Nota del 16 febbraio

La nostra solidarietà va oggi ai giornalisti di Repubblica e
Stampa, giornali di proprietà di John Elkann, che non hanno
una riga che sia una sulle indagini della magistratura sul
proprio editore. Eppure le notizie in materia oggi non sono
poche: il Fatto fa sapere che la Guardia di Finanza ha
rintracciato un conto all’estero da 500 milioni e ha perquisito
l’abitazione dell’attuale capo della ex dinastia Fiat, cioè
proprio il primo dei tre fratelli Elkann; il Messaggero scrive
delle violazioni della legge antiriciclaggio accertate dalla
Banca d’Italia; il Corriere fa sapere che, secondo i pm, sono
state falsificate le firme di Marella Agnelli; il Giornale si
occupa delle governanti e segretarie interrogate sempre alla
ricerca di firme apocrife. I due giornali del gruppo Gedi invece
si dedicano a glorificare gli utili record di Stellantis, che fino a
qualche giorno fa minacciava di chiudere gli stabilimenti
italiani mentre oggi è conciliante e dice che si potrebbero
persino produrre auto per un milione di pezzi in Italia, cosa
estremamente complicata. Intendiamoci, la libertà dei
giornalisti soprattutto in Italia (ma non è che all’estero,
nemmeno nei celebrati Stati Uniti d’America, sia poi molto
diverso) finisce dove comincia quella dei proprietari dei
giornali, e spesso quello spazio intermedio non viene
nemmeno utilizzato dai giornalisti cui piace seguire le
cronache politiche dove non si rischia nulla se non di annoiare
lettori già radi e distratti. Tuttavia, d’ora in poi sarà più
difficile per i due quotidiani impancarsi ad eroi della libertà di
stampa e un bagno di umiltà potrebbe far bene persino alle
traballanti vendite. Intanto Repubblica apre con l’ennesima
intervista a Elly Schlein che cerca di non farsi scavalcare a
sinistra da Conte attaccando “la patriota Meloni”
sull’autonomia differenziata che, effettivamente, rischia di
dividere l’Italia. La Stampa invece segnala che con il Pil in
calo nei conti pubblici si apre un buco da 10 miliardi.
L’altra questione che va in prima pagina soltanto su Il Giornale
e La Verità è lo stato cui Carlo Bonomi, già delegato a Roma
degli imprenditori milanesi, ha ridotto Confindustria: lettere
anonime inviate ai saggi sul candidato con il maggior numero
di voti, Emanuele Orsini, per controversie su di una macchina
e di una fattura con Federlegno già chiarite quattro anni fa.
Una manovra organizzata da mesi contro uno dei due candidati
non graditi ai professionisti di Confindustria, mentre il
candidato che non disturba il manovratore, Edoardo Garrone
non lascia la presidenza del Sole e il candidato del palazzo,
cioè Marenghi, usa il suo potere di vicepresidente ai rapporti
interni per provare a screditare un altro candidato con lettere
anonime. Anche qui Repubblica è dalla parte sbagliata, perchè
è stato il quotidiano che ha rilanciato in solitaria le accuse,
vecchie e già da tempo chiarite, a Orsini. Bonomi, come se
niente fosse, propone di rinviare le elezioni così lui resta dov’è
continuando a godere per la sua famiglia dei fringe benefit che
gli passa la casa, dalla residenza a via Veneto a Roma (che una
volta era usata anche dalla struttura confindustriale per
lavorare in centro) agli aerei privati. Ora la palla passa ai
probiviri, dai quali ci si attende che ristabiliscono la normalità,
altrimenti toccherà alla magistratura ordinaria occuparsene. Il
Giornale ci fa il suo titolo più importante in prima e le pagine
2 e 3 molto complete anche dei conflitti d’interesse di Garrone,
che rimane presidente del Sole nonostante sia candidato.
Confindustria oggi è pressochè irrilevante nelle scelte
economiche italiane ed europee, va ricostruita pressochè dalle
fondamenta a Roma e Bruxelles ma la lotta mai così scorretta
per la presidenza testimonia soltanto che chi la governa adesso
non vuole farsi da parte. Cerasa sul Foglio non può che
certificare che si tratta di lotta vera, ma non fa differenza tra
chi manda lettere anonime e chi le subisce.
