La nota del 7 maggio

“Ognuno vale a seconda delle cose cui dà importanza” (Marco Aurelio)

La tragedia degli infortuni sul lavoro purtroppo non può che unificare le prime pagine dei principali giornali. Purtroppo, e con grandissimo dolore, va anche detto che i cinque morti sul lavoro a Palermo ripropongono un copione spesso già visto: si erano calati nelle fogne senza mascherine, che in parte avrebbero protetto dalle esalazioni di idrogeno solforato. Tra le vittime c’è anche il titolare della ditta, Epifanio Alsazia, settantunenne che ha condiviso il rischio dei suoi operai, e le storie di vita che i giornali ricostruiscono sono come sempre esemplari e toccanti. Puntualissimo è il commento del presidente della Repubblica (“inaccettabile”), a cui si allineano tutti. Le soluzioni, purtroppo, sono più difficili: Enrico Marro sul Corriere richiama Ciampi che fece l’accordo sul costo del lavoro nel 1993 chiudendo Confindustria e sindacati a palazzo Chigi finchè non venne trovato l’accordo che scongiurò lo sciopero dei camionisti e dunque il rischio di deriva cilena.

Ma qui nessuno può avere la ricetta per scongiurare una tragedia che si ripete spesso anche per errori umani, anche se le statistiche danno cifre in diminuzione. In Sicilia tuttavia un responsabile c’è: nella provincia di Palermo vi sono solo 4 ispettori del lavoro, anche se è tutto da dimostrare che ne fossero stati 20 le vittime di ieri non ci sarebbero state. In ogni caso la situazione dell’isola è questa: solo 68 ispettori quando, secondo la Regione, ne mancano 200 (secondo Repubblica sono 49 e ne mancano 200). Sono comunque cifre che non lasciano dubbi. Molto equilibrato il commento di Massimo Adinolfi in prima pagina sul Messaggero. I titoli ovviamente drammatizzano: “La Strage del lavoro insicuro” (La Stampa), “Uno dopo l’altro” (il Manifesto). Tutti scrivono che non è più tempo di parole.

I giornali vicini alla destra scelgono il fallimento dello sciopero dei giornalisti di sinistra alla Rai, dove ieri solo il Tg3 non è andato in onda mentre i filo governativi Tg1 e Tg2 . Repubblica la vede come una grande sconfitta della democrazia, il Messaggero se ne compiace in prima pagina, dove il Corriere glissa. Travaglio sul Fatto scrive che “dopo il fascismo l’Italia ha conosciuto un solo regime autoritario, quello pluto-mediatico di Berlusconi. Tutto il resto è noia”. Di fatto, difende l’accordo Meloni-Conte sulla Rai contro il Pd.

Hamas consegna un piano, Israele lo considera solo una mossa per impedire l’entrata a Rafah. Putin ordina le esercitazioni nucleari al confine con l’Ucraina, Repubblica e il Corriere la giudicano “un segno di debolezza”.

Nuovo tentativo di femminicidio: l’ex marito sfregia l’ex moglie e uccide il suocero che cercava di difendere la figlia: è accaduto a Varese.

Secondo Repubblica, Lutero, Sandra Milo e il nuovo ponte di Genova sono le trappole per chi vuole entrare a Medicina: per la prima volta il ministero pubblica le domande tra le quali saranno scelte quelle per la selezione del 28 maggio.

Ichino spiega benissimo sul Foglio perchè Pd e Cgil sbagliano sul referendum per abolire il Jobs Act. Anche Reichlin su La Stampa è quasi sulla stessa linea, il Giornale rivaluta Fornero. Franceschini non firma, Bonaccini media. Il Pd è diviso sul tema ed è facile prenderlo in giro come fa il Foglio: “il dramma del Movimento 5Schlein, la linea del Nazareno è diventata la vecchia linea del M5S con una costante, contrastare ciò che aveva sostenuto ed essere favorevole a ciò che aveva contrastato”. Il Giornale intervista Fornero, l’ex ministro di Monti che si è schierata contro il referendum Cgil, anche se (come spiega Ichino) una vittoria di Landini farebbe tornare proprio alle norme della legge Fornero del 2012, la stessa contro la quale la Cgil allora lottava.

