Libri: Invecchiare con ironia, da Socrate e Severgnini una lezione filosofica

Il giornalista del Corriere della Sera affronta l’ultimo dei tabù. A chi vi invita, subdolamente, a mentire con l’età, a nasconderla, rifiutarla o rimuoverla, rispondete come una quindicenne interrogata dalla mamma in ansia, come tutte le mamme di adolescenti. <Ma tu sei felice di avere 15 anni?>. <Ah ma’, perché c’ho un’alternativa?>

di Maria Lombardi

Gli anni sono quelli, inutile barare. Possiamo addolcirli con le creme (rigorosamente anti-aging, come tutto ormai), tonificarli in palestra, ingannarli con il botox. Ma quelli restano, impietosi. Però possiamo provare a farci pace, o almeno a guardarli con un pizzico di simpatia in più.  La cura che vi proponiamo non prevede pesi, chirurgo estetico, digiuno o integratori. Non costa niente, è una cura filosofica. E non c’è nemmeno da studiare. Basta leggere qualche riga (anche solo arrivare alla fine di questo articolo) abbandonarsi alle parole, lasciare che facciano il loro lavoro e sorriderne.

Cominciamo con Edoardo De Filippo. <Ringiovanire vuol dire eliminare. Eliminare sempre di più certe cose inutili che facciamo da giovani e che ci danno l’impossibilità di essere liberi. Eliminando tutto questo si ottiene una libertà giovanile>. Libertà e generosità, donare più di quanto si chiede, <questa è la gioventù della vecchiaia>, diceva il grande attore e regista.

<Restituire è un verbo gratificante>, a una certa età (e per certa si intende sempre quella più in là) riflette il giornalista e scrittore Beppe Severgnini nel suo ultimo libro dedicato al passare del tempo “Socrate, Agata e il futuro. L’arte di invecchiare con filosofia” (Rizzoli, 231 pagine, 17,50 euro, tra i più venduti delle ultime settimane). <Incoraggiare e suggerire sono attività nobili>, da un certo momento in poi. Anche perché, <c’è qualcosa di più assurdo che caricarsi di provviste quando resta meno strada da fare?>, come si chiedeva Cicerone nel “De senectute”. Ma pochi ce l’hanno chiaro, scrive Severgnini nel suo saggio profondo e leggero, e continuano a caricarsi di cose e titoli, e correre come criceti, senza <ragionare sui cambiamenti, prendere il buono, respingere il cattivo, accettare l’inevitabile>.

Il risultato, tante volte, è la <parodia di un’età che non c’è più>. Il rischio, diventare una caricatura di sé stessi. Spianare la fronte fino a diventare meno espressivi di un marmo,  mortificarsi con i pesi inseguendo la tartaruga che non si aveva nemmeno a 20 anni, con il risultato che i muscoli continuano a dormire e si risveglia solo il mal di schiena, immolarsi sui tacchi 12 senza riuscire a muovere più di tre passi, vestirsi come quando si avevano 30 anni e 20 centimetri (di girovita) in meno.

Consultate Socrate, prima di diventare imbarazzanti. Non i dialoghi di Platone, niente di così impegnativo. Severgnini interroga il busto del filosofo greco acquistato ad Atene che la nipotina Agata, 2 anni, ha decorato con un palloncino azzurro in testa. Quella testa marmorea resa buffa dal palloncino, che lui tiene su una mensola in cucina, invita lo scrittore ad accettare il disordine che la bambina ha portato nella sua vita, e a giocare. Socrate mascherato da Puffo ricorda a Severgnini di <allenare l’ironia, antiruggine dell’anima>. Primo segreto per indossare gli anni <con eleganza>. L’ironia, <la sorella laica della misericordia. Viene metà dalla testa e metà dal cuore>. La testa capisce quando qualcosa tradisce le nostre aspettative, <il cuore si gode lo spettacolo>. L’ironia è <un’arte sofisticata>, un’attitudine che poi diventa un atteggiamento e bene si concilia con l’età che avanza. <Una disposizione dello spirito>, a qualcuno viene naturale, altri nemmeno la capiscono. Comunque sia,  l’opposto della mediocrità. La notizia buona è che l’ironia si può rinforzare, con studio, allenamento e amici scelti bene.

Ma da sola non basta. <Alla nostra età – scrive ancora Severgnini – serve comprendere il potere della gentilezza, imparare dagli insuccessi, allenare la pazienza>. E ancora: altruismo, come dicevamo, e fantasia. <Sono l’egoismo e la presunzione, non gli anni, che ci fanno invecchiare>.

Eppure, ancora troppo spesso, siamo concentrati sul curriculum piuttosto che sulla reputazione. Ma è proprio per questa ultima che saremo ricordati. <Cosa diranno di noi, dipende da noi>, conclude Severgnini. <Da ciò che facciamo nella terza parte della vita, quando egoismi e leggerezze vengono perdonati con difficoltà>. Dall’impronta che lasciamo, dalla luce che emaniamo. E qui serve uno slancio di generosità, <quella che porta a pensare: negli anni buoni che mi restano voglio lasciare una traccia per chi viene dopo di me. Aver avuto successo da giovani non aiuta ad essere felici da vecchi>. Il rischio è quello che gli scienziati sociali chiamano <il tapis roulant edonico>, ricorda lo scrittore.  Correre, correre senza alzare mai lo sguardo dai propri piedi.

E sembra facile prenderla con filosofia o con ironia, diranno i più, quando tutto intorno a noi condanna l’invecchiare e quello che si è diventati (pancetta, rughe, capelli bianchi, male alle ginocchia e alla schiena, eccetera) semplicemente vivendo. Come se fosse una colpa, vivere. Ageismo, si chiama, l’unica discriminazione, la più comune in Europa, tollerata perché la legge la ignora. L’ultimo dei tabù. A chi vi invita, subdolamente, a mentire con l’età, a nasconderla, rifiutarla o rimuoverla, rispondete come una quindicenne interrogata dalla mamma in ansia, come tutte le mamme di adolescenti. <Ma tu sei felice di avere 15 anni?>. <Ah ma’, perché c’ho un’alternativa?>.

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