Il Corriere si occupa del raid israeliano in un ospedale e dello
scontro sulle armi stellari di Putin ma riserva il suo titolo
principale alla solita “alta tensione” nella maggioranza sul
terzo mandato ai governatori delle regioni, cosa che sia Meloni
sia Schlein non vogliono per non perpetuare il potere di Zaia e
della Lega (fortunatamente in caduta libera nei sondaggi) in
Veneto e di De Luca (che oggi è a Roma alla testa di alcune
decine di sindaci campani per protestare contro l’autonomia
differenziata ). Il Sole stima che le rottamazioni fiscali dal
2016 ad oggi hanno perso per strada 38,9 miliardi sui 64,5
previsti. Il Messaggero fa sapere che è finita la pacchia per i
pensionati italiani in Portogallo, che stanno tornando perchè
non più conveniente come una volta.
I trattori sono in ritirata, al Circo Massimo ieri sono restati solo
quelli dei cani sciolti, una decina, con un migliaio di
agricoltori. Coldiretti e Confagricoltura hanno ripreso il
controllo su gran parte dei propri associati.
Il Foglio dedica un articolo ad un oppositore poco conosciuto
ma strategico della premier: Biagio Mazzotta, ragioniere
generale dello Stato.
Il nuovo capo della Procura di Roma è Giuseppe Amato, lo ha
designato all’unanimità la quinta commissione del Csm che
non ha preso in considerazione Antonio Patrono, sponsorizzato
da Mantovano (secondo Domani)
Il generale Carmine Masiello è il nuovo capo di Stato
maggiore dell’Esercito.
Domani continua ad occuparsi degli affari delle società
personali di Caputi, capo di gabinetto a palazzo Chigi.
Il Comune di New York denuncia i social media perchè
danneggiano i giovani. Spesso anche gli anziani e le signore di
mezza età.
Kylian M’bappè si è deciso, va a parametro zero al Real
Madrid. Il Milan batte il Rennes, la Roma pareggia in Olanda
con il Feynord.
Ed ecco alcuni dettagli/approfondimenti. Dossier al veleno in
Confindustria. L’ultima indiscrezione è che i tre saggi
incaricati di individuare la figura più gradita agli associati per
succedere a Carlo Bonomi alla guida di Confindustria, ieri
avrebbero suggerito a Emanuele Orsini, il candidato in largo
vantaggio su una rosa di quattro, di ritirarsi dalla gara. Ciò
perché sul suo nome negli ultimi giorni si sarebbero addensate
ombre che potrebbero macchiare il prestigio dell’associazione.
Una decisione, quella dei saggi Enoc, Moltrasio e Vescovi,
quantomeno irrituale (è davvero nei loro compiti?) e che
preannuncia nuovi colpi di scena. Del resto, mai si erano viste,
dalla rifondazione della Confederazione avvenuta ottant’anni
fa, tante bassezze nella competizione per la nuova presidenza.
Incidenti di percorso sì, e pure qualche esclusione aspramente
combattuta, ma mai si era arrivati a confezionare dossier falsi
per frenare la corsa del candidato in vantaggio, che quindi si
rivolge al tribunale affinchè ristabilisca la sua onorabilità.
(Osvaldo De Paolini, Il Giornale)
Bonomi piomba sulle elezioni. Calpestate norme e statuto per
tenersi la Confindustria. I saggi convocano Emanuele Orsini
per una lettera anonima priva di riscontri. Altri candidati
temono lo stesso trattamento. Senza nomi, possibile la proroga
dell’attuale presidente. Lunedì scorso sono infatti state
depositate le liste con la raccolta delle firme. Numero minimo
19 per accedere al panel consigliare. Quattro i candidati che
sembrano essere arrivati a tale soglia. Emanuele Orsini con 49
voti, Edoardo Garrone con meno di 45. A seguire Antonio
Gozzi e Alberto Marenghi. I primi due avrebbero anche già
superato la soglia del 20% delle preferenze assembleari. Prassi
e statuto vorrebbero che una volta vistate le firme dalla
struttura dei probiviri ed eventualmente dal comitato etico la
parola passi ai saggi, il cui compito sarebbe girare l’Italia,
ascoltare le preferenze e se possibile scremare la lista a due.