Deugeni su Mf fa sapere che Emanuele Orsini chiama l’ad di Tim, Pietro Labriola, e gli affida la delega del digitale e pensa a un team di economisti, tra cui Marco Fortis (che oggi sul Sole documenta che l’Italia ha sorpassato la Francia nel Pil e nell’occupazione), come supporto al Centro Studi.

Secondo Domani il governo taglia 3,5 miliardi per il Sud (ci vuole un punto della situazione dopo il taglio della decontribuzione) Il Kilometro Rosso di Bombassei ha progettato un reattore per produrre idrogeno che sarà pronto sul mercato in 18 mesi. Approvato il decreto che evita il fotovoltaico selvaggio sui terreni agricoli produttivi. L’Ilva dirotta 150 milioni dai progetti green alla gestione operativa: basteranno per qualche settimana.

De Mattia su Mf scrive che le Fondazioni “non meritano la pubblicità negativa del caso Crt, quella che si è offerta induce di Fabrizio Palenzona a dimettersi con solide motivazioni”.

Parte bene la nuova Inps presieduta da Gabriele Fava, il quale progetta anche una app sulla situazione pensionistica di ciascuno, sul modello dell’home banking.

E’ sempre scontro sull’Agenzia per i bilanci delle società di calcio ma Abodi, Malagò e Gravina si incontreranno (Il Fatto difende il ministro).

Secondo il Sole, è in bilico la posizione dell’ad di Cinecittà, Nicola Maccanico.

Ed ecco alcuni dettagli/approfondimenti. Soffocati nella rete fognaria «Erano senza le maschere». Palermo, cinque operai morti per le esalazioni. Un altro in condizioni gravissime. Era un lavoro in subappalto. «L’azienda Quadrifoglio non aveva fatto formazione sulla sicurezza». Dal 29 aprile erano iniziate le ispezioni dopo le segnalazioni di odori nauseabondi. (Lara Sirignano, Corriere della Sera) Così hanno perso i sensi nel tentativo di aiutarsi «Laggiù era pieno di gas». In fondo alla scala la concentrazione era 10 volte oltre il consentito. (Giusi Fasano, Corriere della Sera)

L’emergenza. In Italia oltre 4 milioni di imprese. Verso l’inasprimento delle sanzioni. Aumentano le norme ma i controlli sono pochi Caporalato e subappalti, la lotta resta impari. Il Testo unico varato nel 2008 è avanzato. Ma non del tutto applicato. (Enrico Marro, Corriere della Sera)

Schlein: “Servono nuovi ispettori del lavoro o assisteremo inermi a una strage infinita”. Intervista alla segretaria Pd dopo la tragedia di Casteldaccia: “Intollerabile che in provincia di Palermo a vigilare siano solo in 4 per 1,2 milioni di abitanti. In tutta la Sicilia solo 79 quando ne servirebbero 280”. E sulla sanità rileva: “Liste d’attesa fino al 2026. Chiediamo un investimento pari al 7,5% del Pil”. (Carmelo Lopapa, Repubblica)

Marco Patucchi su Repubblica: Stragi sul lavoro, non è più tempo di parole. Terribile e inaspettata tragedia” ha detto il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, a poche ore dalla strage di Casteldaccia. “Inaspettata”? I numeri di questo crimine di pace, la media italiana di tre caduti al giorno, non ammettono più retorici sgomenti delle istituzioni. Ipocrite indignazioni. Esattamente un anno fa, proprio Schifani scriveva sulle pagine palermitane di Repubblica che avrebbe preso “personalmente in carico il problema, causato dalla carenza di personale negli organici della Regione, ma anche da alcune ingiustificate e ingiustificabili inefficienze burocratiche”.

