La nota del 9 luglio

I missili di Putin colpiscono un ospedale pediatrico e un centro di ostetricia a Kjiv, con 37 morti e 140 feriti. Secondo Anna Zafesova su La Stampa il Cremlino “alza il livello dello scontro per seppellire la via diplomatica alla pace”. I 40 missili sono anche un messaggio all’assemblea Nato che si apre oggi a New York e la risposta ai 40 miliardi di aiuti all’Ucraina decisi dagli Stati Uniti. E non può che essere l’apertura di quasi tutti i giornali’, un altro titolo dell’orrore destinato purtroppo ad essere archiviato come routine di una guerra sempre più cruenta che nessuno sa o vuole fermare. Putin vede la debolezza dell’Occidente e punta ad impaurirlo, mentre è evidente che ogni risposta con le armi occidentali, l’unica possibile cioè quella sul territorio russo, diventerebbe conflitto aperto con Mosca. Oggi c’è l’ipocrisia della guerra mantenuta soltanto sul suolo ucraino.

Macron respinge le dimissioni del primo ministro Attali e prende tempo per formare il nuovo governo. Il tentativo principale è quello di fare il governo con i socialisti escludendo Melenchon. Resa dei conti nel partito di Le Pen, con Bardella che ammette di aver sbagliato molti candidati. Il Corriere titola “la Francia scossa”, per La Verità “Macron prova a ignorare il voto”, il Mattino ha un titolo, diciamo, immaginifico: “Italia nuovo cilindro del motore Ue. Si è inceppato quello francese, va compensato guidando il vecchio continente verso l’Africa”. Libero si è scelto il compito di attaccare ogni giorno la sinistra per conto di Meloni: “il clan della Marsigliese, credono di aver vinto loro”. Per molti commentatori la mossa politica di Macron ha permesso di bloccare Le Pen, invece per Travaglio sul Fatto è solo un apprendista stregone. Secondo Giovanni Orsina su La Stampa il flop di Le Pen “avvantaggerà Meloni”. Repubblica scrive che Meloni “è indebolita in Europa”.

Bardella è il nuovo capogruppo dei Patrioti e ha sei vicepresidenti, uno dei quali è Vannacci per la Lega. Salvini minaccia Meloni: “se passa i suoi voti a Ursula Von der Leyen sarebbe l’inizio della fine”.

L’autonomia differenziata: la Campania avvia il referendum, oggi decide l’Emilia Romagna. Occhiuto, presidente della Calabria, avvisa Forza Italia, se non si cambia il referendum verrà perso.

Intanto Toti annuncia che non si ricandiderà alla regione Liguria, appare chiaro l’ipotesi di un do tu des con i giudici. Il parere per chiedere la fine dei domiciliari lo firma Cassese.

Il Sole apre sugli otto documenti che servono per accedere al credito d’imposta 5.0, definendo il percorso “un labirinto”.

Poi si occupa di sanità e quantifica in un mio e e trecentomila i ricoveri ospedalieri inappropriati e stima che con le cure a casa si risparmierebbero tre miliardi.

La produzione di Stellantis in Italia crolla del 25 per cento complessivo e del 35 per cento solo nelle auto. A malapena si arriva a mezzo milione di auto all’anno, contro il milione promesso.

Anche i canadesi di Stelco sono interessati all’ex Ilva.

Cdp cambia lo statuto perchè l’azionista non riesce a mettersi d’accordo sulle quote rosa, ci saranno solo uomini. Figuraccia.

Intesa mette 10 miliardi per il turismo. Mediobanca apre una sede a Francoforte per assistere le medie imprese tedesche.

Zangrillo dice che servirebbero 30 miliardi per recuperare tutta l’inflazione nei contratti della pubblica amministrazione.

Domani scrive che bisogna rivedere i contratti collettivi per dare più potere ai lavoratori.

Andrea Amalberto, imprenditore di Asti, è il nuovo presidente di Confindustria Piemonte.

Andrea Prete confermato per tre anni alla guida di Unioncamere.

Il Papa va in sedia a rotelle dal suo ottico di fiducia, Spiezia, a via del Babuino a cambiare solo le lenti, non la montatura.

Dopo la sconfitta pesante in Inghilterra a Silverstone si dimette il direttore tecnico della Ferrari, Cardile, e passa alla Aston Martin.

