Partito il valzer: ecco chi entra e chi esce in primavera dalle aziende a guida pubblica più importanti del Paese. Lo Spoil System, che un tempo si chiamava lottizzazione, introdotto dalla riforma di Franco Bassanini del 1998
di Gautier Talarico
Sotto il pentolone delle nomine pubbliche arde la fiamma del cambiamento, con l’acqua già in ebollizione pronta a cucinare i nomi dei prossimi candidati in entrata ed in uscita nella prossima primavera. Lo “Spoil System” in Italia vige da sempre. Prima si chiamava lottizzazione, ma pareva brutto. Ci pensò Franco Bassanini, socialista poi approdato ai Democratici di Sinistra, quando nel 1998 divenne Ministro della Funzione Pubblica e introdusse una riforma che, usando la più sexy formula inglese, stabilì per legge che chi vinceva le elezioni aveva il diritto di nominare il management e l’alta burocrazia pubblici. Da allora, e visti i continui cambi di governo che questo Paese ci regala, il valzer delle nomine è diventata una danza che va avanti quasi senza soluzione di continuità.
L’aperitivo che ci è stato fin qui servito, al di là dei nomi, indica un metodo. Che poi è sempre lo stesso: fedeltà e competenza. Abbiamo visto così andare al Maxxi, il più importante museo d’arte contemporanea del Paese, al posto di Giovanna Melandri, un giornalista come Alessandro Giuli, noto frequentatore di trasmissioni televisive politiche (dove va tuttora), meno visto a mostre, talk e vernissage d’arte. Mentre qualche sorpresa è arrivata dall’Agenzia delle Entrate, dove è stato confermato Ernesto Maria Ruffini, e dal Demanio, anche qui con la conferma di Alessandra Del Verme. Di una qualche sorpresa si è connotata l’uscita dall’Agenzia delle Dogane e Monopoli di Marcello Dinnella, sostituito dall’ex presidente della Commissione di Garanzia sugli Scioperi, Roberto Alesse. Parliamo di sorpresa perché in qualche modo è come se il Governo avesse confermato due dirigenti che vengono da sinistra e sostituito quello che veniva da destra.
Il che, intendiamoci, è un buon segno. Vuol dire che a Palazzo Chigi, guardano all’appartenenza, alla storia o appunto alla fedeltà, ma quando le cose sono serie (e alle Entrate gestiscono un patrimonio immobiliare di 62 miliardi) hanno fatto prevalere il criterio della competenza e della opportunità. Fin qui eravamo all’aperitivo. Ora però comincia il ballo grosso, quello delle grandi aziende pubbliche.
In Eni, ad esempio, i bookmakers della poltrona sono pronti a scommettere sulla conferma di Claudio Descalzi. In piena crisi ucraina, l’Ad della più grande compagnia petrolifera del paese si è dato un gran daffare per coprire il buco prodotto dal taglio del gas russo che era pari al 40 % del fabbisogno nazionale complessivo. Mettendo un po’ di pezze con Algeria, Tunisia, Libia e Mozambico Descalzi pare abbia consolidato la sua posizione. Più aperta la situazione in Enel, dove l’Ad Francesco Starace, pur avendo gestito bene anche lui la fase acuta della crisi energetica e aver trasformato Enel in una multinazionale leader nelle energie rinnovabili, sembra dover gestire il non gradimento di Matteo Salvini.
Su Ferrovie dello Stato gli appetiti sono molti. Primo perché è un’azienda che dovrà gestire quasi 200 miliardi di investimento provenienti dal PNRR e secondo perché su Ferrovie starebbero puntando personaggi molto ascoltati da questo Governo, come ad esempio Flavio Cattaneo ex Rai, ex Terna e soprattutto conoscitore della materia in quanto attuale Vice-presidente di Italo – NTV. Cattaneo in realtà, da amico caro di Ignazio La Russa e di Silvio Berlusconi, è dato in corsa per varie poltrone (Poste, Leonardo, Terna). C’è però un impedimento formale, il cda di Ferrovie dello Stato non è in scadenza nel 2023 bensì nel 2024. Quindi l’Ad, Luigi Ferraris, che pure ha recuperato una buona interlocuzione con il Governo, non è per ora in discussione.
Un’altra grande partita è quella che riguarda Leonardo dove l’Ad, Alessandro Profumo, è dato in uscita per due ragioni: è stato nominato su indicazione di Romano Prodi e di Paolo Gentiloni (che lo hanno anche sostenuto nei difficili momenti sofferti per ragioni giudiziarie) e poi, come raccontano i numeri, ha gestito male l’azienda. L’ex Finmeccanica è un’impresa strategica che oggi, visto che produce armamenti e sistemi di difesa, pesa ancora di più a causa della crisi ucraina. Per questa ambita poltrona ad oggi i candidati in corsa sono molti. I più gettonati appaiono tre che hanno caratteristiche diverse. Il primo è un interno di Leonardo, il Capo della Divisione Elicotteri Gian Piero Cutillo, poi Giuseppe Giordo, manager di lungo corso del settore ed ex Fincantieri, e poi c’è chi dice che anche Stefano Siragusa, un ex dirigente Telecom con esperienze nel settore della cyber security potrebbe avere delle chance.
Su più tavoli o per più poltrone sta giocando anche l’ex Ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani, che dopo la caduta del Governo guidato da Mario Draghi, di cui faceva parte, si è comunque messo a disposizione di Giorgia Meloni. Cingolani, un po’ come l’attuale Amministratore Delegato di Terna, Stefano Donnarumma, è uno di quelli che può permettersi di ambire a poltrone diverse un po’ perché ha competenze ampie, un po’ per quel premio fedeltà di cui dicevamo all’inizio.
Ora, questa è una prima carrellata di nomi e di relative ipotesi occupazionali. Le poltrone in realtà sono molte di più (oltre 300) e i candidati forse migliaia. Quindi come abbiamo detto è un valzer che andrà avanti per mesi, con un vortice di nomi non sempre facile da controllare. Noi ne riferiamo per come li cogliamo, quindi con il beneficio dell’inventario, ma sapendo che anche le indiscrezioni ed i rumours fanno parte di un gioco che i più esperti sanno leggere e decodificare. Un po’ come quando un maestro delle nomine, quale è stato Giulio Andreotti, suggeriva di guardare ogni giorno i necrologi pubblicati dai giornali per meglio comprendere amicizie, legami e parentele dei potenti d’Italia.
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