Hamas accetta il cessate il fuoco. Israele: un piano mai visto. La proposta di Egitto e Qatar. Parte l’attacco a Rafah: ordine di evacuazione, poi i primi raid. Biden contrario all’offensiva e ieri lo ha ribadito in una telefonata al premier. Il gioco «coperto» di Netanyahu che teme di perdere la coalizione se cede sulla fine della guerra. Le pressioni della destra di governo: bisogna annientare Gaza. (Davide Frattini, Corriere della Sera)

Hamas: sì alla tregua, ma Bibi se ne frega. Gli Usa scocciati. Il governo Netanyahu in mattinata aveva ordinato l’evacuazione dalla zona Est della città di Rafah dove in serata l’Idf è entrato per un’azione mirata: 100 mila gazawi che in poche ore hanno dovuto trasferirsi nell’area cosiddetta umanitaria di al-Mawasi, già piena di tende. Una mossa che ha preso in contropiede anche gli Usa e ha allarmato i leader Ue, per l’approssimarsi dell’operazione dell’Idf. Una mossa destinata a fare pressione su Hamas. I miliziani che nel giro di poche ore dai volantini e gli annunci di evacuazione, con il leader politico, Ismail Haniyeh, hanno annunciato l’ok alla bozza di accordo. L’ok dei miliziani sarebbe arrivato “dopo aver ricevuto garanzie dagli Stati Uniti per arrivare a un cessate il fuoco permanente e al ritiro di Israele da Gaza al termine della terza e ultima fase dell’accordo”, precisano fonti del gruppo al canale Asharq. Per Israele – il cui premier Netanyahu ha appena ricevuto la chiamata del presidente Usa Joe Biden che ha voluto ribadirgli la sua disapprovazione dell’operazione finale su Rafah – la proposta a cui avrebbe dato il via libera Hamas sarebbe una bozza “modificata dall’Egitto e, quindi, non la versione su cui ci sarebbe un consenso generale di Israele”, controbatte una fonte di Tel Aviv a Sky news Arabia. Il governo Netanyahu così come gli Usa fanno sapere di star esaminando di quale proposta si tratti. “Ne stanno parlando con i partner nella regione”, dichiara il portavoce del Dipartimento di Stato, Matthew Miller. In realtà alla Casa Bianca l’imbarazzo è forte. (Alessia Grossi, Il Fatto Quotidiano)

I costi politici di questa operazione, tuttavia, potrebbero essere altissimi a livello internazionale. Dopo 7 mesi di guerra, la solidarietà della comunità internazionale per gli attacchi del 7 ottobre si è affievolita. Al suo posto cresce invece la contrarietà per il bilancio dei morti palestinesi, che si attesterebbe sopra le 34mila persone. Gli Stati Uniti hanno messo in guardia Israele dal lanciare l’invasione di Rafah senza un piano realistico per evacuare e mettere in salvo la popolazione. Il segretario di Stato Antony Blinken dice di non aver ancora visto un piano di questo tipo e sta incalzando Israele affinché non proceda con quanto si prefigge di fare. L’Amministrazione Biden è stata restia a infliggere sanzioni a Israele. Un’operazione a Rafah senza l’avallo degli Usa potrebbe costringere l’amministrazione a farlo. Ma non basta: anche i già tesi rapporti di Israele con l’Egitto potrebbero risentirne. Rafah, all’estremo sud della Striscia di Gaza, è sede del “Corridoio Filadelfia”, una zona cuscinetto di 5, 5 chilometri tra l’enclave e l’Egitto. Secondo Israele, quell’area ospiterebbe una vasta rete di gallerie sotterranee che per anni hanno permesso ad Hamas di introdurre armi di contrabbando. Combattere in quella zona, con le truppe dell’esercito egiziano a poca distanza, sarebbe complicato. E potrebbe provocare un esodo di massa dei palestinesi nella penisola egiziana del Sinai. Nell’ipotesi peggiore, potrebbe essere a rischio l’accordo di pace del 1979 tra i due Paesi. (La Stampa)

Mattarella all’Onu: sì al multilateralismo, la corsa alle armi divora enormi risorse. Oggi parlerà all’Assemblea. L’incontro con gli italiani. (Viviana Mazza, Corriere della Sera)