Ed ecco alcuni dettagli/approfondimenti. I missili ipersonici russi sullospedale dei bambini a Kiev, oltre 40 razzi su tutta l’Ucraina. Zelensky: «Terroristi». Lanciati i Kinzhal su Kiev, 36  vittime  in  tutto  il  Paese.  Zelensky  a  Varsavia  firma laccordo sulla difesa aerea. (Lorenzo Cremonesi, Corriere della Sera)

Ucraina, il timore degli alleati in arrivo al vertice Nato: “È un messaggio per noi, dobbiamo reagire”. I leader si ritrovano a Washington per i 75 anni del Patto. E intanto si fa largo il sospetto che Orbán tratti con Mosca e Pechino per conto di Trump. (Claudio Tito, Repubblica)

La mappa Ucraina si tinge di rosso nell’applicazione che indica le allerte aeree. Quando tutto il paese è evidenziato non è detto che ci sia per forza da preoccuparsi, perché il semplice decollo di un caccia russo, di solito un Mig-31, basta ad allertare l’intero paese, anche senza che ci siano lanci balistici. Allora si va a vedere su qualche canale Telegram per capire se effettivamente c’è un attacco. Missili sulla regione di Cherkasi, recita Telegram, poi più tardi, lanci dal Mar Nero e, subito dopo, missili nella periferia di Kiev. Chi non l’ha fatto fin’ora dovrebbe correre ai rifugi. Infatti, dopo massimo tre minuti cominciano le esplosioni. Le prime sono gli out-going dei patriot e poi le intercettazioni, il rumore, o meglio la vibrazione, è un crescendo, fino al boato che ha fatto tremare la città. Poi ancora, e ancora. Forse l’attacco più potente sulla capitale da un anno a questa parte. (Alessandro Parente, Il Fatto Quotidiano)

Mentre molti dei leader dei 32 Paesi membri dell’Alleanza atlantica sono già in volo per partecipare al 75° vertice della Nato che si aprirà oggi nella capitale statunitense, Vladimir Putin decide di intensificare la sua guerra di aggressione all’Ucraina con un violento attacco missilistico su Kiev. Una coincidenza non causale, visto che il principale tema in agenda del vertice di Washington cui parteciperà anche Volodymyr Zelensky – è proprio il sostegno militare all’Ucraina, con un piano in cinque punti annunciato dal segretario generale uscente dell’Alleanza, Jens Stoltenberg, che prevede la creazione di un nuovo comando per la gestione degli aiuti militari a Kiev che avrà sede in Germania, conterà circa 700 militari e farà da centro logistico e di addestramento per le forze di Kiev. (Adalberto Signore, Il Giornale)

Meloni è arrivata a Washington per il vertice della Nato, dove spera di ritrovare una leva per uscire da una situazione di isolamento in cui si è cacciata dopo le scelte dell’ultimo mese. L’atlantismo è, in qualche modo, la carta migliore che ha in mano. E lo prova il fatto che dal partito si stia veicolando proprio questo messaggio, in una batteria di dichiarazioni a commento delle elezioni francesi. «L’unica destra che riesce a vincere in un grande Stato europeo – dice Tommaso Foti, capogruppo alla Camera – è quella di FdI, con Meloni leader della coalizione di destra-centro e a capo di un governo che è il più solido e stabile in Europa». Una destra conservatrice, nazionalista sì, ma anche ben piantata in Occidente, cristallina nella sua fedeltà alla Nato, e ferma nella condanna a Vladimir Putin. Autore, attacca il sottosegretario Giovambattista Fazzolari, dopo i missili sull’ospedale pediatrico di Kiev, di «un  ignobile  crimine  di  guerra  che  si  aggiunge  alla lunghissima serie di crimini del regime putiniano». Per Meloni, un atto che prova come non possano esserci ammorbidimenti né spazi di fraintendimento con Putin. È la variabile che le permette di interpretare una distanza dal gruppo di Orban, Salvini e Le Pen, tutti e tre alla ricerca di un dialogo con Mosca e contrari a continuare a garantire gli aiuti militari a Kiev decretati da Ue e Nato. (Ilario Lombardo, La Stampa)

