“L’unica gioia al mondo è cominciare. E’ bello vivere perchè vivere è cominciare, sempre, ad ogni istante” (Cesare Pavese)
Le elezioni Usa si prendono la scena su quelle europee: Trump grida all’”America fascista” che lo ha condannato, e intanto raccoglie 35 milioni di euro di finanziamenti in una giornata e incita i suoi alla rivolta. Biden propone il cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi israeliani, poi sei settimane di tregua per decidere i passi successivi tra cui la riedificazione di Gaza senza che Hamas si riarmi. Quella di Biden è la giusta mossa del presidente in carica per esercitare il ruolo degli Stati Uniti, Trump dopo la condanna non può che cercare di sfruttarla elettoralmente, e in Italia si prende la prima pagina di Repubblica. Sholz dice sì alle armi offensive in Ucraina, e lascia l’Italia più isolata. Probabilmente l’idea è quella di fermare l’avanzata russa e poi provare a trattare. Stanotte caccia polacchi hanno pattugliato i cieli al confine con l’Ucraina durante un attacco russo.
La prima assemblea di Fabio Panetta governatore di Bankitalia vede il pienone degli ospiti e dei giornalisti a via Nazionale come non accadeva da anni e di conseguenza anche maggiore spazio sui giornali rispetto a quello che otteneva Ignazio Visco negli ultimi tempi. Lui ha da sempre avuto un buon feeling sia con Meloni sia con Draghi, viene dal board della Bce e riesce a restare nel filo delle posizioni tradizionali di Bankitalia senza andare contro il governo: riconosce che le cose vanno meglio di come talvolta si dipingono e ovviamente spinge per ridurre il debito e stare ancorati all’Europa. Giannini su Repubblica gli rimprovera “il bicchiere mezzo pieno” e prevede che prima o poi “dovrà disturbare la manovratrice”, cioè Giorgia Meloni. Gli altri commenti sono favorevoli.
Tra i 25 nuovi Cavalieri del Lavoro è Marina Berlusconi a focalizzare l’attenzione: lei ovviamente dedica la nomina al padre Silvio, e tanto basta perchè molti giornali, a cominciare da quelli di destra, descrivono il cavalierato alla figlia come un “risarcimento” per il padre trattato male. Ugo Magri, il quirinalista più vicino al Colle, si incarica di spiegare su La Stampa che così non è: Mattarella ha ricevuto il nome da Urso, ha fatto le sue verifiche sui requisiti e ha detto si, punto e basta. Travaglio invece scrive che i requisiti lei non li ha essendo stata di fatto complice delle malefatte fiscali del padre, oltre ad essere stata scortata a scuola dal mafioso Mangano.
Intesa Sanpaolo ridisegna i vertici delle sue controllate estere, la nuova ad è Paola Papanicolau, presidente è Gaetano Miccichè mentre la regia è affidata a Stefano Barrese.
Nordio spiega sul Giornale la separazione delle carriere, gli altri giornali glissano sulla riforma, se ne occupano poco anche se sul Corriere rispunta Davigo.
Il resto è scontro elettorale. Ma i partiti di maggioranza perdono colpi: rinviato (lo scrive La Stampa) il decreto per le liste d’attesa nella sanità, perchè il ministro della Sanità, Schillaci, stima che serve un miliardo e mezzo per finanziare il ricorso ai privati mentre Giorgetti non vuole dare più di 500 milioni. Insieme al redditometro è un altro colpo negativo alla campagna elettorale di Giorgia Meloni, e nemmeno la social card da 500 euro per i poveri si sente molto bene: gli esercenti non vogliono dare lo sconto del 15 per cento sui prodotti acquistabili con la card.
Intanto Lollobrigida scrive ai soci del Consorzio Grana Padano per raccomandare i candidati di Fratelli d’Italia. Sull’altro schieramento il Fatto ospita Tarquinio contro la Nato e il Riformista fa notare in prima pagina che Elly Schlein sostiene i candidati esterni al Pd contro quelli interni.
La Ford ha bloccato la produzione di auto elettriche: negli primi tre mesi dell’anno ne ha prodotte diecimila, che costano 130 mila euro l’una tenendo conto dell’investimento complessivo fatto: ma deve venderle a tredicimila euro.