L’ordine di Putin: «Esercitazioni nucleari» Gli Usa: sconsiderato. La mossa prima dell’insediamento. Kiev ai leader dell’Occidente: non andate. Il ministro degli Esteri ucraino agli alleati: convertite le economie in industria bellica. (Francesco Battistini, Corriere della Sera) Putin mette nel mirino la Nato “Via alle esercitazioni nucleari”. Alla vigilia dell’insediamento per il suo quinto mandato, il presidente per la prima volta ordina di testare l’arsenale tattico Peskov: “Nuova fase della escalation contro i leader occidentali pronti a mandare truppe”. Arrestato un soldato Usa in Russia. (Rosalba Castelletti, Repubblica)

Mosca annuncia esercitazioni nucleari e minaccia Londra. Li ha annunciati ieri il ministero della Difesa russo, mentre dal Cremlino il portavoce Dmitrij Peskov chiarisce che queste esercitazioni militari in cui si farà pratica anche sull’uso di armi nucleari tattiche – non per la prima volta – sono una risposta alle minacce americane e britanniche e all’intenzione espressa dal presidente francese, Emmanuel Macron, di impiegare truppe della Nato in Ucraina nel caso in cui i russi dovessero sfondare le difese di Kiev in Donbass. Parole seguite in questi giorni da notizie di fonte russa secondo cui un’unità della Legione Straniera già si troverebbe in Ucraina.

«No, la Francia non ha mandato truppe in Ucraina», ha commentato da Parigi il ministero degli Affari esteri, definendo le voci la prova che la disinformazione russa non si sta certo attenuando. (Il Sole 24 Ore)

L’Occidente snobbava il negoziato. Ora ci ripensa, ma è troppo tardi. Fino a qualche mese fa, chiunque osasse parlare di trattativa in vista di una tregua del conflitto in Ucraina era accusato di essere un putiniano sotto mentite spoglie. L’idea di un negoziato, dove, come avviene in qualsiasi contrattazione, ognuna delle parti è disposta a rinunciare ad alcune pretese, era infatti bollata come una concessione al nemico e dunque una resa di fronte alla protervia russa. Secondo i sostenitori di Kiev non  c’era  altra  soluzione  alla  guerra  che  non  fosse  la riconquista dei territori occupati. Addirittura, secondo Volodymyr Zelensky e i suoi sostenitori, cioè noi europei e gli americani, alla fine Putin avrebbe dovuto ritirarsi dalla Crimea e dalle province di Donetsk e Lugansk invase dieci anni fa. Leggendo certe ricostruzioni, soprattutto di tanti inviati al fronte dalla propria scrivania, la vittoria pareva a portata di mano e per ottenerla sarebbe stato sufficiente armare fino ai denti gli ucraini e dimostrarsi uniti contro l’arroganza di Mosca. Come si è visto, dopo oltre due anni di devastazione e di morte, le cose non stavano come ce le raccontavano, e oggi, dopo centinaia di migliaia di vittime da entrambe le parti e centinaia di migliaia di miliardi di danni non solo per l’economia ucraina ma anche per quella europea, la parola trattativa non più impronunciabile. (Maurizio Belpietro, La Verità)

Hacker filorussi e pro Palestina, è allarme: “Attacchi cresciuti del 30% in un anno”. Piantedosi: un Casa anche per migranti e cybersicurezza Melillo: “Criminali verso la frontiera dei computer quantistici, siamo indifesi”. (Fabio Tonacci, Repubblica)

Gianluca Di Feo su Repubblica: Pericolosa prova di debolezza. Ogni schema è saltato: lo dimostra il fatto che il Cremlino risponda alle dichiarazioni francesi e britanniche sull’ipotesi di mandare soldati in Ucraina esibendo il suo arsenale nucleare tattico in un’esercitazione.

