Un saggio molto ben documentato che smaschera l’immobilismo sul cambiamento climatico e rappresentata un monito per tutti
di Ennio Bassi
Nel loro ultimo libro intitolato Le grandi ipocrisie sul clima (Solferino, 288 pp., €19.90), Roger Abravanel e Luca D’Agnese sollevano un campanello d’allarme su uno dei temi più urgenti del nostro tempo: il cambiamento climatico. Gli autori non si limitano a elencare i fatti scientifici, ma puntano il dito contro le ipocrisie e le false promesse che ostacolano una vera transizione ecologica.In conclusione.
Il libro è un monito per tutti: governanti, aziende, cittadini. Continuare a ignorare i segnali del cambiamento climatico non è più un’opzione. Come il tubo che perde nel muro, rimandare la riparazione non farà che aumentare i costi e i danni. Agire subito è l’unica strada percorribile per evitare una catastrofe che già si sta delineando all’orizzonte.
Fin dalle prime pagine del libro, Abravanel e D’Agnese offrono una visione chiara e preoccupante del futuro che ci attende se non agiamo con decisione: “L’intero patrimonio della natura verrà stravolto dalle catastrofi climatiche. Ghiacciai, foreste, oceani, tutto il nostro ecosistema è in pericolo”. Le conseguenze saranno devastanti non solo per isole lontane come le Maldive, ma anche per le città costiere europee come Amsterdam, Venezia e Londra. Secondo gli autori, è solo questione di tempo prima che le emissioni incontrollate di anidride carbonica causino danni irreparabili.
Il cuore del libro è un’analisi critica delle politiche climatiche attuali, troppo spesso orientate verso interventi superficiali e a breve termine. Abravanel e D’Agnese utilizzano un esempio che risuona con la vita quotidiana per illustrare l’assurdità di questo approccio: un tubo che perde nel muro di casa. Ripararlo subito può essere costoso, ma ignorarlo o coprire i segni con una mano di vernice porterà a danni ben più gravi e costosi nel lungo periodo. È un’immagine potente per spiegare come, rimandando la soluzione strutturale del problema climatico, non si fa altro che aggravare le conseguenze future.
Le stime riportate nel libro sono allarmanti: entro il 2030, 200 milioni di persone in India saranno a rischio per il calore eccessivo. E, entro il 2040, 500 milioni di individui in Paesi come Brasile, Indonesia, India e Messico non potranno permettersi nemmeno un condizionatore d’aria, mentre siccità e alluvioni metteranno a dura prova la produzione agricola. Questi scenari, già drammatici, mostrano la portata globale del problema e quanto esso minacci direttamente la sopravvivenza e la qualità della vita di centinaia di milioni di persone.
Ma il libro non si limita a denunciare: offre anche modelli virtuosi di sostenibilità. Tra questi spicca il caso della città di Prato, un tempo celebre per il riciclo degli stracci e oggi protagonista di un’innovazione tecnologica nel settore tessile. Grazie a tecnologie avanzate come i sensori ottici e i raggi infrarossi, Prato è diventata un centro di eccellenza per il riciclo dei rifiuti tessili, dimostrando che l’innovazione può e deve essere al centro della transizione ecologica.
Abravanel e D’Agnese, già autori di testi come Regole (2010) e La ricreazione è finita (2015), confermano con quest’ultimo lavoro la loro capacità di affrontare temi complessi in modo chiaro e diretto, offrendo spunti concreti per il cambiamento. Le grandi ipocrisie sul clima non è solo una denuncia delle mancanze attuali, ma un invito urgente ad abbandonare soluzioni di facciata e investire seriamente in una transizione ecologica globale.
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