Nel frattempo, ufficializzati i nomi dei candidati, dare il via al
dibattito, alle interviste e al confronto dei contenuti.
Ricordiamo che al termine del 2023 era stata diramata una
direttiva, spinta dall’attuale presidente Carlo Bonomi, per
proibire a chiunque non abbia il bollino di candidato ufficiale
di parlare. Pena la scomunica. Ecco che invece ieri avviene il
colpo di scena. Si scopre che le candidature sono finite
direttamente al vaglio dei saggi senza per di più rendere
trasparenti le liste, i numeri esatti dei sostenitori e la
correttezza dell’operato. La messa in campo dei saggi viene
innescata da Federico Landi, responsabile del sistema
associativo e a sua volta sotto il cappello del vice presidente
(candidato) Alberto Marenghi. Lui avrebbe segnalato una
lettera anonima. Da qui parte un giro di convocazioni per
presunti accertamenti, che – va ribadito – non competono ai
saggi. Il primo a essere stato convocato è stato ieri Orsini. In
quanto destinatario di quella lettera. Di che si tratta? Basta
riprendere gli attacchi che La Repubblica ha riservato al
candidato emiliano per capirlo. Nella lettera si parla di un
leasing di un’auto di lusso e 10.000 euro (su un fatturato di
oltre 40 milioni) non versati. (Claudio Antonelli, La Verità)
Draghi avverte: la globalizzazione? Conti e difesa, l’Europa
sia più unita. «Debito comune per finanziare gli investimenti,
le banche centrali devono cambiare». Questa fase di profondo
cambiamento nell’ordine economico globale porta con sé sfide
altrettanto profonde per la politica economica. L’ex premier:
bisogna favorire l’innovazione e la riallocazione del capitale.
(Mario Sensini, Corriere della Sera)
Schlein: “Il governo fa cassa sui poveri. Meloni? Una patriota
che penalizza il Sud”. La segretaria del Pd: “L’Autonomia di
Calderoli lacera il Paese e non investe nulla: vogliono affamare
il Meridione. Patto scellerato con la Lega secessionista. Dai
salari alla povertà è una destra letale, non sociale”. (Giovanna
Vitale, Repubblica)
Meloni striglia i ministri: migranti, dovete fare di più. Ed è
scontro tra Cei e FdI. I vescovi: intesa con l’Albania, 673
milioni in fumo. Tajani: no, ben spesi. Il «modello Caivano».
La premier ai suoi: dovete metterci tutti la faccia. E parla di
«modello Caivano». (Marco Galluzzo, Corriere della Sera)
Michele Ainis su Repubblica: Riforme, meglio un’assemblea.
Già nel testo approvato dal Consiglio dei ministri saltava agli
occhi l’anomalia d’un presidente eletto che è al contempo
sottoposto alla fiducia delle Camere, per battezzare il suo
governo.
Alessandro De Nicola su Repubblica: Il patto dell’equo
compenso. In questa legislatura non si può omettere la quasi
universale approvazione della legge per i professionisti.
Terzo mandato, è scontro aperto. FdI: ora alternanza. Zaia non
è eterno. Il governatore: io come san Sebastiano, decidano i
cittadini. (Paola Di Caro, Corriere della Sera)
La Lega alla battaglia del Veneto: «Questa non è terra di
conquista». Il possibile effetto domino sulle riforme. La spinta
per correre da soli alle Regionali. (Marco Cremonesi, Il
Corriere della Sera)
Il Salvini perdente e l’ultima trincea del terzo mandato. Botte
da orbi e siamo solo al principio. Dopo il controcanto a Fratelli
d’Italia su premierato e trattori, il terzo mandato per le
Regioni, che spalancherebbe a Luca Zaia un altro giro di
giostra, è diventato la nuova trincea della Lega. Una
scazzottata tra alleati, quella sui governatori, che si interseca
con una guerriglia tutta interna ai meloniani, fin qui sotto
traccia, e che ieri si è materializzata in chiaro al Senato. Ma
andiamo con ordine. Per Matteo Salvini, che teme il risultato
delle elezioni europee e pure l’annesso rimpasto di governo, il
Veneto è diventato la linea Maginot. Vorrebbe che Zaia, da
molti evocato per succedergli, resti invece dov’è. (Ilaria
Proietti, Il Fatto Quotidiano)
Massimo Franco sul Corriere: È il primato nel nord che fa
litigare la maggioranza. Lo scontro tra FdI e Lega sul terzo
mandato non prevede soluzioni facili: soprattutto per Matteo
Salvini, che non vuole limiti per i governatori delle regioni. Il
contrasto non è solo sulla ricandidatura di Luca Zaia in Veneto.