Minacce tra retorica e realtà. L’annuncio dello zar alimenta la propaganda. Ma è segno anche di debolezza. (Marco Imarisio, Corriere della Sera)

Xi da Macron, dialogo e scintille. Il capo dell’Eliseo: più sforzi per fermare la guerra. La risposta: non infangateci. Disaccordo sul commercio. E il leader francese (tra le critiche) porta il timoniere in gita sui Pirenei. Glucksmann: segnale di debolezza. (Stefano Montefiori, Corriere della Sera)

Ue pronta alla «trade war» con la Cina. Un messaggio chiaro e deciso. L’atteggiamento di Pechino verso la Russia, che lancia «minacce  esistenziali»  all’Ucraina  e  all’Europa  ,«avrà  un impatto sulle relazioni tra Cina e Ue». È toccato alla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ricordare a Xi Jinping – in visita ieri a Parigi dove ha incontrato il presidente Emmanuel Macron e ha sposato la sua proposta di “tregua olimpica” durante i giochi di Parigi – la posizione di Bruxelles sulla guerra in Europa. Brusca la risposta di Xi. «Ci opponiamo all’uso della crisi ucraina per gettare le responsabilità sugli altri, diffamare un paese terzo e scatenare una nuova guerra fredda». Allo stesso modo, e con la stessa determinazione, la presidente della Commissione ha detto che l’Unione europea è pronta a usare tutte le sue armi di ritorsione commerciale nel caso in cui non fosse garantito l’accesso al mercato cinese. (Riccardo Sorrentino, Il Sole 24 Ore)

Quei tre messaggi e un «velo di charme». Così Pechino punta a dividere l’Europa. La Cina vuole mostrare agli Usa di non essere isolata. (Guido Santevecchi, Corriere della Sera)

Goffredo Buccini sul Corriere: La soglia di allarme. Il conflitto tra Russia e Ucraina. Le posizioni di Francia e Inghilterra e la minaccia dell’escalation nucleare di Putin.

Massimo Franco sul Corriere: L’allarmismo sul conflitto che il Cremlino può sfruttare. Forza Italia deve arginare la Lega di Salvini, come il Pd i 5 Stelle di Conte, entrambi catastrofisti sulla guerra in Ucraina.

Dalla Lega nuova sfida: “Parlare con Putin”. Ora Meloni in Europa vuole isolare Salvini. Il Carroccio apre a Mosca e la premier per non essere emarginata nella Ue è pronta a scaricare l’alleato con Söder e Stoltenberg. (Tommaso Ciriaco, Repubblica)

«Mai con Ursula». «Mai con AfD». Duello Salvini-Tajani sulle alleanze. Il leader leghista contro Macron sulla guerra: e nel centrodestra c’è chi lo preferisce a Le Pen. (Ad. Lo., Corriere della Sera)

Gli altri temi del giorno

«Non firmerò contro il Jobs act». Franceschini apre il fronte nel Pd Schlein trova sponde sulla sanità. I dubbi di Orlando sul referendum. Bonaccini media e loda le misure per la salute. (Maria Teresa Meli, Corriere della Sera)

«Ora basta parlare di Jobs act». Su questo auspicio Elly Schlein e Stefano Bonaccini sono allineati. La scelta della segretaria di firmare il referendum promosso dalla Cgil non ha sorpreso nessuno nella minoranza dem. Ma molti si aspettavano che rinviasse la questione a dopo le Europee, per evitare di aprire un altro fronte divisivo in piena campagna elettorale. Schlein, invece, spiazzando anche qualcuno dei suoi, ha fatto un altro calcolo: visto che la decisione era presa e inevitabile, considerata la sua storia politica, tanto vale chiarirla subito e mettere fine al solito dibattito su «cosa fa Elly». Oltre a evitare di farsi logorare dalla strategia di Giuseppe Conte, che l’ha anticipata nella firma per metterla in difficoltà. I malumori dei riformisti, di quelli più legati alla stagione renziana, che a quella riforma del lavoro hanno contribuito, sono stati messi in conto. Ma si è scommesso sul fatto che, a un mese dal voto per Bruxelles, nessuno alzerà i toni sopra il livello di guardia, tanto meno chi è candidato al Parlamento europeo. (Niccolò Carratelli, La Stampa)

