L’incompiuto destino dell’Unione europea

«Nell’Europa si concentra la più ricca e nobile storia umana. L’Europa ha prodotto l’ideale libertà e ha posto su di sé la missione della civiltà nel mondo tutto». A dirlo fu Benedetto Croce durante la lettura tenuta al VII Congresso internazionale di filosofia in Oxford il giorno 3 settembre 1930 nel Saggio “Antistoricismo”.

Letta oggi la frase può apparire, ed è senz’altro, eurocentrica. Può tuttavia rappresentare uno spunto suggestivo da cui partire per riflettere sulla nostra Europa, ieri e oggi.

Il 2024 sarà un anno davvero rilevante per la democrazia in Europa: il Consiglio dell’Unione europea ha fissato la 10° tornata di elezioni del Parlamento europeo nei 27 Stati membri dal 6 al 9 giugno prossimi. In Italia sabato 8 e domenica 9. Inoltre, sempre quest’anno, oltre 4 miliardi di persone andranno alle urne in Paesi con un diverso grado di democrazia e di libertà: dagli Stati Uniti, dove il 5 novembre 2024 si terrà la 60° elezione presidenziale, a Taiwan, India e Russia.

L’epoca di cambiamenti che attraversa il mondo globale, la crisi della politica e delle ideologie, il progressivo logoramento dei valori e delle culture del novecento, il moltiplicarsi delle guerre locali nella nostra vita quotidiana, impongono, con urgenza, una riflessione sulla necessità di una rifondazione culturale ed etica del vecchio continente.

E allora ci chiediamo. A cosa servirà il voto europeo? Da quando esiste un Parlamento europeo eletto dai cittadini, il voto serve non per la politica degli stati membri, ma per definire i pesi relativi delle famiglie politiche dell’Unione e quindi gli indirizzi di azione dell’Europarlamento e della Commissione. Ma quest’anno la posta in gioco è ancora più alta. Oltre 400 milioni di elettrici ed elettori potranno recapitare ai governi e alle istituzioni UE un messaggio su un tema vitale: quale Europa avremo nei prossimi decenni?

Avremo un’Europa quale semplice associazione di nazioni, o un’Europa che sia entità politica unita e sovrana? Saremo cittadine e cittadini di un’Europa che ha una politica estera, o che ne ha ventisette? Una politica energetica, climatico-ambientale, migratoria, fiscale, del commercio internazionale, della difesa?

La storia europea è stata sempre attraversata da conflitti di classe, che si sono intrecciate con lotte di élites. L’odierno sistema politico, che caratterizza tutte le democrazie occidentali, è basato sulla democrazia parlamentare o rappresentativa, cioè su un sistema politico, nato ed affermatosi con la rivoluzione francese, fondato sulle elezioni, su una finzione di sovranità popolare, sulla tripartizione dei poteri, sbilanciato più sulla libertà che sull’uguaglianza.

Lasciando da parte la sfera etico-politica, è fondamentale un altro aspetto, quello della formazione dei giovani destinati a diventare cittadini europei, qualcosa, quindi, che dovrebbe interessare particolarmente coloro che gestiscono le istituzioni scolastiche e universitarie, o semplicemente ci lavorano.

Una componente essenziale della cultura dell’Europa della libertà e della tolleranza è lo spirito razionalistico: ovvero riconosce la ragione e la logica come fondamento della conoscenza. Nella formazione dei giovani cittadini europei, cioè, deve avere un ruolo primario lo sviluppo di quella capacità di articolare giudizi e di giustificarli in maniera adeguata che, sinteticamente, si usa chiamare “pensiero critico”.

Il buon funzionamento della democrazia, infatti, dipende in larga misura dalla capacità dei cittadini di formulare giudizi affidabili, e di pesare in maniera appropriata argomenti ed evidenze addotte a sostegno delle varie affermazioni, prime fra tutte, di quelle fatte dai rappresentanti politici eletti, o che desiderano esserlo.

I meno giovani ricorderanno certamente la sigla di uno storico programma televisivo andato in onda sulla Rai dagli anni ’70 fino al 1999. Si chiamava “Giochi senza frontiere” ed era una competizione tra nazioni europee trasmessa in euro-visione. Ora è interessante notare che il programma era stato ideato da Charles de Gaulle allo scopo di promuovere l’amicizia tra Francia e Germania dopo la guerra. Era stato poi allargato agli altri paesi del mercato europeo unico e alla Svizzera ed aveva esordito con Francia, Germania ovest, Italia e Belgio – ben 4 dei 6 paesi fondatori di quella che sarà l’Unione.

È pur vero che non abbiamo più frontiere ma, i giochi politici si fanno più interessanti anche perché appare, all’orizzonte, una persona – Mario Draghi -che l’Europa conosce bene per la sua saggezza e competenza.

La sopravvivenza a lungo termine del progetto europeo dipende da un’urgente integrazione politica. È quanto sostiene l’ex presidente della Banca centrale europea (BCE) e l’ex presidente del Consiglio italiano Mario Draghi. “O l’Europa agisce insieme e diventa un’unione più profonda, un’unione capace di esprimere una politica estera e una politica di difesa, al di là di tutte le politiche economiche . . . oppure temo che l’Unione europea non sopravviverà altrimenti se non come mercato unico”.

Su temi più strettamente economici Draghi, sta lavorando ad un dossier  sulla competitività in Europa, il commissario europeo, Paolo Gentiloni, ha fatto sapere che sarà pubblicato dopo le elezioni europee. “La politica fiscale – continua Draghi- sarà chiamata a incrementare gli investimenti pubblici per soddisfare la gamma di nuove esigenze di investimento. I governi dovranno affrontare le disuguaglianze in materia di ricchezza e reddito”.

L’Europa non è un incidente della Storia”, ci ricorda disse David Sassoli nella sua “Unione Europea Concreta e Visionaria”, invitando i governi a mettere nuovamente “Cuore e Ambizione” nell’impresa europea, come avevano fatto i fondatori.

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