L’Artico al tempo di Trump

Questa volta, diversamente da quanto accaduto durante la prima presidenza Trump, il dibattito sulla Groenlandia (più di quello sul Canada) non sembra destinato a risolversi facilmente.

di Francesco M. Talò*

Trump inizia all’insegna del grande gioco globale. Questo può sembrare paradossale per un Presidente eletto sull’onda di sentimenti isolazionisti da un popolo stanco di impegni internazionali su più fronti. Tuttavia, Trump ha presenti temi caldi per fronti freddi, come quelli dell’Artico, con le sue mire relative a Canada e Groenlandia.

I nostri occhi rimangono puntati a teatri vicini, la guerra in Ucraina e i conflitti in Medio Oriente. Ma la vera sfida è con la Cina, dalla competizione geopolitica (Stretto di Taiwan, Mare della Cina Meridionale ed oltre) a quella economica (Intelligenza Artificiale, semiconduttori ed altro) ed essa si gioca anche nel grande Nord con le sue risorse, energia e materie prime necessarie, tra l’altro, per produrre semiconduttori e per i data center estremamente energivori che addestrano ed eseguono modelli di intelligenza artificiale. Pechino punta superare gli Stati Uniti quale prima potenza globale. Questo riguarda l’industria americana ma anche noi: l’Occidente perderebbe il ruolo guida di cui gode da cinque secoli. Il primato è da sempre legato alla capacità di innovare, l’anno cinese del serpente che si sta aprendo per definizione è legato al concetto di cambiamento e la Cina è pronta. Ma il cambiamento ha bisogno di fonti energetiche e materie prime critiche. Dove trovarle?

Il cambiamento climatico favorisce lo sfruttamento delle risorse naturali nell’Artico e l’apertura di nuove rotte. La dimensione artica e quella subacquea offrono opportunità comuni. I fondali sottomarini sono per l’80% inesplorati, conosciamo meglio la superficie di Marte! Nella sfida delle attività subacquee l’Italia con la sua Marina e le sue industrie sta assumendo un ruolo di protagonista. D’altra parte, opportunità di nuove enormi scoperte riguardano soprattutto la regione polare e i territori artici, a partire dalla Groenlandia. In quell’enorme territorio c’è uno straordinario potenziale di terre rare (che sarà fondamentale sottrarre al netto dominio detenuto dalla Cina), oltre che di uranio e risorse energetiche.

C’è poi l’aspetto geopolitico. Esistono oggi due principali rotte di collegamento tra i più importanti bacini marittimi del mondo, l’Indo-Pacifico e l’Atlantico: la prima ha come anello di congiunzione il Mediterraneo (ecco perché questi ragionamenti sono cruciali per l’Italia), la seconda è quella del Canale di Panama (ecco perché Trump ne rivuole il controllo). Ci sarebbero poi due rotte meridionali molto più lunghe e sconvenienti per i traffici commerciali globali, come quella per il Capo di Buona Speranza a Sud dell’Africa e l’avventuroso passaggio di Capo Horn a Sud delle Americhe. Ma il cambiamento climatico apre nuove prospettive a Nord, opportunità e minacce in materia economica e di sicurezza.

il 90% dei commerci internazionali si svolge sulle navi. Con lo scioglimento dei ghiacci si potrebbero aprire il passaggio a Nord-Ovest (a nord del Canada) e, soprattutto, quello a Nord-Est (a nord della Russia). Quest’ultima rotta appare più facilmente percorribile e, oltretutto, rappresenta una minaccia perché controllata dalla Russia, che, nella posizione di debolezza causata dalla guerra in Ucraina, potrebbe cedere diritti di passaggio e sosta alla Cina. La rotta di Nord-Est è importante sotto il profilo della sicurezza perché apre l’accesso all’Atlantico del Nord, cioè allo snodo fondamentale per i rifornimenti strategici della nostra Alleanza, attraverso il passaggio GIUK (Groenlandia – Islanda – Regno Unito).