La questione vera riguarda il riequilibrio nei rapporti di forza a
destra, e l’offensiva di FdI nel Nord leghista. Cristallizzare la
situazione significherebbe ignorare il risultato delle Politiche
del 2022; e dunque lasciare al Carroccio un peso proporzionale
a percentuali di cinque anni fa, oggi smentite dall’elettorato.
Il feeling Conte-Landini che fa infuriare il Pd (scavalcato a
sinistra). Le indicazioni di Casalino: non parliamo di Sanremo.
L’input ai 5 Stelle più presenti in tv è di lasciare altri a parlare
di Rai e dossier esteri. (Tommaso Labate,
Trattori, pochi in piazza a Roma. Il governo: cambiare le
politiche Ue. La protesta dei «duri» al Circo Massimo. Da
Lollobrigida un documento per rivedere la Pac. Il ministro:
l’Italia chiederà in Europa un quadro temporaneo sugli aiuti di
Stato. (Claudia Voltattorni e Fabrizio Caccia, Corriere della
Sera)
Ilaria Salis e gli italiani: per gli elettori di Lega e FdI, in caso
di condanna, andrebbe lasciata in Ungheria. Più garantista chi
vota Forza Italia: il 59% auspica i domiciliari in patria. Il
sondaggio. (Antonio Noto, Repubblica)
I romeni sconteranno la pena nel loro Paese. Il punto saliente
del bilaterale italo-romeno che si è tenuto ieri a Roma è
l’accordo sulla gestione dei detenuti condannati in via
definitiva e che possono d’ora in avanti scontare la pena nel
Paese d’origine. Un punto essenziale soprattutto nel momento
in cui è di estrema attualità la condizione carceraria di italiani
all’estero con i casi di Ilaria Salis (Ungheria) e Filippo Mosca,
detenuto proprio in Romania e al quale sono stati ultimamente
negati gli arresti domiciliari. «L’accordo che prevede che i
detenuti condannati in via definitiva nelle rispettive nazioni
scontino la pena nei propri Paesi di origine – commenta il
capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Tommaso Foti – è
da sempre un punto programmatico della politica di Fratelli
d’Italia. Sono certo che questo accordo avrà un’incidenza
rilevante sia sotto il profilo della sicurezza nazionale, sia
riguardo al sovraffollamento carcerario, che è una delle
principali problematiche del sistema penitenziario italiano».
(Pier Francesco Borgia, Il Giornale)
Carlo Cottarelli su Repubblica: Debito, l’esempio di Lisbona.
Dovremmo imparare da quel Paese. È cresciuto grazie a
riforme e riduzione della burocrazia.
Agricoltori compatti contro il Mercosur, ma la Ue non cede
sull’accordo: la fame di litio dell’Europa è più forte delle
proteste dei trattori. Da Coldiretti ai Comitati Agricoli Riuniti
un no agli accordi di libero scambio che minacciano i prodotti
italiani. Ma la Commissione Ue tira dritto: “Ci aiuterà a
espandere il commercio in materie prime e prodotti essenziali
per la transizione verde e digitale”. (Rosaria Amato,
Repubblica)
Ita-Lufthansa, Bruxelles e le richieste «curiose»: aiuti ai rivali
e cessioni. Perché Ita Airways e Lufthansa debbano lasciare
alcuni mercati, trovarsi vettori rivali ai quali cedere gli slot e
anche supportarli — economicamente — per un po’, questo
sfugge alla comprensione dei diretti interessati. Ma è uno dei
principali «sacrifici» che la Direzione generale per la
Concorrenza Ue ha messo sul tavolo dei negoziati. «Il danno è
duplice — giudica la fonte diplomatica —: Ita e Lufthansa
dovrebbero accettare di fare a meno di milioni di euro di
ricavi, riducendo la loro presenza. E dovrebbero pure spendere
soldi, per 3-5 anni, per incentivare l’aviolinea che subentra».