In Vaticano è scoppiata la guerra per scegliere il nuovo Papa. I nemici di Francesco ormai lo descrivono come un “vecchio rincoglionito” e cercano in ogni modo di sputtanarlo. Il problema è che dei 137 membri del collegio, 99 li ha nominati lui, ma c’è chi spera che poi vengano guidati nella scelta dallo Spirito Santo (come quasi sempre).
Paolo Benanti comincia oggi la sua collaborazione con il Sole 24 Ore scrivendo di democrazia del personal computer e del potere del cloud. Interessante.
Stasera a Londra la quinta finale di Champions per Ancelotti, la quindicesima per il Real Madrid, il Borussia Dortmund priva a guastare la festa.
Al Quirinale invece il tradizionale ricevimento per la Festa della Repubblica, ed è positivo che tutti vogliano essere ospiti del Presidente nei giardini più belli di Roma.
Ed ecco alcuni dettagli/approfondimenti. “È ora che questa guerra finisca. Siamo in un momento decisivo”. Joe Biden ieri ha imposto di rilanciare i negoziati per la tregua tra Israele e Hamas e una de- escalation del conflitto a Gaza, dopo giorni di offensiva continua dell’Idf su Rafah. Il presidente americano lo ha fatto in un discorso in diretta tv, in cui, inaspettatamente, ha rivelato i contenuti finora inediti dell’ultima bozza di accordo che Israele ha proposto ad Hamas l’altro ieri, cercando una soluzione dopo la battuta d’arresto delle trattative al Cairo. La guerra non finirà subito, ma questo piano “comprensivo” proposto da Israele e raccontato ieri da Biden si avvicina molto alle richieste che gli Stati Uniti avevano indirizzato a Benjamin Netanyahu nelle ultime settimane. Si articola in tre fasi. La prima fase durerebbe sei settimane e includerebbe un cessate il fuoco totale e completo in tutta la Striscia, con il ritiro delle forze israeliane dalle aree popolate di Gaza, il rilascio di un certo numero di ostaggi, tra cittadini americani, cui donne, anziani e feriti, in cambio del rilascio di centinaia di prigionieri palestinesi. Alle famiglie sarebbero anche restituiti i cadaveri degli ostaggi morti nel frattempo. “I civili palestinesi torneranno nelle loro case in tutte le aree di Gaza, compreso il nord, e gli aiuti umanitari aumenteranno con 600 camion al giorno”, ha detto Biden. E poi si passerà alla fase due “che è la cessazione permanente delle ostilità” e il rilascio di tutti gli ostaggi rimanenti.(Riccardo Antoniucci, Il Fatto Quotidiano)
Israele, offerta di tregua in tre fasi. Biden: basta guerra, Hamas accetti. Ritiro delle truppe, ostaggi liberi e ricostruzione. Dal gruppo palestinese valutazioni positive. (Davide Frattini, Corriere della Sera)
«Un sacrilegio l’attacco a chiesa di Jenin». Monsignor William Shomali, vicario generale del Patriarcato latino di Gerusalemme, accompagnato da monsignor Bolous-Marcuzzo, vescovo emerito, e da una delegazione dello stesso Patriarcato, nei giorni scorsi «ha visitato il monastero latino di Jenin e ha verificato lo stato dell’edificio ecclesiastico, dopo l’irruzione dell’esercito israeliano all’alba di domenica scorsa». Secondo quanto raccontato da padre Labib Daibes, parroco di Jenin, «è stata forzata la porta esterna, utilizzata per salire in chiesa, dove si sono verificati atti di vandalismo sui simboli della chiesa, oltre a provocare alcuni danni al muro, lasciando dietro di sé alcuni proiettili vuoti». Padre Daibes ha sottolineato che i ripetuti attacchi a Jenin causano molteplici perdite di vite umane tra i residenti e distruggono le infrastrutture della città. (Il Sole 24 ore)
Trump all’attacco «È uno Stato fascista» E prepara il ricorso. L’ex presidente condannato accusa tutti i rivali nell’atrio del suo grattacielo. (Viviana Mazza, Corriere della Sera)
L’ira di Trump: “Uno Stato fascista” Per Biden minaccia la democrazia. L’ex presidente: “Contro di me un processo truccato, potrebbero farlo anche a voi. Ma il vero giudizio sarà il 5 novembre” Il capo della Casa Bianca: “Nessuno al di sopra della legge”. L’11 luglio la sentenza e poi la Convention repubblicana. (Paolo Mastrolilli, Repubblica)
Massimo Gaggi sul Repubblica: L’America in cerca di se stessa. Dopo la condanna di Trump cresce lo scontro. E a novembre si vota. La competizione elettorale si deciderà su poche centinaia di migliaia di voti in 6-7 Stati «in bilico».
