di Corinna Pindaro
L’inflazione ormai è un problema globale e tutte le autorità monetarie sono alle prese con la predisposizione di programmi mirati a contenerne gli effetti. Secondo l’analisi economica degli ultimi giorni non vi è Paese che non sia esente da rischi legati all’inflazione.
Il mese scorso in Usa i prezzi al consumo sono aumentati oltre le previsioni, il dato probabilmente indurrà la Fed ad alzare nuovamente i tassi di interesse per una terza volta consecutiva di 75 punti base. Nel Regno Unito l’indice dei prezzi al consumo è aumentato del 9,9% rispetto ad agosto del 2021 e non solo, la sterlina ha toccato i minimi storici dal 1985 sul dollaro. Non si assisteva ad una tale svalutazione da oltre 40 anni: è da allora che il pound non scendeva sotto la soglia di 1,14 dollari. Aumento dell’inflazione record, da oltre 30 anni, anche in Argentina dove la banca centrale è stata costretta ad alzare il tasso di interesse di riferimento per la nona volta al 75% per contrastare un’inflazione ormai vicina in maniera allarmante alla soglia del 100%. In generale in Sud America, dal Messico al Brasile, l’inflazione sta sempre più incrementando il già forte divario sociale tra ricchi e poveri. In India, invece, la Banca centrale ha promesso che avrebbe fatto tutto il necessario per contrastare l’inflazione e favorire la crescita. In Asia, il disavanzo commerciale del Giappone è salito a un record ad agosto, il che mette in evidenza la sofferenza crescente dello yen debole, mentre i costi di importazione aumentano, pressando la ripresa economica del Paese.
A fronte di tutti questi dati relativi alle economie mondiali un ruolo determinante sembra averlo la Cina che, importatore ed esportatore cruciale, sta facendo i conti con una ripresa più lenta del previsto. Segnali di crescita in Cina si sono potuti cogliere ad agosto quando Pechino ha disposto politiche monetarie per contrastare il crollo del mercato immobiliare ed i nuovi e frequenti focolai Covid. La produzione industriale, le vendite al dettaglio e gli investimenti in immobilizzazioni sono cresciuti più di quanto gli economisti si aspettassero. Tuttavia, lo yuan ha evidenziato debolezza sul dollaro e si attendono altri interventi.
In questo contesto, sempre più preoccupante, la Cina sembra essere direttamente coinvolta con il trend a ribasso cui si assiste sul gas naturale ad Amsterdam. Sembrerebbe, infatti, che il presidente cinese Xi Jinping abbia apertamente consigliato al presidente russo Vladimir Putin di evitare un’inutile escalation con l’Europa e riaprire, seppur a capacità ridotta, i flussi del Nord Stream chiusi dallo scorso 3 settembre. In verità la scelta di Putin sarebbe evidentemente legata a ragioni più politiche che economiche, da un lato la Russia infatti può esportare il prezioso combustibile in Asia e dall’altro Bruxelles ha annunciato in più occasioni di volere progressivamente rendersi autonoma dalle importazioni russe anche se è palese il clima di agitazione con cui l’Europa si appresta ad affrontare l’inverno. Tuttavia, il leader del Cremlino a latere del colloquio con il premier indiano al vertice Sco di Samarcanda avrebbe esplicitamente parlato di negoziato e di fine del conflitto in Ucraina e i mercati si augurano, allora, che Putin scelga di seguire il consiglio di Xi.
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