«La sensazione — aggiunge — è che Bruxelles non abbia il
coraggio di bloccare la fusione e stia facendo di tutto per
spingere Lufthansa ad accettare sacrifici pesanti o ad
abbandonare il tavolo». ( Leonard Berberi, Corriere della Sera)
I piani di Della Valle: «Aumentare l’export. Spinta sugli Stati
Uniti». «Con Arnault ci conosciamo da oltre 20 anni». (Paola
Pollo, Corriere della Sera)
Stellantis, profitti a 18,6 miliardi. I sindacati: allarme per le
fabbriche. Ai soci 8 miliardi. Tavares: la produzione? Servono
incentivi. No a un altro costruttore. (Francesco Bertolino,
Corriere della Sera)
Luca De Meo, ceo di Renault: «La nostra risposta ai cinesi
passa per la nuova Twingo. Le fusioni non bastano più». Il
manager: i rapporti con Nissan e Mitsubishi sono eccellenti.
(Bianca Carretto, Corriere della Sera)
Gli operatori scrivono al governo contro la vendita della rete
Tim “Svantaggi per la concorrenza”. Labriola: “Non appena
arriva l’autorizzazione antitrust chiudiamo l’operazione con
Kkr. E dopo l’estate penseremo al consolidamento del
mercato”. (Giovanni Pons, Repubblica)
Raffaele Lorusso su Repubblica: Una nuova legge
dell’editoria. Non stupisce la battaglia legale che Meta, gigante
della rete proprietario di Facebook, ha ingaggiato contro
l’Agcom. Il ricorso al Tar per impedire l’applicazione del
regolamento di attuazione della direttiva europea sul copyright
rientra nella strategia messa in atto in tutto il mondo dai
cosiddetti Over the top.
Gli altri temi del giorno
“Cecchini, bombe e pazienti in fuga Ci hanno intrappolati
come topi”. «Dopo l’evacuazione della maggior parte dei
rifugiati, dei pazienti e del personale sanitario, siamo sotto i
bombardamenti diretti, i colpi dell’esercito, che centrano la
struttura, noi sanitari e i pazienti nei loro letti».Queste le parole
da Gaza a La Stampa del dottor Khaled Alserr, uno dei pochi
chirurghi rimasti all’ospedale Nasser di Khan Yunis, la più
grande struttura ospedaliera del sud della Striscia. Mentre
parla, si sentono in sottofondo spari e colpi oltre ai lamenti dei
malati. L’atmosfera è da girone dantesco. Alserr racconta di
feriti sistemati alla bene e meglio, spesso a terra. Corridoi
senza luce, fumo, polvere e detriti. La carenza di attrezzature e
medicinali è resa ancor più drammatica dall’assedio delle
truppe israeliane. (Nello Del Gatto, La Stampa)
Raid sull’ospedale Nasser, Msf abbandona la struttura.
L’esercito israeliano aveva già emesso un ordine di
evacuazione per i civili, in un blitz mirato a stanare i «terroristi
di Hamas» che si nasconderebbero nell’ospedale. Medici senza
frontiere ha denunciato in una nota «un numero imprecisato di
morti e feriti». Mentre un membro del suo staff è risultato
«irreperibile» a ridosso delle incursioni. Il personale medico di
Msf, aggiunge la nota, «è stato costretto ad abbandonare
l’ospedale, e soprattutto i pazienti al suo interno», nonostante
le forze israeliane «avessero detto al personale medico e ai
pazienti che potevano rimanere nella struttura». Le Idf
rivendicano l’operazione e hanno ribadito che «molti terroristi
sono stati uccisi e decine sono stati arrestati, compresi i
terroristi della Nukheba (l’unità di Hamas alla testa degli
attacchi del 7 ottobre, ndr). Ora il crescendo delle offensive sta
virando sempre di più su Rafah, la città che ha accolto oltre
metà della popolazione della Striscia (1,5 milioni di profughi),
in un’operazione che potrebbe infliggere un colpo anche più
grave alla crisi umanitaria in atto. Le Nazioni Unite hanno
pronosticato un disastro «oltre ogni immaginazione» in caso di
un’incursione on the ground nella località. (Il Sole 24 Ore)
Netanyahu frena ancora sui negoziati. Raid nell’ospedale a sud
di Gaza. Il premier: Stato palestinese? Non è tempo di regali.