«Questo signore è pericoloso, qualcuno lo fermi». E ancora: «O ritratta o chiede scusa o si dimette», «Ci vadano Macron e Stoltenberg a morire in Russia». Queste frasi sono state pronunciate ripetutamente fino a due giorni fa da Matteo Salvini, vicepremier di un Paese membro della Nato, che ha la presidenza di turno del G7, contro il segretario generale dell’Alleanza Atlantica, dopo il suo invito a far cadere il divieto di usare le armi occidentali fornite all’Ucraina per colpire obiettivi militari in Russia. Era logico immaginare che prima o poi Jens Stoltenberg ne avrebbe chiesto conto al governo italiano. (Ilario Lombardo, La Stampa)
«Kiev deve potersi difendere, usi le armi in modo responsabile». Washington e Berlino tolgono le restrizioni sui raid in Russia. Nuovi missili su Kharkiv. L’esercito ucraino punta a interrompere la logistica dell’Armata in Crimea. (Francesca Basso, Corriere della Sera)
L’Italia è disallineata rispetto ai Paesi Nato «Un permesso palese non sarebbe efficace». La delegazione si è divisa all’assemblea dell’Alleanza. «L’applicazione dell’articolo 11 della nostra Costituzione ci impone dei caveat». (Francesco Verderami, Corriere della Sera)
Nato, Italia isolata. Ora con i missili lanciati dal territorio ucraino, presto anche con gli F-16 forniti dagli alleati europei che saranno liberi di volare nello spazio aereo russo. La nuova fase del sostegno militare della Nato a Kiev si sta ormai definendo con chiarezza, dopo che anche Germania e Stati Uniti – i due principali fornitori di armi – hanno dato il via libera agli attacchi, seppur mirati, oltre il confine con la Russia. Un cambio di posizione che vede l’Italia sempre più isolata nel campo dei contrari: anche ieri, al termine del vertice dei ministri degli Esteri Nato a Praga, Antonio Tajani ha ribadito che le armi italiane non potranno essere utilizzate per colpire in Russia perché «ce lo impedisce la Costituzione».
L’Italia, come ha confermato il ministro Antonio Tajani, sta valutando l’invio di ulteriori sistemi di difesa aerea Samp-T (sin qui negato per via della scarsa disponibilità), ma non ha alcuna intenzione di rimuovere le restrizioni sul loro utilizzo. «Ce lo impedisce l’articolo 11 della nostra Costituzione – ha ribadito il titolare della Farnesina -, noi non siamo in guerra con la Russia. Ma all’interno della Nato non c’è alcuna divergenza, semplicemente ogni Paese decide in base alle proprie convinzioni e alle proprie leggi». A fianco dell’Italia, tra i pochi contrari, c’è anche l’Ungheria di Viktor Orban: «Ci stanno trascinando in guerra come fece Hitler, che mise il nostro Paese sotto pressione affinché mandasse più soldati al fronte il più rapidamente possibile e deportasse più ebrei». Anche il Belgio, annunciando l’imminente consegna degli F-16, ha specificato che i caccia non potranno sorvolare sullo spazio aereo russo né colpire gli obiettivi necessari. Ma gli altri Paesi della “Coalizione F-16” sembrano invece intenzionati a dare questa possibilità, come i Paesi Bassi, la Danimarca e la Norvegia. (Marco Bresolin, La Stampa)
Armi all’Ucraina, dopo gli Usa pure Berlino: “Si può attaccare in Russia”. Il fronte dei falchi è sì maggioritario, all’interno della Nato, ma alleati importanti – come l’Italia – vogliono procedere con cautela. