L’espansione dell’intelligenza artificiale ha un impatto sempre più significativo sulle risorse idriche globali. I data center delle big tech consumano miliardi di litri d’acqua per il raffreddamento dei server, con un fabbisogno destinato a crescere esponenzialmente nei prossimi anni
L’ intelligenza artificiale (IA) non consuma solo energia, ma anche enormi quantità di acqua potabile, paragonabili al consumo annuo di intere nazioni. Uno studio condotto dalle Università di Arlington in Texas e Riverside in California evidenzia che l’impiego di risorse idriche nei data center è destinato ad aumentare ulteriormente nei prossimi anni.
L’enorme sete dei data center
Le grandi aziende tecnologiche che sviluppano l’IA gestiscono immensi data center, strutture che ospitano migliaia di server dedicati all’addestramento degli algoritmi. Questi sistemi elaborano enormi volumi di informazioni, simulando processi cognitivi umani. Tuttavia, per mantenere operativi questi impianti, sono necessarie ingenti quantità di energia elettrica e acqua.
Negli Stati Uniti, gran parte dell’energia viene generata tramite sistemi idroelettrici, che sfruttano l’acqua per far funzionare le turbine. Ma il consumo idrico non si ferma qui: i data center necessitano di ambienti controllati con temperature stabili, spesso inferiori ai 45 gradi, per evitare il surriscaldamento dei componenti hardware. Per farlo, vengono adottati avanzati sistemi di raffreddamento a doppio circuito, molto simili a quelli utilizzati nelle centrali nucleari, che richiedono l’impiego continuo di ingenti volumi d’acqua.
700.000 litri per un solo modello di IA
Secondo la ricerca americana, OpenAI ha utilizzato ben 700.000 litri di acqua dolce solo per l’addestramento del modello GPT-3, rilasciato nel 2020 e ormai superato dalle nuove generazioni di IA. L’espansione dell’intelligenza artificiale ha portato a un’escalation dei consumi: nel 2023, Google ha superato persino una delle più grandi aziende produttrici di bevande, la Pepsi, in termini di acqua utilizzata.
I dati parlano chiaro: i data center di Google, responsabili dell’IA Gemini, hanno assorbito 29 miliardi di litri d’acqua, di cui 23 miliardi destinati esclusivamente al raffreddamento. L’incremento annuo dei consumi è significativo: tra il 2021 e il 2022, l’uso idrico di Google è aumentato del 20%, seguito da un ulteriore +17% nel 2023. Anche Microsoft ha registrato una crescita del 34% prima e del 22% successivamente.
Un futuro sempre più assetato
Le previsioni per il futuro sono allarmanti. Gli esperti stimano che, entro il 2027, i giganti dell’IA consumeranno da quattro a sei volte il volume d’acqua utilizzato annualmente dalla Danimarca. Questo corrisponde a un minimo di 4,2 miliardi di metri cubi d’acqua, con un picco potenziale di 6 miliardi. Entro il 2028, il solo fabbisogno idrico dei data center statunitensi potrebbe raddoppiare rispetto ai livelli attuali, aggravando ulteriormente la crisi delle risorse idriche globali, già colpite dai cambiamenti climatici e dalla siccità in molte aree del mondo.
La sottovalutazione del problema e le possibili soluzioni
Mentre il dibattito sull’impatto energetico dell’intelligenza artificiale è ampiamente discusso, la questione del consumo idrico rimane in gran parte ignorata. I ricercatori invitano le aziende tecnologiche a una maggiore trasparenza sui loro consumi e a sviluppare strategie più sostenibili.
Una possibile soluzione è l’ubicazione dei data center in aree in cui le risorse rinnovabili possono essere sfruttate al massimo, come nel caso dell’impianto di Google ad Hamina, in Finlandia. Questo centro utilizza l’acqua del Mar Baltico per il raffreddamento, riducendo il prelievo di risorse dolci. Tuttavia, molti data center vengono costruiti in zone assolate, dove l’energia solare può alimentare i sistemi, ma dove il calore estremo aumenta il bisogno di raffreddamento e, di conseguenza, il consumo idrico.
Le grandi aziende come Google, Microsoft e Amazon hanno annunciato piani per diventare “water positive” entro il 2030, ovvero restituire all’ambiente più acqua di quella utilizzata, attraverso tecniche come la desalinizzazione. Tuttavia, senza una reale strategia ambientale e regolamenti più stringenti, il rischio di un impatto insostenibile sulle riserve idriche del pianeta rimane elevato.
(Associated Medias) – Tutti i diritti sono riservati