L’Idf cerca gli ostaggi. Spinta Usa per la trattativa. Tensione
col Libano. Gallant: «Non vogliamo la guerra ma Hezbollah
sappia che possiamo attaccare Beirut». (Davide Frattini,
Corriere della Sera)
Piano Usa per il cessate il fuoco e i due Stati Israele: non è
tempo di regali ai palestinesi. La dura presa di posizione arriva
dopo le indiscrezioni del Wp sul piano di pace elaborato da
Stati Uniti e Paesi arabi. Si tratta di un programma dettagliato
per arrivare a una pace comprensiva tra israeliani e palestinesi
che include «una cronologia fissa» per la nascita dello Stato
palestinese. Il Washington Post aggiunge che l’annuncio di
questa nuova road map potrebbe avvenire «nelle prossime
settimane». Punto chiave del piano – precisa il quotidiano –
sarebbe il raggiungimento di un cessate il fuoco iniziale tra
Israele e Hamas di 6 settimane durante le quali gli Usa
annuncerebbero il progetto e la formazione di un governo
palestinese ad interim. (La Stampa)
«Il malinteso con il Vaticano? Un errore nella traduzione». Il
chiarimento dell’ambasciatore Schutz. Raphael Schutz,
ambasciatore di Israele presso la Santa Sede, sorvola con
prudenza. Mercoledì, una nota dell’ambasciata aveva definito
«deplorevole» la dichiarazione del cardinale Pietro Parolin
sulla «carneficina» in corso a Gaza. Dire «la guerra a Gaza»
non è corretto. Dal 7 ottobre c’è una guerra condotta contro
Israele. (Gian Guido Vecchi, Corriere della Sera)
Ma è proprio entro il 10 marzo che gli Usa sperano di portare a
casa l’intesa. A quel punto il piano americano a cui lavorano
anche Egitto, Giordania, Qatar, Arabia Saudita, Emirati e
rappresentanti palestinesi, prevedrebbe l’annuncio della road
map: il ritiro delle comunità di coloni (molte, se non tutte)
dalla Cisgiordania, una capitale palestinese a Gerusalemme
Est, la ricostruzione di Gaza, accordi di sicurezza e governance
per i Territori nella loro ritrovata unità. Per Israele, come
contropartita, garanzie specifiche di sicurezza e una
normalizzazione nei rapporti con Riad e altri Stati arabi. Un
piano irricevibile per Netanyahu ma soprattutto per
l’ultradestra del suo governo che vuole mantenere il “controllo
di tutta l’area a ovest del Giordano”. (Alessia Grossi, Il Fatto
Quotidiano)
L’Italia e il vertice del G7 straordinario il 24 febbraio In ballo
le riserve russe. Si negozia sui fondi congelati e sulle garanzie
a Kiev. (Federico Fubini, Corriere della Sera)
Armi nucleari nello spazio, Mosca smentisce: bugie Usa.
L’amministrazione Biden ha informato Congresso e alleati
europei di significativi passi avanti compiuti in segreto dalla
Russia nello sviluppo di un’arma nucleare nello spazio, che
può neutralizzare la vasta rete americana di satelliti militari e
civili. Di più: il Pentagono non ha oggi difese contro un
sistema ammazza-satelliti che rischia di accecare sorveglianza
e spionaggio, zittire comunicazioni e paralizzare centri di
comando e controllo. In gioco, per gli esperti, sarebbero sia
ordigni nucleari, che danneggino i satelliti con le radiazioni,
che reattori spaziali che alimentino ulteriori armamenti.