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha spiegato per filo e per segno che la Costituzione vieta all’Italia knife attackdi autorizzare l’uso delle sue armi per colpire la Russia ma, allo stesso tempo, ha aperto alla possibilità d’inviare “altri sistemi di difesa missilistica Samp-T.” “Noi siamo comunque dalla parte dell’Ucraina, vogliamo che sia in grado di difendersi e di bloccare l’avanzata russa perché soltanto così ci si potrà sedere al tavolo della pace”, ha spiegato. Mentre la Turchia si oppone tout court al coinvolgimento della Nato in guerra. Le tensioni tra la Russia e l’Occidente stanno crescendo “secondo il peggiore scenario possibile”, ha avvertito Medvedev, attuale vice segretario del Consiglio di Sicurezza nazionale. Per questo motivo sul possibile uso di testate atomiche tattiche, di cui in questi giorni i russi stanno testando la preparazione nell’ambito di un’esercitazione, non devono ripetere lo stesso sbaglio fatto quando hanno pensato che Mosca “non sarebbe entrata in un conflitto militare aperto con il regime di Bandera”. Vale a dire con il governo di Kiev. E oggi “nessuno può escludere la possibilità che il conflitto scivoli verso lo stadio finale”, ha concluso l’ex presidente, che più volte in passato ha evocato lo spettro di una guerra nucleare, o “un Armageddon”, come lui stesso si è espresso. (Il Fatto Quotidiano)
«Vita o morte» Putin alle strette userà il nucleare. L’ultima dichiarazione di Vladimir Putin sul possibile impiego di ordigni nucleari risale allo scorso marzo. E letta così non fa neanche impressione. Una nazione dotata di seimila testate deve necessariamente esser pronta ad impiegarle. Ma la frase si fa più inquietante se affiancata a quella con cui Putin ricorda che «l’Ucraina è per noi questione di vita o morte». Le due esternazioni diventano ancor più preoccupanti alla luce della «dottrina nucleare» russa varata nel 2010 e aggiornata nel 2020. La versione del 2010 autorizza l’uso di armi nucleari «anche in caso di aggressione con armi convenzionali quando l’esistenza dello stato sia minacciata». Uno scenario reso più chiaro da 29 documenti segreti trapelati di recente, ma elaborati tra il 2008 e il 2015. Stando a quei carteggi la risposta nucleare si fa inevitabile a fronte di «perdite che non consentono di arrestare una aggressione» e determinano «una situazione critica per la sicurezza della Russia». (Gian Micalessin, Il Giornale)
Biden prova a ricucire le tensioni con Zelensky. Non andrà a Lucerna, ma ci sarà un patto al G7. Solo a tarda sera è arrivato il ringraziamento del leader ucraino. «Tra l’Ucraina e l’Alleanza ormai c’è un ponte solido e ben illuminato». (Giuseppe Sarcina, Corriere della Sera)
«Non siamo condannati alla stagnazione». Il Governatore: prudenza fiscale e crescita. Panetta, Bankitalia: un piano credibile sul debito, meno spese. Servono più migranti regolari. Salari fermi al 2000, ma il sistema bancario è “solido”: «Non si deve abbassare la guardia». (Enrico Marro, Corriere della Sera)
Giorgetti: noi attenti ai conti. Il Pd: programma da applicare. Le diverse letture di governo e opposizione. Orsini: «Messi al centro industria, aumento degli investimenti e capitale umano». (Claudia Voltattorni, Corriere della Sera)
Panetta avverte il governo. “Il debito è una zavorra. I migranti servono al Paese”. L’economia italiana però soffre sempre degli stessi problemi «gravi, alcuni radicati e di difficile soluzione». Lo testimoniano i redditi delle famiglie fermi da più di vent’anni, mezzo milione di giovani emigrati dal 2008, solo una donna su due al lavoro, una crescita al Sud ancora troppo bassa. Da qui al 2040 «il numero di persone in età lavorativa diminuirà di 5,4 milioni», nonostante l’afflusso netto dall’estero di 170 mila all’anno. Un problema enorme, che se non affrontato costerà il 13 per cento in meno di ricchezza prodotta. Panetta cita uno degli aspetti più preoccupanti del fenomeno, mai in cima ai pensieri della politica condizionata dal consenso dell’opinione pubblica che invecchia. Come uscirne? Un aiuto arriva dal Recovery Plan che «dedica risorse rilevanti ai servizi per l’infanzia». Ma Panetta cita anche «una diversa organizzazione del lavoro in presenza e a distanza», o «una revisione del sistema di detrazioni e trasferimenti che riduca i disincentivi al lavoro». Per evitare le conseguenze sulla crescita – e dunque sulla tenuta dello stato sociale – come conseguenza del calo demografico è urgente aumentare in modo «deciso» i tassi di occupazione. Di qui la necessità di «un flusso di immigrati regolari superiore a quello ipotizzato dall’Istat»: 170 mila l’anno. (Alessandro Barbera, La Stampa)
