in un incidente con l’elicottero lo scorso 19 maggio. «In queste elezioni non vi ho fatto false promesse. Non ho mentito. Sono passati molti anni dalla rivoluzione, abbiamo fatto promesse e non le abbiamo mantenute. Questo è il problema più grande che abbiamo», ha proseguito il nuovo presidente. (Il Sole 24 Ore)

Noora Fagerström, la parlamentare finlandese (fondatrice di Juice Jungle) si fa fotografare nuda: «Mi piace il mio corpo». (Irene Soave, Corriere della Sera)

Paola, Camara, Satnam nomi di una Spoon River che non avrà giustizia. I loro sfruttatori non sono stati individuati o sono stati assolti per mancanza di prove. (Giuliano Foschino, Repubblica)

Allarme giovani, il 35% degli under 30 è pronto a lasciare l’Italia per avere salari più alti. Ad accendere una nuova spia rossa sull’emergenza giovani è un’indagine condotta su un campione di 1.200 under30 realizzata da Ipsos per la Fondazione Raffaele Barletta, che sarà presentata in Campidoglio, a Roma, mercoledì 10 luglio. Una ricerca che si inserisce in un solco di studi piuttosto eloquenti sul tema, condotti da Istat, Almalaurea, Svimez, Bankitalia, solo per citarne alcuni. Tutti focus che lanciano lo stesso allarme sulla perdita di capitale umano. Tra il 2008 e il 2022, ha ricordato il governatore di palazzo Koch, Fabio Panetta, lo scorso maggio, sono andati all’estero per migliori prospettive di lavoro qualcosa come 525mila giovani. Di questi solo un terzo è tornato in Italia. Hanno lasciato il Paese soprattutto i laureati. Il 4% degli occupati a un anno dal titolo e il 5,5% di quelli a cinque anni, ha aggiunto l’ultima indagine di Almalaurea, lavora all’estero. E fa tremare i polsi come, di tutti questi, il 70% o giù di lì esclude più o meno drasticamente il ritorno in Italia. Basta guardare le paghe per capirlo. I laureati di secondo livello giunti oltre confine percepiscono, a un anno dal titolo, 2.174 euro mensili netti, +56,1% rispetto ai 1.393 euro di chi è rimasto. Dopo cinque anni la differenza sale a +58,7%, considerando che all’estero si arriva a percepire in media 2.710 euro, rispetto ai 1.708 degli occupati in Italia. E se, come ci ha ricordato l’Istat, da qui al 2040 le persone in età lavorativa diminuiranno di 5,4 milioni di unità, malgrado un afflusso netto dall’estero di 170mila persona l’anno (questa contrazione si tradurrebbe in un calo del Pil del 13 per cento), è facile comprendere le dimensioni che ha ormai raggiunto il problema. (Cristina Casadei e Claudio Tucci, Il Sole 24 Ore)

Non bastava il biglietto da visita che l’Italia esibisce ai turisti stranieri (noi ormai ci abbiamo fatto il callo) nelle stazioni ferroviarie ridotte a porcilaie da favelas e ammassi di carne umana in file disumane sotto la canicola o i nubifragi a caccia di un taxi che non c’è. Infatti il cosiddetto ministro dei Trasporti Salvini ha annunciato “con orgoglio e commozione” nella location più consona, la masseria di Vespa, l’ultima ideona per migliorare la nostra immagine nel mondo: l’aeroporto di Malpensa, cioè lo sterminato e inutile obitorio in marmo verde eretto in quel di Lonate Pozzolo al tramonto della Prima Repubblica a maggior gloria di Tangentopoli e Sprecopoli, sarà intitolato a Silvio Berlusconi. Cioè al primo e finora unico premier del mondo libero espulso dal Parlamento per una condanna definitiva per frode fiscale, oltre a nove prescrizioni e a una sentenza che immortala i suoi finanziamenti a Cosa Nostra fino al 1992, l’anno delle stragi. Ora Dagospia parla addirittura di “aeroporco”. (Marco Travaglio, Il Fatto Quotidiano)

Rilancio di aziende strategiche, dopo aerei e telecomunicazioni le Ferrovie nel dossier di Giorgetti. La «ricetta» del ministro tra investimenti e riorganizzazione. La nuova ricetta al Tesoro prevede una partnership Stato-privato. Dal «metodo Corneliani» del Mise alle operazioni per frenare gli sprechi di denaro pubblico. (Leonard Berberi, Corriere della Sera).