Dopo giorni di trattative e retroscena nasce ufficialmente il gruppo dei Patrioti al Parlamento europeo diventando la terza famiglia a Bruxelles. L’annuncio è arrivato ieri con l’adesione del Rassemblement National e della Lega che ha portato i sovranisti a raggiungere 84 seggi all’Europarlamento. Oltre ai 30 europarlamentari francesi e agli 8 italiani fanno parte del gruppo i rappresentanti di Fidesz e Partito popolare cristiano- democratico (Ungheria, 11); Ano (Repubblica Ceca, 7); Giuramento e automobilisti (Repubblica Ceca, 2); Fpo (Austria, 6); Pvv (Paesi Bassi, 6); Vox (Spagna, 6); Vlaams Belang (Fiandre Belgio, 3); Chega (Portogallo, 2); Partito popolare danese (Danimarca, 1); La Voce della Ragione (Grecia, 1); Lettonia First (Lettonia, 1). Gli europarlamentari sovranisti hanno eletto Jordan Bardella presidente del gruppo e sei vicepresidenti tra cui l’italiano Roberto Vannacci. (Francesco Giubilei, Il Giornale)

Le Pen-Bardella, aria di resa dei conti: l’ora del delfino è già scaduta? Marine: «Tempo di fare un bilancio». Troppi nomi inadeguati, il nodo di chi ha scelto la squadra. Bardella: «I risultati non sono quelli che speravo». (Alessandra Coppola, Corriere della Sera)

Ue, il nuovo scenario di Meloni dopo Parigi. L’aveva annunciato e ieri c’è stata la conferma: Salvini aderisce al gruppo dei Patrioti di Orbán, che diventa il terzo in Europa e avrà come presidente il francese Bardella. All’indomani della disfatta elettorale è arrivata, quindi, l’adesione del Front National di Marine Le Pen che prova anche da Bruxelles a prendere la rincorsa da qui alle presidenziali. Certo, sarà cruciale l’opposizione interna ma il posizionamento contro la Commissione Ue vuol dire – ormai – costruire un pezzo importante di programma nazionale. E lo stesso vale per il leader della Lega. Che mette il suo jolly vincente, il generale Vannacci, alla vicepresidenza dei Patrioti per affidargli la delega di interpretare il controcanto a Meloni. (Lina Palmerini, Il Sole 24 Ore)

“La tentazione del peggio non è fatalità”, scriveva ieri in un editoriale Jérôme Fenoglio, direttore di Le Monde. Escluso il peggio, ovvero lasciare le chiavi della Francia all’estrema destra di Marine Le Pen, Parigi deve trovare ora una nuova maggioranza per evitare la paralisi istituzionale. Al termine del ballottaggio alle Legislative anticipate di domenica, si è confermata la divisione dell’Assemblea nazionale in tre blocchi, nessuno dei quali detiene la maggioranza assoluta per poter governare da solo. Secondo le proiezioni della ripartizione dei seggi ancora provvisorie, il Nuovo Fronte Popolare (NFP), l’unione delle sinistre, conterebbe 180 seggi, Ensemble, il movimento di Emmanuel Macron, 163, e il Rassemblement National (RN), con gli alleati Les Républicains (LR) di Éric Ciotti, 143. Tra gli Insoumis c’è chi ritiene che Mélenchon resti un valido candidato: “Nella quinta Repubblica la regola è stata sempre, senza eccezione, che il partito che ha il maggior numero di deputati è quello che ha il primo ministro – ha ribadito ancora ieri sera Mélenchon in un’intervista a LCI –. Abbiamo diversi candidati a LFI. E per quanto mi riguarda, ne sono all’altezza”, ha chiarito, aggiungendo che l’importante è il programma e non solo il leader. (Il Fatto Quotidiano)

Attal si dimette, Macron lo frena. La Francia cerca una maggioranza. Il primo ministro resta per gli affari correnti. Il leader socialista Faure: no a patti col centro. (S. Mon., Corriere della Sera)

La sinistra francese cerca il suo premier ma tutti i partiti rischiano di dividersi. Le coalizioni devono risolvere la crisi politica in Parlamento, scenario inedito a Parigi. Le tre possibili maggioranze, l’attendismo di Macron. (Anais Ginori, Repubblica)

“Faranno il partito unico anti-Rn è un regime, addio democrazia”. Michel Onfray guarda stupefatto, allibito, i risultati che nella notte e in prima mattinata si sono delineati. Marine Le Pen sconfitta, la sinistra primo blocco all’Assemblée, i macroniani risorti, secondi, con la possibilità in qualche modo di ricreare una maggioranza centrista, per quanto raffazzonata. Per il filosofo della destra francese, il fustigatore del globalismo, delle élite sovranazionali, è quasi un trauma, una sconfitta personale. Comunque Le Pen ha perso. Si può dire che Macron ha vinto la sua scommessa?