Arsenali atomici orbitanti potrebbero inoltre essere rivolti a
obiettivi terrestri. Una fonte ha definito il sistema russo un
potenziale «game-changer». Il Cremlino, con il viceministro
degli Esteri Sergei Ryabkov, ha apostrofato le rivelazioni
«calunniose menzogne». Un trucco per convincere i
parlamentari Usa a varare nuovi aiuti all’Ucraina nel conflitto
con Mosca per 60 miliardi di dollari, ritardati da resistenze tra i
repubblicani. (Marco Valsania, Il Sole 24 Ore)
I genitori del reporter Evan Gershkovich: “Italia e Ue premano
su Putin perché liberi nostro figlio, non è una spia”. Il reporter
del Wall Street Journal è in cella da un anno in Russia. Gli Usa
trattano per uno scambio di prigionieri. L’appello dei genitori a
Repubblica: «Sarebbe molto utile se i governi europei
facessero sentire la loro voce in difesa della libertà di
informazione». (Paolo Mastrolilli e Stefanie Bolzen,
Repubblica)
Trump a processo il 25 marzo È il primo per un ex presidente.
In Georgia testimonianza tesa per la procuratrice Willis, sotto
accusa per una relazione. L’ipotesi di un conflitto di interessi
mette a rischio l’intero procedimento. (Viviana Mazza,
Corriere della Sera)
“Danni alla salute dei nostri ragazzi” New York porta i social
in tribunale. Le scuse pubbliche di Zuckerberg non sono
bastate. New York ha deciso di portare in tribunale TikTok,
Facebook, Instagram, Snapchat e YouTube, accusando le Big
Tech di aver «alimentato una crisi mentale tra i giovani su
scala nazionale» e in particolare tra i giovani newyorkesi «a
livelli che non si erano mai visti». (Massimo Basile,
Repubblica)
Danilo Taino sul Corriere: Il nostro pigro fatalismo. Le
democrazie e le crisi nel mondo. L’inerzia dei governi
occidentali rischia di essere la quinta colonna degli autocrati e
dei terroristi.
Europa, crescita al palo Gentiloni sferza la Bce “Tagliare
presto i tassi”. Si riducono le stime di crescita e scende più del
previsto il livello dell’inflazione, nell’Eurozona e in particolar
modo in Italia. Dove quest’anno il Pil aumenterà soltanto dello
0,7% e l’inflazione si assesterà sul “benchmark” del 2%. Ed è
con questo quadro sul tavolo che la Commissione europea ha
lanciato ieri un velato segnale a Francoforte: «La Bce – ha
ricordato il commissario Paolo Gentiloni presentando le
previsioni economiche invernali – ha mantenuto invariati i
principali tassi di politica monetaria dall’autunno e ha respinto
le speculazioni su imminenti tagli dei tassi. Tuttavia, i mercati
si aspettano che la Bce inizi a tagliare i tassi prima e con
maggiore forza di quanto previsto in autunno». (Marco
Bresolin, La Stampa)
Economia europea in frenata: crescita ridotta a +0,8%. Come
prevedibile, la Commissione europea è stata costretta ieri a
rivedere al ribasso le proprie previsioni di crescita, tenuto
conto della straordinaria debolezza dell’economia tedesca e
dell’instabile scena internazionale, che tra le altre cose ha
scombussolato le rotte commerciali tra l’Asia e l’Europa.
Anche l’incerto esito delle prossime elezioni americane è tra i
fattori che pesano sulle prospettive economiche, secondo
l’esecutivo comunitario. Cominciamo dalle cifre. Secondo
l’esecutivo comunitario nel 2023 la crescita nella zona euro è
stata dello 0,5% (rispetto allo 0,6% stimato in autunno). Nel
2024, l’espansione dell’economia sarà solo leggermente
migliore, dello 0,8% (rispetto a una previsione precedente
dell’1,2%). A pesare sulla congiuntura sono la politica
monetaria restrittiva, politiche di bilancio più accorte così
come un calo della domanda internazionale. (Beda Romano, Il
Sole 24 Ore)
Mancano 10 miliardi dai conti. Non si può dire che Giancarlo
Giorgetti non sapesse cosa lo aspettava. Il primo allarme era
suonato dopo il 7 ottobre in Medio Oriente, e se ne era avuta
conferma nelle stime degli analisti indipendenti, tutte al
ribasso. Non si può dire nemmeno che l’Italia sia un caso
isolato, perché le previsioni della Commissione europea
raccontano del rallentamento delle economie di tutto il vecchio
Continente. La cattiva notizia è che mezzo punto di crescita in
meno significa un buco nei conti pubblici di dieci miliardi di
euro. La buona è che difficilmente questo scenario si tradurrà
entro l’estate in una richiesta di manovra correttiva.