Quella firma è un errore della segretaria. Dibattito aperto, soprattutto nel Pd, sulla scelta della segretaria Schlein di firmare per il referendum sul Jobs act proposto dal leader della Cgil Landini. Ci ha pensato su, ma poi quando ha visto che Conte ha firmato, s’è accodata, con l’argomento che l’abolizione della riforma introdotta da Renzi (che ha subito protestato) era nel programma con cui ha conquistato la segreteria alle primarie. Contraria ovviamente l’area riformista del Pd, da Guerini a Del Rio, e in parte la corrente del presidente del partito e candidato all’Europarlamento, Bonaccini. Ora, uno, anzi una è libera di rivendicare le proprie posizioni differenti dai predecessori (specie se si tratta di Renzi, ormai odiato dentro un Pd che ha una maggioranza che pende di più verso gli ex-bersaniani rientrati dopo la scissione). Però farlo, al solito, per non distinguersi dai 5 stelle, è discutibile. Specie se ci si decide dopo aver messo in lista Cecilia Strada e Marco Tarquinio, i quali – s’è già visto – faranno una campagna molto battagliera contro le posizioni ufficiali di politica internazionale favorevoli agli aiuti in armi all’Ucraina. (Marcello Sorgi, La Stampa)

Da bellicisti a pacifinti per paura degli elettori. La campagna elettorale risveglia all’improvviso la voglia di pace in quasi tutti i partiti, ribaltando il tenore dei commenti sulla guerra in Ucraina. Gli estremismi di Emmanuel Macron aiutano a rifarsi una verginità, ma appare comunque bizzarra la corsa a dire che con la Russia si debba trattare e non possa continuare la strategia delle armi in eterno. Ancor meglio se parole di equilibrio arrivano pure da Sergio Mattarella, che ieri ha indicato la via del “multilateralismo” e criticato “la corsa agli armamenti” che “sottrae risorse” allo sviluppo. Con l’avvicinarsi delle Europee, in molti hanno mollato ogni remora. Dopo aver sostenuto per anni l’invio di armi, aver votato senza distinguo gli aiuti militari e in qualche caso aver criticato i pacifisti (i “pacifinti”), ora firmano appelli e rilasciano dichiarazioni in favore della pace. Senza rinnegare il passato – si intende – ma con la frenesia di intestarsi un tema sempre più sentito e su cui gli italiani hanno le idee chiare dall’inizio del conflitto. (Lorenzo Giarelli, Il Fatto Quotidiano)

Procedimento disciplinare per il sindacalista che difese Vannacci, insorgono le rappresentanze di esercito e polizia. Daniele Lepore aveva definito l’azione del ministro contro il generale “irrituale e poco ortodossa”. Ora interviene il ministero, suscitando la reazione unitaria delle sigle: “Atteggiamento intimidatorio”. (Antonio Fraschilla, Repubblica)

Sciopero Rai, in onda due tg su tre. Ira Pd. FdI: «Ora c’è pluralismo». L’Usigrai: con noi il 75% dei giornalisti. Bortone e Ranucci i volti della protesta. (Antonella Baccaro, Corriere della Sera)

Poco importa che il boicottaggio dello sciopero dei giornalisti Rai, indetto dall’Usigrai, sia riuscito solo in parte. Grave è che il tentativo ci sia stato ed è la prima volta nella storia, per lo meno dell’azienda pubblica, che una sigla sindacale, l’Unirai, su posizioni più filogovernative, si mette di traverso e opera per rendere vana una legittima protesta. L’Usigrai ha dichiarato un’adesione del 75,5% ma le contromosse del nuovo sindacato hanno prodotto i loro effetti. Tg1 e Tg2 sono andati in onda: all’ora di pranzo, monchi e con servizi allungati a dismisura nel tentativo di coprire la durata naturale. Nell’edizione serale in forma appena ridotta: solo il comunicato sindacale letto dai conduttori, seguito dalla risposta dell’azienda, ha segnalato al pubblico la protesta. (Michela Tamburrino, La Stampa)