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C’è poi l’aspetto economico: Pechino col passaggio a Nord-Est realizzerebbe la “via della seta polare”, accorciando di circa un terzo i tempi di trasporto tra i centri di produzione cinesi e l’Europa. Inoltre gli attacchi degli Houthi hanno determinato un grave danno ai paesi del Mediterraneo (si stima che il traffico a Suez si calato circa del 50% nei primi dieci mesi del 2024) ed è significativo che in tale contesto il “consiglio ai naviganti” del Ministero degli Esteri russo sia stato quello di considerare la rotta artica. Essa non è ancora percorribile in inverno, ma il suo sviluppo avrebbe conseguenze storiche per il Mediterraneo, che perderebbe il ruolo primario di mare di mezzo tra Atlantico e Indo-Pacifico. È quindi importante per noi consolidare le rotte e opportunità che adesso si offrono al Mediterraneo, quale mare di mezzo tra i grandi oceani, ed allo stesso tempo posizionarci laddove si svolgeranno i giochi in futuro: occorre da subito rafforzare una visione Indo-Mediterranea e far crescere le nostre capacità nella dimensione artica.

Diversamente da quanto è accaduto con la prima presidenza Trump, il dibattito sulla Groenlandia (più di quello sul Canada) appare quindi destinato a proseguire. Un territorio che geograficamente fa parte del continente americano ed è vasto sette volte l’Italia, ma con una popolazione di una città minore (meno di 60.000 abitanti), è amministrato dalla piccola Danimarca solo per quanto riguarda difesa e politica estera e non è parte dell’Unione Europea. La situazione è particolare e spinge Trump a tentare “l’affare del secolo” assimilabile solo all’acquisto dell’Alaska da parte degli USA stipulato nel 1867 con la Russia, ma ancora più importante. Se l’affare andasse in porto, ma finora non sembrano d’accordo i diretti interessati, cioè danesi e groenlandesi (che appaiono piuttosto desiderosi di acquisire la piena indipendenza), si tratterebbe del più ampio trasferimento pacifico di territorio da uno Stato all’altro da secoli. C’è anche un precedente da segnalare: quelle che adesso sono chiamate le Isole Vergini Americane. Nel 1917 furono acquistate dagli Stati Uniti per un valore oggi stimabile a meno di 700 milioni di dollari. Si tratta di un piccolo territorio, ma è interessante che a vendere fu proprio la Danimarca e che l’acquisto fu motivato dalla minaccia costituita dalla potenza sfidante dell’epoca, la Germania, nei confronti di isole strategiche per la vicinanza al Canale di Panama

Tuttavia, la forza dell’America si basa sulla capacità di costruire e coltivare le alleanze. La Danimarca, come il Canada, è parte della nostra comunità euro-atlantica e non dobbiamo fare il gioco dei nostri concorrenti. Mentre Trump entra alla Casa Bianca dobbiamo ricordarci, in Europa ed in America, che rischiamo molto se perdiamo l’unità transatlantica. La dimensione artica è cruciale per la nostra sicurezza ed il futuro delle nostre economie, ma non deve essere un tema divisivo nell’Occidente. Sarà piuttosto importante rafforzare le nostre capacità di affrontare le sfide della sicurezza in un ambiente naturale difficile, questo riguarda il settore minerario (che è da ricostruire anche per riprendere lo sfruttamento delle risorse nazionali), quello energetico, l’industria della difesa, la cantieristica (servono navi rompighiaccio) e le Forze Armate (i nostri Alpini sanno come operare nel gelo, la nostra Marina svolge campagne nelle acque dell’Artico anche con nave Alliance al servizio della NATO, i nostri F-35 sono stati in Islanda).

Sfide apparentemente lontane ci riguardano da vicino. Nessun luogo è lontano.

*Courtesy Ispionline

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