Urso “I dazi alla Cina? Siamo per un commercio che sia libero ed equo”. L’intervista al ministro delle Imprese e del made in Italy. Gli incentivi hanno funzionato, ma l’ obiettivo è chiudere il gap di un milione tra veicoli prodotti e immatricolati Ita ai tedeschi e la rete Tim a Kkr erano le uniche soluzioni possibili a problemi storici. (Diego Longhin, Repubblica)

Rame, litio e cobalto: la corsa dei prezzi fa riaprire le miniere. Materie prime rare, il decreto per autorizzazioni più veloci. (Valentina Iorio e Sara Tirrito, Corriere della Sera)

Influencer, affaristi e ragazzini nel tempio del Gin Tonic: «Stasera ho speso 5 mila euro, lo faccio una volta al mese». Il popolo della (nuova) Milano da bere alla Gintoneria. Tavolo fisso per Wanna Marchi: io famosa anche all’estero. (Elvira Serra, Corriere della Sera)

Chico Forti, verifiche sulla frase. «Non ha usato quelle parole». Verona, il testimone della conversazione con il recluso vicino ai clan di ’ndrangheta. (Laura Tedesco, Corriere della Sera)

Il Corriere intervista Norma Gimondi: «Il Giro di Lombardia ha ispirato la carriera di mio padre. Bello che la Gran Fondo sia intitolata a lui». Lo stesso quotidiano intervista Red Ronny: «I miei anni 80 con Vasco. A Cuba insieme a Jovanotti ho rischiato la vita in canoa».

Addio a Pino D’Angiò. Avrebbe compiuto tra un mese 72 anni. Un’icona pop negli anni Ottanta.

Gli Anniversari

1456, eresia: assolta Giovanna d’Arco (giustiziata nel 1431)
1647, scoppia a Napoli la rivolta di Masaniello
1868, l’Italia vota a favore della tassa sul macinato
1881, nasce a puntate la storia di Pinocchio
1898, gli Usa annettono le Hawaii
1915, fine della prima battaglia dell’Isonzo
1946, madre Cabrini prima americana canonizzata
1960, scontri a Reggio Emilia: 5 morti
1966, Montecatini e Edison danno vita a Montedison
1977, gambizzato il cronista giudiziario Garzotto
1978, le Br feriscono Fausto Gasparino (Intersind)
1979, assassinio di Moro: scarcerato il giornalista Nicotri
1980, istituzione della Sharia in Iran
1985, Becker più giovane vincitore di Wimbledon
1994, terroristi islamici uccidono 7 marinai italiani
2001, muore in Branza l’inventore di Calimero
2005, attentati di Al Qaida a Londra: 52 morti
2007, Benedetto XVI reintroduce la messa in latino
2007, Live Earth: catena di concerti per il clima globale
2009, funerali a Los Angeles di Michael Jackson
2017, Trump e Putin ad Amburgo per la Siria
2017, black block al G20 di Amburgo: feriti e fermati

Nati oggi

1827, Quintino Sella
1860, Gustav Mahler
1887, Marc Chagall
1901, Vittorio De Sica
1922, Pierre Cardin
1929, Sergio Romano
1936, Claudio Vitalone
1938, Mario Pescante
1940, Ringo Starr
1941, Carlo Salvatori
1943, Michele Mirabella e Toto Cutugno
1948, Roberto D’Agostino
1954, Carlo Buccirosso
1962, Licia Colò
1969, Francesca Puglisi

Si festeggia San Claudio

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