Un avvenimento senza precedenti nella storia della Rai. I telegiornali in onda nonostante la proclamazione dello sciopero da parte dell’Usigrai, il sindacato (ex unitario) interno dei giornalisti. Le edizioni del Tg1 e del Tg2 di mezzogiorno e ora di cena sono state confezionate in forma leggermente ridotta ma con servizi e collegamenti da ogni parte del mondo. Un fatto, questo, che avrà molte ripercussioni e che ha mostrato platealmente il nuovo assetto di potere dentro la televisione pubblica. A sinistra lo definiscono «occupazione militare della Rai da parte delle forze post-fasciste», nel centro-destra lo chiamano «giusto riequilibrio dello strapotere delle sinistre degli ultimi decenni». Sta di fatto che giornalisti, direttori e maestranze che prima del governo Meloni si sentivano nell’ombra, ieri sono riusciti a fare fallire uno sciopero proclamato da quello che finora era il sindacato unitario delle redazioni, l’Usigrai, a trazione a sinistra. (Laura Rio, Il Giornale)

Calcio, compatto il fronte del no. Ma c’è l’ok per il vertice col governo. Figc e club contestano l’agenzia sui conti e chiedono un incontro con Abodi, che accetta. (Alessandro Bocci, Corriere della Sera)

«Mi devono spiegare dov’è l’autonomia. Un tempo si litigava poi si faceva la pace». Petrucci: «Le riforme non si impongono». Ho trattato con diversi premier: Berlusconi, D’Alema, Prodi, ma c’è sempre stato rispetto. Covisoc e Comtec sono organismi seri e competenti, e poi ci sono tre gradi di giudizio. (Monica Colombo e Daniele Dallera, Corriere della Sera)

Speranza mentre Camilla moriva: «Non voglio dubbi su Astrazeneca». Il dem a Locatelli & C.: «Clima fantastico sulla campagna, dobbiamo stare attentissimi a riaprire il casino totale su questo vaccino dopo che l’abbiamo usato per 7,5 milioni di persone. Va trovata una linea possibile». Il 9 giugno 2021 Camilla Canepa sta lottando in un letto dell’ospedale San Martino, a Genova. È ricoverata per trombosi cerebrale associata a piastrinopenia, uno degli effetti avversi del vaccino Astrazeneca. Quindici giorni prima la diciottenne originaria di Sestri Levante si era presentata, martellata da una campagna mediatica incessante, al vaccination day del siero anglo- svedese per potere frequentare più liberamente i nonni. Il paradosso è che nella settimana tra il 24 e il 31 maggio la circolazione virale del Covid in Italia aveva raggiunto i minimi storici, 36 casi ogni 100.000 persone, offrendo uno scenario in cui per una giovane dell’età di Camilla era più rischioso vaccinarsi che ammalarsi di Coronavirus. (Giacomo Amadori, La Verità)

Intesa sui terreni per il fotovoltaico. Un commissario per il granchio blu. Sì ai pannelli nelle aree non produttive. Mobilitati 150 milioni per la continuità dell’ex Ilva. (Andrea Ducci, Corriere della Sera)

La trappola del lavoro povero: 4,2 milioni di part-time, ma per la metà non è una scelta. Presentato al Senato il rapporto del Forum Disuguaglianze. I contratti a tempo parziale tra il 2004 e il 2018 sono raddoppiati. I tre quarti riguardano le donne, ma si rileva un forte aumento anche per gli uomini. (Rosaria Amato, Repubblica)

Tutti in fila per il Btp valore, acquisti record a 3,7 miliardi. Ordini sottoscritti a quota 121 mila. Lo spread sale a 133 punti. (Marco Sabella, Corriere della Sera)

Banche spagnole, il gran rifiuto di Banco Sabadell all’offerta di Bbva. Stop a un gruppo da 70 miliardi. (Andrea Rinaldi, Corriere della Sera)

Rossi: «Tim prosegua nella trasformazione. La rete è la priorità». L’ex presidente: il non voto di Vivendi è un segnale.

