Dall’indagine della procura distrettuale antimafia emerge che i boss dal carcere comunicavano con cellulari criptati
Oltre 180 arresti: è un colpo durissimo alle cosche mafiose della città e della provincia di Palermo quello assestato all’alba di oggi dalla procura distrettuale antimafia del capoluogo siciliano. I fermi e le misure cautelari sono riusciti a raggiungere storici capimafia, estortori, trafficanti di droga, uomini d’onore di importanti «mandamenti» mafiosi come Porta Nuova, San Lorenzo, Bagheria, Terrasini, Pagliarelli. L’inchiesta è stata coordinata dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia e del suo pool della Dda.
Dal carcere i boss coordinavano i traffici e ordinavano i pestaggi con cellulari criptati
I boss avevano a disposizione telefonini criptati, grazie ai quali venivano organizzati summit e traffici di droga. Ma non solo: dal carcere c’era chi ordinava e osservava in videochiamata i pestaggi. È questo il quadro inquietante che emerge dall’inchiesta, condotta dai carabinieri e coordinata dal procuratore Maurizio de Lucia e dall’aggiunta Marzia Sabella, che racconta gli affari dei clan, i soldi della droga, di nuovo al centro dell’agenda di Cosa nostra sempre più vicina alla ‘ndrangheta. In particolare, le indagini si sono concentrate sulla rete di cellulari criptati trovati nelle carceri, dove i capimafia detenuti, grazie ad apparecchi ultramoderni, riescono a comunicare con l’esterno.
Le chat di gruppo per organizzare gli affari
Grazie ai telefonini, quindi, i padrini potevano creare vere e proprie chat di gruppo con altri mafiosi, alcuni liberi, altri in cella. Lo scopo era poter parlare senza filtri dei loro affari. A questa scoperta gli inquirenti sono arrivati grazie alle intercettazioni di due mafiosi che, accortisi del malfunzionamento dei loro dispositivi, hanno fatto ricorso a un altro apparecchio ugualmente criptato. Nel cercare di ripristinare il sistema e, quindi, di memorizzare i contatti riservati, hanno finito però per rivelare i nominativi dei loro interlocutori fornendo ai carabinieri elementi significativi per ricostruire il complesso meccanismo di comunicazione tra boss. In particolare, l’inchiesta ha svelato che un boss, il capomafia di Porta Nuova Calogero Lo Presti, avrebbe addirittura commissionato un pestaggio attraverso il cellulare criptato assistendo poi all’agguato in videochiamata.
(Associated Medias) – Tutti i diritti sono riservati