«No. L’ha persa, perché questa assemblea nazionale risulta ingovernabile: non ha nessuna maggioranza. Jean-Luc Mélenchon si è presentato come il capo naturale del prossimo governo; è lontano dall’essere stato nominato dal capo dello Stato! Emmanuel Macron dovrà sopportare una coabitazione: con chi? (Giordano Stabile, La Stampa)

Marc Lazar su Repubblica; La vittoria di Pirro. Jean-Luc Mélenchon, qualunque cosa dica, qualunque cosa faccia, non è più il líder máximo.

Massimo Nava sul Corriere: Macron, da Jupiter a Sisifo. Il presidente francese dovrà inventare un compromesso per il governo, invertire la rotta liberista per politiche sociali invocate dalla stragrande maggioranza dei francesi di qualsiasi colore, portare sulle spalle un macigno di tremila miliardi di debito pubblico.

La Francia senza una maggioranza. Allo studio coalizione senza Mélenchon. l voto non ha attribuito a nessun blocco la maggioranza assoluta. Era accaduto così anche nel 2022, ma allora l’alleanza presidenziale, Ensemble, ottenne una maggioranza relativa sostanziosa, 250 seggi. Domenica, invece, è stato il Nouveau Front populaire a ottenere il maggior numero di seggi, 182, mentre il gruppo macroniano ne ha conquistati 168, la destra radicale 143 e i Républicains 45. L’unione di sinistra ha quindi immediatamente rivendicato il diritto di fare un nome per l’Hôtel de Matignon, ma intanto già iniziano a manifestarsi le prime divisioni, le stesse di due anni fa. Alcuni partiti – socialisti, ecologisti, anche i comunisti – sembrano disponibili, come nel 2022, ad aprire colloqui con le altre forze. La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon, pur temendo di restare isolata, preferirebbe preservare la purezza del proprio programma. (Riccardo Sorrentino, Il Sole 24 Ore)

Nella sala del Parlamento europeo dedicata a Petra Kelly, che nel 1979 è stata una delle fondatrici dei Verdi tedeschi, si è celebrato ieri il battesimo dei Patrioti per l’Europa (che per un ironico scherzo del destino in italiano suona come “PPE”).

Si tratta della nuova piattaforma politica creata da Viktor Orban grazie a un astuto “rebranding” del vecchio gruppo Identità e Democrazia. Sfumata la possibilità di entrare nei Conservatori, il premier ungherese non è andato a elemosinare ospitalità della formazione sovranista di Salvini e Le Pen, ma si è messo a costruirne una tutta sua e li ha obbligati a chiedere riparo lì dentro. Essendo il Rassemblement National la delegazione più numerosa (con 30 eurodeputati), la presidenza è andata a loro. Ma tra i sei vicepresidenti eletti, ce n’è una che è più uguale di tutti gli altri: l’ungherese Kinga Gal ha infatti il grado di “prima vicepresidente”, il che le consentirà di assumere il vero controllo del gruppo che l’assenteista Bardella non potrà assicurare. (Marco Bresolin, La Stampa)

Paolo Mieli sul Corriere: I segnali bizzarri (e inutili). I messaggi «affettuosi» di Le Pen e Orbán allo zar russo. Ma la sconfitta del Rassemblement è da ricercarsi nella storia.

Gli altri temi del giorno

Dai vaccini alle liste d’attesa nuova frattura della Lega. Tensione alta all’interno della maggioranza sulla Sanità dove si allarga la frattura con la Lega. La miccia è partita con un emendamento al decreto liste d’attesa a firma di Claudio Borghi per rendere «raccomandati» e non più obbligatori i 12 vaccini per bambini contro, ad esempio, morbillo, rosolia, parotite e varicella, senza i quali oggi non si può essere iscritti alle scuole per l’infanzia. Una richiesta che strizza l’occhio al popolo no vax che ha scatenato una scia di polemiche e che rischia di continuare anche dopo che oggi la commissione Affari sociali del Senato, dove inizia l’esame del provvedimento, sarà dichiarata l ’ inammissibilità dell’emendamento per estraneità al decreto sulle liste d’attesa.

