Il 20 novembre é una data che d’ora in avanti sará scritta a lettere rosse sul calendario del Qatar. E’infatti il giorno in cui il Club Al-‘Annabi, che significa bordeaux dal colore della maglietta, e non marrone come comunemente tradotto, la Nazionale di calcio del potente emirato mediorientale dará il via, con 24 ore in anticipo rispetto alla programmazione iniziale, ai Campionati mondiali, la massima competizione per le maggiori squadre delle federazioni sportive affiliate alla Fifa, affrontando sul campo la squadra ecuadoregna.
La partita inaugurale si disputerá alle 19 ora locale allo stadio Al Bayat, che ha la forma di una lussuosa tenda beduina, una capienza di 60 mila posti e sorge ad al Khawar nel nord est del paese. Un evento al quale Doha sta lavorando da tempo a pieno ritmo e che ha contribuito a trasformare completamente il paese e il suo skyline. Sono state costruite nuove strade, per 6 mila e 500 chilometri in piú, piste ciclabili, grattacieli, musei, oltre a ben otto nuovi stadi, alcuni dei quali verranno smontati e riciclati alla fine delle gare. La metropolitana é stata ampliata e modernizzata e cosí le ferrovie che vantano infrastrutture estremamente sofisticate e moderne che hanno comportato investimenti per 281 milioni di euro.
Un’occasione per il Qatar, la piú piccola nazione del pianeta ad ospitare la Coppa del mondo, per imprimere a se stesso una fortissima accelerata verso il futuro. Ma ovviamente non sono mancate e non mancano le polemiche. A cominciare dalla sofferta scelta della Fifa di rinunciare alla tradizione di tenere le gare in estate, stagione in cui le temperature dell’emirato arrivano a sfiorare i 50 gradi. Per non parlare dei diritti umani. Questione sollevata con grande fortissimo eco mediatico da diverse organizzazioni internazionali. Tra cui Human Rights Watch, la Confederazione sindacale internazionale (Ituc), ma soprattutto Amnesty International, che la scorsa primavera in una durissima lettere inviata ai vertici della Fifa, invitava la massima organizzazione calcistica mondiale a risarcire per 440 milioni di dollari (l’equivalente della cifra versata dalla Federazione per l’organizzazione dei mondiali 2022) le centinaia di migliaia di lavoratori migranti vittime di sfruttamento da parte del Qatar a partire dal 2010, quando il paese ottenne l’ assegnazione della Coppa del mondo. Prese di posizione che hanno contribuito a dare impulso a rivoluzionarie riforme nel settore del mondo del lavoro qatarino, che ha acconsentito ad abolire due anni fa il sistema della kafala, che attribuiva agli imprenditori pieno potere sulla manovalanza straniera. Non solo. Durante il Covid Doha ha anche varato un fondo di 842 milioni di euro per pagare gli stipendi ai migranti in quarantena o sottoposti a cure e introdotto il salario minimo mensile pari a 1.000 riyal (250 euro).
Piccoli e importanti passi in avanti ma che non sono bastati a placare proteste e malcontento. E gli annunci di boicottaggio alla vigilia del fischio di partenza si moltiplicano. Tra le ultime voci a levarsi contro Doha quella della squadra norvegese del Tromsø che ha invitato la sua Federcalcio a disertare i Mondiali (appello rimasto inascoltato). Anche la Danimarca si è fatta sentire. E per volere dei suoi vertici calcistici nazionali e della Hummel, fornitore ufficiale di sportswear, durante le gare in Qatar fará indossare ai propri giocatori magliette monocromatiche e senza loghi, tra cui una interamente nera, in segno di lutto contro le morti sul lavoro in Qatar. E ancora. Non se n’è rimasta in silenzio la Francia, dove alcune importanti cittá, Parigi compresa, hanno deciso di non trasmettere sui maxi schermi nessuna partita dei Mondiali.
Quanto all’Italia, che, come è noto, è stata squalificata dalla Coppa e quindi non giocherá, sará comunque presente ai Mondiali in Qatar con 560 militari in missione che veglieranno sulla sicurezza insieme ad altre task force internazionali e ai 5 mila soldati che Doha metterá in campo questo evento.