L’Ucraina teatro di uno stallo alla messicana che può nuocere a tutti

In un contesto di crescente tensione, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky affronta una fase critica del conflitto con la Russia, chiedendo maggior sostegno militare agli alleati di fronte all’avanzata russa, e proponendo un piano di pace che appare irrealizzabile. Nonostante gli sforzi diplomatici, il cammino verso la negoziazione sembra disseminato di ostacoli, e la guerra continua a incanalarsi verso un futuro incerto e difficile

di Guido Talarico

Il presidente Zelensky

In inglese si dice “Mexican standoff”, da noi si chiama stallo alla messicana o anche triello. E’ una situazione nella quale due o più contendenti si tengono sotto tiro a vicenda con delle armi, in modo che nessuno possa attaccare un avversario senza essere a propria volta attaccato. Insomma una minaccia reciproca che blocca tutto e tutti. Un diplomatico italiano con lunghi soggiorni ad est teme che in Ucraina possa finire così: con una guerra non più continuata ma di fatto mai cessata, dove tutto si paralizza sotto il peso della minaccia bellica ad oltranza.

L’analisi di questo diplomatico si basa su una prima evidente constatazione: il presidente ucraino Volodymyr Zelensky si trova in evidenti difficoltà. Con l’esercito russo che, pur mostrando stanchezza e continue necessità di rafforzamento, continua nel suo avanzamento, il leader ucraino è costretto ad elevare la richiesta di un supporto bellico più consistente ai suoi alleati, ben conscio che la sola forza militare non potrà porre fine al conflitto. Eppure, la soluzione negoziale presentata da Zelensky, imperniata sul ritorno ai confini del 1991, lascia trasparire un approccio di difficile attuazione sul piano internazionale, se non una vera e propria provocazione, e ciò non fa che alimentare la propaganda di Mosca, che si mostra, anche agli occhi degli avversari occidentali, forse capace di maggiore realismo.

Dal lato russo tuttavia le cose non sono più agevoli. A Mosca la situazione è contraddistinta da una realtà ben diversa da quella offerta dalla propaganda, una realtà che vede l’assenza di qualsiasi trattativa concreta e la pace trasformarsi in una chimera distante. Senza contare le difficoltà sociali interne che Putin è capace di soffocare e di nascondere ma che pure emergono con chiarezza. L’esito della crisi si prospetta quindi sempre più grave ed è per questo che taluni parlano di “stallo alla messicana”. Una situazione drammatica (che coinvolge tutto l’occidente, a cominciare dall’Europa) perché se tutti rimangono fermi alla fine tutti sono destinati a soccombere.

Nonostante sia evidente che in questo scenario tutti ne abbiamo a perdere, la posizione di Putin non è mutata dalla fallimentare tregua negoziata in Turchia nel 2022. Il presidente russo dimostra nei fatti di voler consolidare il proprio controllo sui territori occupati e proseguire con le sue mire espansionistiche. Le sue dichiarazioni favorevoli alla pace vengono considerate ingannevoli e prive di fondamento dalla maggior parte degli osservatori.

Analogamente, la posizione dell’Ucraina rimane ancorata ai “dieci punti” enunciati da Zelensky. Una soluzione che include richieste di ritiro russo e riparazioni per i danni di guerra. Tutta roba totalmente indigesta ed indigeribile per Mosca. Che l’assenza di progressi concreti verso la pace è segnata da continui segnali bellici, con nuove offensive e un continuo ricorso a nuove leve militari, è un’ennesima evidentissima prova che la guerra è ancora lontana dall’essere conclusa.

Vladimir Putin

Insomma, ad oggi lo stallo è alquanto evidente, ma questo non ci esime dal ricordare che la storia possa drammaticamente ripetersi. Molti stalli messicani si sono infatti risolti con il colpo di teatro. Fonti dei servizi spiegano che tanto a Kiev quanto nella stessa blindatissima Mosca possano aver luogo dei colpi di stato. I servizi segreti russi del resto è dall’inizio del conflitto che provano a rovesciare Zelensky per poi insediare collaborazionisti come Viktor Yanukovych. E lo stesso dicasi per la Russia. Putin ha innalzato una potentissima difesa della sua persona e delle élite che con lui guidano il paese, ma la storia, anche recente, della Russia è tempestata di rovesci politici repentini ed inattesi. Quindi nulla si può escludere. E questo aumenta l’instabilità e le fibrillazione sui campi di battaglia, ma anche in molti altri paesi.

Lo scrittore italoamericano John Fante scrisse cosi di uno dei suoi libri migliori: “Così l’ho intitolato “Chiedi alla polvere”, perché in quelle strade c’è la polvere dell’Est e del Middle West, ed è una polvere da cui non cresce nulla, una cultura senza radici, una frenetica ricerca di un riparo, la furia cieca di un popolo perso e senza speranza alle prese con la ricerca affannosa di una pace che non potrà mai raggiungere”. Ecco, forse il dato più inquietante è che in questa guerra, e nella sua polvere che tutto distrugge, ci siamo finiti in molti, anche quelli che ne volevano approfittare, e ora non sappiamo più come uscirne.

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