Nomine Ue, in attesa della designazione ufficiale. Meloni resta isolata, Tusk: “Non c’è Europa senza Italia”

Secondo fonti diplomatiche, la premier italiana Giorgia Meloni avrebbe deciso di astenersi su von der Leyen e di opporsi alla nomina di Costa e Kallas. Durante i suoi interventi in Parlamento, Meloni ha criticato apertamente il metodo con cui sono stati designati i tre candidati

I riflettori sono puntati sul vertice UE che si è aperto oggi pomeriggio a Bruxelles, dove si decideranno le nomine delle più alte cariche europee dopo le elezioni. Sul tavolo c’è la proposta dei negoziatori di popolari, socialisti e liberali di affidare a Ursula von der Leyen, in quota PPE, un secondo mandato alla guida della Commissione Europea. Il pacchetto comprende anche la scelta di Antonio Costa per la presidenza del Consiglio Europeo e Kaja Kallas per la carica di Alto Rappresentante UE per la politica estera, oltre alla conferma della maltese Roberta Metsola alla guida dell’Europarlamento.

Secondo fonti diplomatiche, la premier italiana Giorgia Meloni avrebbe deciso di astenersi su von der Leyen e di opporsi alla nomina di Costa e Kallas. Durante i suoi interventi in Parlamento, Meloni ha criticato apertamente il metodo con cui sono stati designati i tre candidati. Meloni ha avuto un’influenza minima sull’accordo per le nomine, poiché i portafogli strategici della prossima Commissione UE, i capi di gabinetto dei futuri commissari e le presidenze delle principali commissioni dell’Europarlamento sono stati accuratamente suddivisi tra popolari, socialisti e liberali, le tre famiglie politiche che hanno siglato l’intesa per il secondo mandato di von der Leyen. Questo patto è stato sigillato durante una riunione segreta tenutasi ieri mattina.

Per l’Italia, restano solo concessioni minori, come l’attenzione sui migranti e alcune deleghe per il commissario italiano. Meloni ha richiesto per Raffaele Fitto i portafogli di Bilancio, PNRR e Coesione, oltre al ruolo di vicepresidente. Ursula von der Leyen preferirebbe ridurre il portafoglio e sta discutendo con l’Italia sul miglior profilo per il ruolo di vicepresidente. L’intesa potrebbe essere raggiunta dopo un incontro a Bruxelles tra von der Leyen e Meloni, previsto per domani, anche se i termini della trattativa sono stati già esplorati ieri durante un contatto telefonico tra le due.

L’unico aspetto che sembra veramente interessare alla politica tedesca è il pacchetto di 40 voti “moderati” dell’ECR che la premier italiana detiene e che potrebbero influenzare il destino di von der Leyen. In sostanza, Meloni è isolata e debole, ma il suo potere risiede in questi voti.

Tuttavia per scongiurare che l’intesa sia bocciata da un Paese fondatore e che uno strappo si allarghi nel segreto delle urne del voto finale all’Eurocamera a metà luglio, facendo vacillare il secondo mandato della delfina di Angela Merkel, già impegnata a coprirsi le spalle dai franchi tiratori, sembra sia stato attuato un cambiamento di strategia nei confronti della premier italiana Giorgia Meloni. Il primo indizio di questo cambio di rotta è stato offerto dal presidente del PPE, Manfred Weber, che ha sottolineato l’importanza dell’Italia come Paese del G7 e leader nell’UE, i cui interessi vanno presi in considerazione.

Uno dopo l’altro, i principali esponenti dei popolari hanno teso la mano a Meloni, negando che sia stata esclusa dai negoziati e parlando di un malinteso dovuto a ragioni politiche e matematiche di maggioranza. Il premier polacco e negoziatore Donald Tusk ha confermato che “non c’è Europa senza Italia” e che nessuna decisione può essere presa senza il suo leader. Anche il vicepremier Antonio Tajani ha messo in luce le convergenze tra il PPE e l’ECR di Meloni su diversi fronti, dall’Ucraina alla lotta contro la migrazione clandestina, invocando un dialogo tra le due famiglie politiche per dare nuova forma all’Europa e spostare il baricentro della futura maggioranza.

I Socialisti, al contrario, hanno ribadito la loro linea rossa di non collaborare con l’ECR e l’estrema destra, come ha sottolineato Olaf Scholz, capo negoziatore e voce del premier spagnolo Pedro Sanchez. La leader del PD, Elly Schlein, ha rafforzato questa posizione, indicando che l’unica via per allargare la maggioranza è rivolgersi a “famiglie democratiche come i Verdi europei”.

Nel Consiglio Europeo, Scholz ha adottato toni più concilianti nei confronti dei Ventisette Paesi, dichiarando che tutti sono ugualmente importanti per tutelare l’intesa. Anche il liberale Mark Rutte ha sottolineato che l’accordo è stato chiuso dai gruppi di maggioranza per i quali la presenza dell’ECR è inaccettabile, senza però voler escludere l’Italia. Meloni ha avuto un approccio costruttivo, secondo fonti UE.

Spetterà al presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, raccogliere il consenso dei Ventisette. Se questo non sarà possibile, il pacchetto potrebbe essere messo ai voti. L’unico no certo è quello di Viktor Orban, mentre oltre all’Italia, solo la Slovacchia di Robert Fico non ha ancora dato la sua benedizione. Nonostante le difficoltà, i volti della nuova Europa sembrano blindati.

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