Era il momento giusto per lasciare. Con la cessione della rete Tim sarà totalmente diversa. L’astensione dei francesi in assemblea è un segnale di attenzione per quel che potrà succedere. (Federico De Rosa e Andrea Ducci, Corriere della Sera)

Ex Ilva, in arrivo altri 150 milioni, ma niente “scudo” a tutela dei potenziali acquirenti. Nel decreto Agricoltura approvato in Consiglio dei ministri, il governo stanzia altri fondi per garantire l’operatività. Rinviata per approfondimento la norma per la garanzia pubblica sui contenziosi. Domani incontro in Confindustria con i sindacati. (Raffaele Lorusso, Repubblica)

Prometheus, il reattore tutto made in Italy per produrre idrogeno. Il progetto al Kilometro Rosso. Majorana: sul mercato in 18 mesi. (Nicola Saldutti, Corriere della Sera)

Il ritorno del «vecchio» Merz che prenota la Cancelleria tedesca. L’eterno rivale di Merkel detta il nuovo corso alla Cdu (più a destra, ma anti Afd). (Corriere della Sera)

Sfregia l’ex e le uccide il padre che era accorso per difenderla. Varese, l’assassino è un avvocato di 41 anni già a processo per maltrattamenti. (Andrea Camurani, Corriere della Sera)

Le foto di Matteo con i segni delle torture. Tutto ciò che non torna nel verbale degli agenti. Lo studente a Miami. Dalla polizia un blackout di 18 ore. Gli sfottò in cella delle guardie «Marcirai qui dentro, non hai diritti». Ai due amici e compagni di università è stato impedito di vederlo. (Fulvio Fiano, Corriere della Sera)

«I ragazzi non sanno più cos’è l’amore. E adesso rinunciano anche al sesso». La psicoterapeuta Stefania Andreoli: la famiglia narcisista ha spento nei figli l’istinto di andarsi a cercare altrove una relazione che li completi. Oggi molti genitori si preoccupano che i ragazzi siano perfetti anche a letto: ciò li rende ancora più ansiosi. (Roberta Scorranese, Corriere della Sera)

L’Ecce Homo è un vero Caravaggio e sarà esposto al Prado di Madrid. Dal 28 maggio in mostra l’opera scoperta nel 2021 in una casa d’aste. Un’équipe di studiosi l’ha attribuita definitivamente al pittore. (Dario Pappalardo, Repubblica)

Repubblica intervista Susan Sarandon: “Io, madre e attivista, dico che bisogna ribellarsi con il cuore sempre aperto”.

Gli Anniversari

1348, apre l’Università Carolina di Praga
1664, Luigi XIV inaugura la reggia di Versailles
1809, Napoleone annette lo Stato Pontificio
1824, debutto a Vienna della Nona di Beethoven
1847, Filadelfia: nasce l’American Medical Association
1898, i cannoni di Bava Beccaris sui milanesi
1915, sottomarino tedesco affonda nave britannica: 1.201 morti
1932, assassinato il presidente francese Paul Doumer
1942, servizio civile forzato per gli ebrei italiani
1945, i tedeschi firmano a Reims la resa incondizionata
1946, Giappone: fondata la Sony
1951, la Russia ammessa ai Giochi Olimpici di Helsinki
1952, pubblicato il concetto di circuito integrato
1960, Urss: Breznev presidente del Soviet Supremo
1963, Ferruccio Lamborghini fonda la Lamborghini
1973, seconda cordata italiana a raggiungere l’Everest
1974, Germania: Willy Brandt si dimette da cancelliere
1976, terremoto in Friuli: si contano 50mila senza tetto
1993, il Sudafrica concede il voto ai neri
1994, ritrovato intatto l’urlo di Munch
1995, Chirac vince le elezioni francesi
1998, la Mercedes-Benz acquista la Chrysler
1998, la Apple presenta l’iMac
1999, Guerra del Kosovo: uccisi tre diplomatici cinesi
2002, aereo precipita nel Mar Giallo: 112 morti
2007, scoperta a Gerusalemme la tomba di Erode
2008, Berlusconi al quarto incarico di governo
2012, Putin giura per la terza volta come presidente

Nati oggi

1833, Johannes Brahms
1840, Petr Ciajkovskij
1892, Josip Broz Tito
1901, Gary Cooper
1909, Edwin Land (Polaroid)
1919, Evita Peron
1922, Raimondo Vianello
1927, Gianni Bisiach
1945, Tancredi Cimmino
1947, Antonino Cassarà
1948, Elsa Fornero
1957, Barbara D’Urso
1976, Andrea Lo Cicero
1982, Claudio Cerasa

Si festeggiano i Santi Flavio e Flavia

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