Secondo Bankitalia i lavoratori stranieri sono la soluzione per sostenere il Pil. La Banca d’Italia insiste sulla necessità di avere un flusso maggiore di immigrati regolari per sostenere l’occupazione e torna a tirare per la giacca Christine Lagarde sul taglio dei tassi di interesse. Certifica che tra il 2019 e il 2023 il Pil italiano è cresciuto del 3,5%, più che doppiando il +1,5% della Francia e quintuplicando il +0,7% della Germania. Ma serve un piano credibile per ridurre il «fardello» del debito. Nelle sue prime considerazioni finali da governatore di Bankitalia, che guida da novembre scorso, Fabio Panetta ha toccato più punti caldi. A cominciare da quello dell’Italia senza figli con il rischio da qui a 20 anni di vedere il Paese uscire dal G7. Decisi aumenti dei tassi di occupazione «potrebbero arrivare a controbilanciare gli effetti del calo demografico e mantenere invariato il numero degli occupati. È inoltre possibile che un sostegno all’occupazione derivi da un flusso di immigrati regolari superiore a quello ipotizzato dall’Istat. Occorrerà gestirlo, in coordinamento con gli altri Paesi europei e rafforzando le misure di integrazione», ha detto ieri. C’è poi il tema giovani: «Molti hanno cercato migliori prospettive di lavoro all’estero», 525.000 tra il 2008 e il 2022, e «l’esodo indebolisce la dotazione di capitale umano del nostro Paese». (Camilla Conti, La Verità)
Giovani in fuga e immigrati che nessuno fa arrivare: l’Italia nella trappola dell’inverno demografico. La denuncia del governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta e i dati preoccupanti del rapporto del Centro Einaudi: il “vero” numero dei giovani andati a lavorare all’estero in dieci anni è di 1,3 milioni. (Rosaria Amato, Repubblica)
Gli altri temi del giorno
Meloni: al governo darei 7 e mezzo. E prepara il viaggio in Albania.
«La fiamma? In continuità con Msi e An». Oggi chiude la campagna in piazza del Popolo. (Paola Di Caro, Corriere della Sera)
Meloni, l’attacco a Zuppi per indebolire la Cei nella partita delle riforme. La premier si scaglia contro il capo dei vescovi critico su premierato e autonomia e spera in un intervento della Santa Sede. (Tommaso Ciriaco, La Repubblica)
Lo sconcerto dei vescovi per gli attacchi della premier. Ed è gelo sull’otto per mille. «È inedito l’attacco di un premier così a muso duro nei confronti dei vescovi. Normalmente gli attriti vengono risolti attraverso emissari e diplomazie, non con un affondo smisurato, e argomentazioni provocatorie». L’alto prelato che parla in forma riservata con La Stampa lo ritiene «un errore anche strategico: Giorgia Meloni avrebbe potuto considerare i discorsi della Chiesa come pii auspici, e rispondere “grazie per l’alto pensiero, faremo il possibile”. Invece ha avuto l’atteggiamento del “o con me o contro di me”». Peraltro, va rilevato che «lo sfondo di questo nervosismo sono le tensioni sull’8 per mille». Il Presidente del Consiglio, ospite della puntata di Dritto e rovescio l’atro ieri su Rete4, ha lanciato una stoccata sorprendente: «Non so cosa esattamente preoccupi la Conferenza episcopale, visto che la riforma del premierato non interviene nei rapporti tra Stato e Chiesa. Ma, con tutto il rispetto, non mi sembra che lo Stato Vaticano sia una repubblica parlamentare, quindi nessuno ha mai detto che si preoccupava per questo. E quindi facciamo che nessuno si preoccupa». (Domenico Agasso, La Stampa)