«Non ho capito perché ci sono dei gonzi che, in caso di dichiarazione di inammissibilità del mio emendamento per la cancellazione della Legge Lorenzin, credono sia una mia sconfitta. La decisione è del presidente di commissione (FdI), se deciderà così ripresenterò in altra legge», ha chiarito Borghi per nulla pentito della sua proposta e pronto a riproporla appena possibile. (Marzio Bartoloni, Il Sole 24 Ore)

Liguria, Giovanni Toti «non correrà alle Regionali». La mossa della difesa per la revoca degli arresti domiciliari. I legali del governatore: basta domiciliari, ora i timori dei giudici sono ingiustificati. (Giuseppe Guastella, Corriere della Sera)

La Cisl: l’auto rallenta, Chigi convochi il tavolo, A fine 2024 solo mezzo milioni di veicoli Stellantis: “Restiamo concentrati sull’Italia”. (D.Lon., Repubblica)

Guglielmo Loy: “I fondi dell’Inail vanno usati per contrastare infortuni e morti sul lavoro”. Il presidente del Civ, il Consiglio di indirizzo e vigilanza: “Un avanzo di bilancio da 3 miliardi di euro, il più alto della storia, non è più fisiologia. Ma patologia”. (Valentina Conte, Repubblica)

Fastweb ha acceso Nexxt, il supercalcolatore «verde». L’ad Renna: intelligenza artificiale allenata in italiano, per enti e imprese. (Alessia Cruciani, Corriere della Sera)

Addio a Benito Nonino, il re che cambiò la grappa. Si è spento a 90 anni. L’impero friulano che ha conquistato i Nobel. (Massimiliano Jattoni Dall’Asén, Corriere della Sera)

Io sono il candidato”, dice Joe Biden. Ma il senatore democratico Mark Warner gli chiede di farsi da parte seguito da altri membri del proprio partito al congresso – che suggeriscono Kamala Harris come successore – mentre alla Casa bianca il medico del presidente si sarebbe riunito con un neurologo specialista del morbo di Parkinson. È il caos completo tra quelle che sono diventate le due fazioni dei Dem: chi sta con il Commander in Chief e chi invece ne chiede il ritiro, per manifesta inferiorità psichica e fisica. E adesso è ancora più chiaro il motivo per cui Obama aveva preso per mano Biden guidandolo verso l’uscita durante una raccolta fondi a Los Angeles. Era il 17 giugno, dieci giorni prima del disastroso dibattito con Trump che all’improvviso (possibile che nessuno se ne fosse accorto prima?) ha messo in evidenza i limiti  cognitivi  di  un  presidente  che  a  81  anni  vuole (costretto?) testardamente correre per il secondo mandato. (Roberto Zanini, La Stampa)

Il Corriere intervista Willem Dafoe: «Quella tra me e l’Italia è una storia d’amore. Ho imparato la lingua con le canzoni di Battiato».

Gli Anniversari

1357, prima pietra del Ponte Carlo a Praga
1789, Versailles: si comincia a stilare la Costituzione
1815, Talleyrand primo ministro di Francia
1816, l’Argentina indipendente dalla Spagna
1877, prima edizione del torneo di Wimbledon
1900, la regina Vittoria: sì al Commonwealth di Australia
1922, Weissmuller: 100 m. in meno di 1 minuto
1932, la Germania condannata a pagare i debiti di guerra
1943, sbarco in Sicilia degli alleati
1955, manifesto sul disarmo nucleare (di Russell-Einstein)
1958, 524 metro: l’onda anomala più alta in Alaska
1962, NY: prima mostra di Andy Warhol
1978, Pertini presta giuramento come Presidente
1979, Craxi incaricato di formare il governo
1980, muore a Rio de Janeiro Vinicius de Moraes
1992, Hollywood: Walk of fame per Kim Basinger
1997, morde l’avversario: sospeso per un anno Mike Tyson
2002, fondata a Urban l’Unione africana
2004, Usa: in Iraq niente armi di distruzione di massa
2005, Anna Falchi sposa Stefano Ricucci
2006, Berlino: l’Italia campione del mondo contro la Francia
2011, indipendente il Sudan del Sud
2012, blocco internet in tutto il mondo

Nati oggi

1879, Ottorino Respighi
1929, Hassan II del Marocco
1936, Lino Banfi
1937, Roberto Gervaso e Massimo Pica Ciamarra
1947, O. J. Simpson
1950, Adriano Panatta
1952, Claudio Cappon
1953, Patrizio Peci
1955, Sandro Ruotolo e Enzo Rivellini
1956, Tom Hanks
1964, Gianluca Vialli

Si festeggia Santa Veronica

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