(Alessandro Barbera, La Stampa)
Da Giorgetti a Fedriga tutti i no nel Carroccio alla corsa per
Bruxelles. Meloni:«Terzo mandato? Ne parliamo dopo giugno.
C’è tempo…». (Francesco Verderami, Corriere della Sera)
Mezzo milione di famiglie senza assegno di inclusione. Il
governo corre ai ripari. Il ministero del Lavoro nasconde i dati:
il Reddito andava a un milione di nuclei, ora sono 480mila
L’obiettivo dichiarato era 737mila. I requisiti penalizzano chi
ha tanti figli oltre i 3 anni. Tante le domande respinte: il
28%Ignoti i numeri degli assegni agli occupabili. Calderone
studia una revisione che limiti le distorsioni. (Valentina Conte,
Repubblica)
Le auto di lusso, la musica e le consulenze: l’impero di aziende
familiari di Fedez che ha fatturato venti milioni. Il consulente
del Codacons non ha trovato neanche una virgola fuori posto
ma ritiene che possano essere approfonditi alcuni aspetti.
(Alessio Campana e Andrea Ossino, Repubblica)
Desy non voleva più Christian. La mamma e la sorella uccise
dal finanziere di cui si fidavano. Latina, il giallo del movente:
il maresciallo non avrebbe sparato alla ex. (Rinaldo Frignani,
Corriere della Sera)
I giudici e i figli di coppie gay: «Discriminatorio indicare
mamma e papà sui documenti». Roma, il decreto Salvini
bocciato dalla Corte d’Appello. L’ira del ministro. (Ilaria
Sacchettoni, Corriere della Sera)
Michela era l’opposto del totalitarismo. Intitolarle una via? Lei
è già ovunque. Gli attacchi del sindaco. Il primo cittadino di
Cagliari dice che lei imponeva il suo pensiero. Al contrario,
accendeva una luce e non dava mai una rotta. (Roberto
Saviano, Corriere della Sera)
Processo a Don Giovanni. Ma oggi è ancora possibile elencare
le conquiste in un catalogo? La rilettura dell’opera di Mozart,
portata in scena da Mario Martone. (Viola Ardone,
Repubblica)
Il Corriere intervista Vittorio Emanuele Parsi: «Ho vagato
nell’Ade, sono vivo grazie al volto di Tiziana», il professore
dopo il risveglio dal coma. Intervista anche Loris Capirossi:
«Vivo per miracolo: nel 2005 mi esplose un polmone. Mio
figlio? Non ama le moto, era quello che speravo».
Gli Anniversari
889, Guido da Spoleto re d’Italia a Pavia
1848, Sicilia in rivolta: in fuga l’esercito borbonico
1857, nasce in Usa la prima scuola per sordomuti
1896, nasce la nuvoletta nei fumetti
1907, muore a Bologna Giosuè Carducci
1918, la Lituania proclama l’indipendenza
1923, tolti i sigilli alla tomba di Tutankhamon
1932, primo brevetto per un albero da frutto
1937, la Du Pont brevetta il nylon
1945, in funzione il primo computer della storia
1952, Zeno Colò: primo oro italiano nello sci alpino
1959, Fidel Castro primo ministro di Cuba
1975, a Ginevra si riapre il dialogo Usa-Urss
1976, Milano: al via le trasmissioni di Radio 105
1979, killer uccidono l’orefice Torregiani
1980, totale eclissi di Sole
1986, Nuova Zelanda: naufraga nave da crociera sovietica
1987, inizia il processo al nazista Ivan il terribile
1991, Usa e Gran Bretagna bombardano Bagdad
1994, terremoto a Sumatra: 217 morti
1999, vela: Soldini salva avversaria dalle onde
1999, rappresaglie per l’arresto di Ocalan
2005, in vigore in Italia il trattato di Kyoto
2011, ciclismo: Armstrong annunciò il ritiro
Nati oggi
1917, Luigi De Laurentiis
1940, Salvatore Lo Presti
1941, Kim Jong-il
1954, Amedeo Goria
1959, John McEnroe
1960, Rosaria Capacchione
1963, Claudio Amendola e Massimo Ciancimino
1979, Valentino Rossi
Si festeggia Santa Giuliana