Hanno tutti ragione. Chiacchiericcio e distintivo, quelli che il Papa è infallibile solo quando sente abbaiare al confine russo. I laici che si servono in libertà al menu papale: se Bergoglio parla di donne e gay è Medioevo, se parla di Ucraina è comandamento. (Stefano Cappellini, Repubblica)
«Str…, sfaccendato, uomo di Neanderthal». L’insultificio di De Luca. La fabbrica di offese bipartisan del governatore. Non risparmia il Pd da quando disse a Bersani: ma lo vuoi buttare ’sto sigaro?. (Tommaso Labate, Corriere della Sera)
«Vorrei la maggioranza Mario. Io punto ad andare in Europa anche per rimettermi in gioco». Renzi: Draghi fine politico, non tecnico, ma non va tirato per la giacchetta. Calenda ha scelto di non stare nel progetto lanciato da Bonino, siamo amareggiati che sprechi un po’ di voti europeisti. Sono favorevole all’elezione diretta del premier, ma la riforma Casellati ha un testo imbarazzante, è uno «schifezzellum». (E. Bu., Corriere della Sera)
Massimo Franco sul Corriere: L’inseguimento tra Fdi e Lega farà i conti con il risultato. Meloni esclude accordi con la sinistra europea per non lasciare spazio a Salvini. Ma resta la frattura sulla politica estera.
«Così le toghe verranno spezzate. E indebolite». Davigo: la riforma? Catena di errori. La miglior garanzia per i cittadini è un pm che ragioni come il giudice. (Virginia Piccolillo, Corriere della Sera)
Aborto, welfare e pensioni sotto l’assedio della destra. Così una donna premier mina i diritti delle donne. Dossier sullo stato della democrazia in Italia. Meloni ha tagliato su tutto. Ma il vero attacco anti democratico sono i pro vita ammessi nei consultori. La differenza tra Giorgia e il suo amico Orbán è che l’Ungheria ha investito sulle politiche per la famiglia. (Valentina Conte e Maria Novella De Luca, Repubblica)
ST, fabbrica di chip a Catania. Investimento da 5 miliardi. Meloni: risultato straordinario. La produzione di carburo di silicio. (Salvo Fallica, Corriere della Sera)
Arriva la social card del governo Meloni, spot elettorale a 48 ore dalle urne. Ma si potrà spendere da settembre. Il ministro Lollobrigida pronto a lanciare la seconda edizione della prepagata per i poveri il 6 giugno. Tensione con gli esercenti che non vogliono applicare lo sconto del 15%. (Valentina Conte, Repubblica)
Padoan: “Superiamo sovranismo, riforme non sono rinviabili”. Il presidente di Unicredit ed ex ministro dell’Economia: “La caparbietà delle nostre imprese e il risparmio degli italiani ci sostengono agli occhi dei mercati internazionali”. (Eugenio Occorsio, Repubblica)
Il made in Italy? Cresce grazie alla manifattura «L’estero vale 500 miliardi». Rapporto Einaudi-Intesa. Deaglio: il modello italiano. (Paola Pica, Corriere della Sera)
«Con l’AI avremo polizze su misura e rimborsi veloci». Poggi (Deloitte): più efficienza con l’uso dei dati. (Emily Capozucca, Corriere della Sera)
Tod’s raddoppia la fabbrica nata dopo il terremoto. Arquata del Tronto conferisce la cittadinanza onoraria ai fratelli Della Valle. L’impianto cresce e a regime darà lavoro a 200 addetti. (Sara Bennewitz, Repubblica)
