Presidenziali Usa: Michelle Obama in corsa a partire da luglio, patto segreto con Joe Biden

Da Washington fonti autorevoli rivelano ad Associated Medias l’esistenza di un accordo riservato tra il Presidente in carica e l’ex first lady. Il patto prevedrebbe, in caso di problemi, il subentro in corsa nel mese di luglio della moglie di Barak

Michelle Obama

di Guido Talarico

Michelle Obama ha più volte detto che non correrà per la Casa Bianca. E pubblicamente questa è ancora la versione che domina. Ma le cose in realtà non starebbero così. Autorevoli fonti democratiche di Washington, consultate da Associated Medias, dicono che lo schema è un altro e raccontano di un patto segreto tra Biden e gli Obama. In realtà, spiegano queste fonti, Michelle scenderà in campo poco prima delle convention estive.

Questa attesa è dovuta a due ragioni. La prima è vedere come l’uscente presidente e collega di partito Joe Biden arriverà al prossimo luglio. Gli ultimi sondaggi del New York Times dicono che al momento è in rimonta su Donald Trump e lo ha quasi raggiunto. Lo scenario nazionale ed internazionale, basti pensare alla drammatica situazione bellica in Israele e in Ucraina, sono però in rapida evoluzione. Il che significa che il presidente potrebbe guadagnare ancora ma anche perdere consensi.

JOE BIDEN PRESIDENTE USA

Poi, sempre dal lato Biden, c’è il tema della sua salute, che appare molto precaria, e della sua stessa forma fisica. Tutti sanno che per arrivare in fondo alla corsa presidenziale ci vuole una tempra che oggi Joe non sembra proprio avere.

La seconda ragione che vede Michelle alla finestra è legata questa volta a Trump e alle sue vicende giudiziarie che potrebbero comprometterne la corsa. Senza contare che lo stesso candidato repubblicano con i suoi 77 anni non è molto più giovane del suo contendente che di anni ne ha 81. Insomma, la moglie di Barak Obama sta aspettando che i due anziani contendenti si scontrino fino alla fine e poi, all’ultimo minuto, se ne sussisteranno le condizioni, lei potrebbe scendere in campo fresca come una rosa, pronta a salvare i democratici dalle grinfie del tycoon repubblicano.

Donald Trump

Ma c’è di più, alcune di queste fonti raccontano che nella famiglia democratica l’accordo segreto tra gli Obama (ricordiamo che Joe è stato il fedele vice di Barak) e Biden viene da lontano ed è più articolato. Il patto, stabilito sin dall’inizio della competizione elettorale, in sostanza sarebbe questo: Biden avrebbe avuto modo di giocare le sue carte per la rielezione, con il pieno sostegno degli Obama e del partito, dandosi tempo fino ai primi di luglio 2024. Se a quella data i sondaggi lo avessero dato in netto vantaggio su Trump, se la sua forma fisica fosse stata compatibile per affrontare il rush finale, Biden avrebbe avuto via libera e pieno sostegno per continuare la sua corsa. Al contrario, in caso di una qualche ulteriore sofferenza fisica o di un ritardo nei sondaggi, allora ecco il coup de theatre con Michelle a sorpresa in campo, pronta a salvare i democratici e la patria dal Wasp cattivo.

I sondaggi del NYT – In Blue Biden

Il New York Times, nel commentare gli ultimi sondaggi realizzati in collaborazione con il Siena College, scrive così: “I risultati dei sondaggi, sempre più vicini, sono l’ultima prova di una competizione per il 2024 che entrambe le campagne stanno preparando per essere molto combattuta. Le ultime due elezioni presidenziali sono state decise da decine di migliaia di voti in una manciata di Stati in bilico, e questa potrebbe essere altrettanto combattuta. In una nazione così equamente divisa, anche il più piccolo spostamento di consensi potrebbe rivelarsi decisivo”.

Dunque una battaglia serrata, combattuta da due candidati anziani ed entrambi fragili, seppure per motivi di versi. Immaginate in un contesto così, equilibrato e precario allo stesso tempo, quanto deflagrante e potenzialmente ti successo possa essere la sorpresa di una candidatura di Michelle Obama. La prima donna e allo stesso tempo la prima donna di colore candita presidente. Un avvocatessa preparata, vicina alle battaglie sociali più sentite dall’opinione pubblica americana, e per di più già esperta di come funziona la vita alla Casa Bianca. Non vi è alcun dubbio che la sua candidatura avrebbe un grande impatto sull’elettorato americano che, dal un lato e dall’altro, ad oggi pensa di dover votare per il meno peggio.

E’ ancora il New York Times che ci da una mano in questa analisi: “Nell’ultimo mese – scrive il NYT – il sostegno del signor Biden tra gli elettori bianchi è rimasto fermo, ma è aumentato tra gli elettori neri e latini, anche se è ancora inferiore ai livelli tradizionali di sostegno democratico. Il signor Biden è andato meglio di un mese fa nei sobborghi e tra le donne, anche se è stato più debole tra gli uomini. Gli elettori più giovani rimangono una debolezza persistente, mentre gli elettori più anziani rappresentano una fonte di forza relativa per il Presidente democratico”. Insomma gli mancano neri, latini e giovani. Esattamente quelli che potrebbe invece portare Michelle con una certa facilità, ai quali naturalmente andrebbe aggiunto il voto femminile, che fluirebbe naturalmente di più verso la ex first lady.

Michelle Obama a Milano per l’Expo

A tutto questo si aggiunge una questione tecnica, di ordine costituzionale. Fino a che momento Michelle Obama può subentrare nella corsa a Joe Biden? Anche il tema del “quando” sembra tuttavia un aspetto risolto e codificato dall’accordo segreto sin dall’inizio. Elaine Kamarck, senior fellow presso la Brookings Institution e membro del Comitato Nazionale Democratico in una recente intervista ha spiegato che la scadenza formale per fare un eventuale cambio in corsa dei candidati è a giugno o ai primi di luglio, vale a dire prima delle Convention dei due partiti, quella Repubblicana, che si svolge dal 15 al 18 luglio a Milwaukee, e quella Democratica, che si svolge dal 19 al 22 agosto a Chicago.

Certo sarebbe uno scenario diverso dal solito, dove qualsiasi nuovo candidato che voglia inserirsi nella corsa, per un impedimento del precedente candidato, dovrà comunque essere nominato alla propria convention stessa, le cui regole sono diverse per ogni partito. Alla convention democratica, i nuovi candidati hanno bisogno di almeno 300 firme di delegati per ottenere la nomina. Dal lato repubblicano invece le regole prevedono che i candidati devono produrre la prova del sostegno di una serie di delegati provenienti da almeno cinque Stati.

Insomma, siamo dinnanzi ad un scenario nuovo anche in termini di procedure ma legalmente e tecnicamente percorribile. Ed il tutto pende nettamente a favore di una candidata che ha nella sua indole, nella sua storia personale, nel suo curriculum argomenti più ampi, più solidi e più convincenti dei due candidati attualmente in corsa. Ecco perché questo racconto sull’accordo segreto tra Joe e Michelle, pure avendo le apparenze di un’indiscrezione fatta circolare per sondare umori e reazioni, rimane molto credibile.

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