Da Elkann a Benetton: grandi famiglie, grandi disastri. I grandi capitalisti italiani cadono sempre in piedi, anche quando combinano disastri. Un caso emblematico è l’impero degli eredi Agnelli, guidato da John Elkann, il nipote di Gianni Agnelli. Nel febbraio 2014, poco dopo la nascita di Fca, John Elkann ha detto: “Sono contento perché Fiat è ancora più italiana”. Italiana con sede legale in Olanda. Nel 2021 c’è la fusione con la francese Psa, che ha spostato il baricentro dell’ex Fiat in Francia, sotto la guida di Carlos Tavares, già ad di Psa, detto “lo Squalo”. La società nata dalla fusione, Stellantis, ha brillanti risultati economici, 18,6 miliardi l’utile netto nel 2023, ma i risultati industriali sono deludenti. “Vogliamo portare la produzione a un milione di veicoli in Italia entro il 2030”, ha detto Tavares il 15 febbraio. La realtà è distante da queste cifre, come ha sottolineato Il Sole 24 Ore il 16 maggio, con questo titolo: “Stellantis, lento addio all’Italia. Il milione di auto è un miraggio”. La produzione in Italia l’anno scorso si è fermata a 521.842 automobili e ha raggiunto i 752.122 veicoli solo aggiungendo i veicoli commerciali. (Giulia Da Silva, Il Fatto Quotidiano)
Città del Messico. L’ora della sindaca ambientalista «Sarò la prima Presidenta». La grande favorita vuole convincere il popolo che però le preferisce il capo di Stato López Obrador. Ora dovrà misurarsi con le sue (costose) politiche. (Sara Gandolfi, Corriere della Sera)
Arrestata la mamma di Saman Scappò dopo l’omicidio della figlia. Era in un villaggio in Pakistan. Condannata all’ergastolo, sarà in Italia fra sei mesi. (Marco Madonia, Corriere della Sera)
Giada e i filmati intimi con il compagno «Temeva il ricatto di lui». Padova, l’ipotesi: stordita o uccisa prima del lancio dal cavalcavia. (Alfio Sciacca, Corriere della Sera)
Il Corriere intervista Antonello Venditti: «Dopo la separazione volevo suicidarmi. Il mio amico Lucio Dalla mi ha salvato la vita. Potevo essere un terrorista, ma mio padre mi svelò l’inganno dietro il Sessantotto».
Gli Anniversari
987, Ugo Capeto re di Francia
1495, il frate John Cor registra lo scotch whisky
1533, fondata Cartagena in Colombia
1307, eresia: condannato Dolcino da Novara
1533, Anna Bolena regina d’Inghilterra
1831, scoperta la posizione del Polo Nord magnetico
1869, Edison brevetta la macchina elettiva elettrica
1910, Polo Sud: al via la spedizione di Robert Scott
1938, Himmler deporta rom prostitute e vagabondi
1942, prime informazioni sui campi di concentramento
1958, De Gaulle primo ministro in Francia
1959, la Tunisia diventa repubblica
1959, il Nicaragua si ribella al presidente Somoza
1962, i curdi all’Onu reclamano l’indipendenza
1965, incidente in miniera in Giappone: 237 morti
1970, muore a Milano Giuseppe Ungaretti
1972, nazionalizzata la Iraq Petroleum Company
1973, proclamata la Repubblica di Grecia
1978, Lockheed: escono di galera i fratelli Lefevbre
1980, anche in Italia il telefilm Love Boat
1980, Cnn: ad Atlanta la prima tv 24 ore su 24
1984, al cinema C’era una volta in America
1988, Reagan e Gorbaciov contro i missili a media gittata
1990, Usa e Urss sulla riduzione delle armi nucleari
1998, fondata la Banca centrale europea
1999, omicidio Marta Russo: condannati Scattone e Ferraro
2000, muore a Firenze Paolo Barile
2001, kamikaze a Tel Aviv: 21 morti
2001, Nepal: il principe ereditario stermina la famiglia e si suicida
2002, Cossiga vuole dimettersi da senatore a vita
2005, gli olandesi bocciano la Costituzione europea
2008, casalesi: ucciso l’imprenditore Michele Orsi
2008, muore a Parigi Yves Saint Laurent
2009, Airbus di Air France scompare in mare: 228 dispersi
2009, la General Motors avvia la procedura di fallimento
Nati oggi
1926, Marilyn Monroe
1935, Norman Foster
1937, Morgan Freema
1943, Orietta Berti e Gustavo Zagrebelsky
1950, Stefano Lepri
1951, Giuseppe Bruscolotti
1952, Massimo Cialente
1955, Anna La Rosa
1956, Giampiero Catone
1973, Heidi Klum
1992, Gianmarco Tamberi
1996, Tom Holland
Si festeggia San Giustino
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