“Quasi a Casa”, film d’esordio di Carolina Pavone, è un’opera d’autore per gli amanti del buon cinema

In questo viaggio complicato, a tratti doloroso, comune a tanti, che alla fine porta “quasi a casa” Pavone è andata bene a fondo alle cose, regalandoci con candore ed onestà sé stessa e chi le sta più vicino. Film da non perdere

Carolina Pavone

 

di Guido Talarico

Per gli amanti del buon cinema “Quasi a casa”, opera di esordio di Carolina Pavone, è un film da non perdere, da vedere perché ci dice che ci sono giovani donne che hanno voglia e sanno raccontare storie sospese, raffinate, profonde e lo sanno fare maneggiando la telecamera con la sapienza lenta dei maestri di cinema. Quella di Pavone è infatti una fotografia e una narrazione che scavano indugiando a dovere per entrare nell’anima dei protagonisti e regalarla agli spettatori.

A loro Carolina Pavone porta in dono la forza e l’incisività che soltanto le storie autobiografiche sanno emanare. E lo fa infatti mettendoci dentro tutta sé stessa: le proprie ambizioni, forti e fragili allo stesso tempo, le ansie di una crescita incerta, l’amore e la lotta col maestro (che nel caso suo è Nanni Moretti). E’ come se questa giovane regista di soli 30 anni abbia introiettato una delle lezioni più importanti di Annie Leibovitz, una delle più grandi fotografe di sempre. “La cosa migliore che un giovane fotografo possa fare è restare vicino a casa – spiega Leibovitz – Cominciate con i vostri amici e la vostra famiglia, con le persone disposte a lasciarsi fotografare da voi. Scoprite che cosa significa immergersi in questo lavoro ed entrare in intimità con il soggetto. Misurate la differenza fra questa esperienza e quella di fotografare qualcuno che non conoscete altrettanto bene”.

 In questo viaggio complicato, a tratti doloroso, comune a tanti, che alla fine porta “quasi a casa” Pavone è andata bene a fondo alle cose. Ci ha regalato con candore ed onestà se stessa e chi le sta più vicino. C’è la musica, che da un lato è il filo conduttore di tutto il film e che dall’altro è la grande passione di suo padre, Pino Pavone, sofisticato paroliere e cantautore. Gli amici, che sono i compagni di viaggio. E c’è soprattutto la ricerca del proprio futuro nel difficile duplice confronto con sé stessi e con il proprio maestro.  Nanni Moretti, che con Marta Donzelli e Gregorio Paonessa ha prodotto il film, oltre ad essere uno dei grandi protagonisti del nostro cinema, come attore, regista, produttore ed anche esercente, è anche un curatore di talenti. Non a caso in “Quasi a casa”, film prodotto da Sacher Film e Vivo film con Rai Cinema in associazione con Totem Films e musiche di Coca Puma, gli esordienti erano non so più quanti.

Di Carolina Pavone, che ha avuto come assistente alla regia in tre suoi film (Mia madre, Tre piani e Il sol dell’avvenire) Moretti è indubbiamente mentore e riferimento cinematografico. Ma “Quasi a casa” non è un’opera strettamente morettiana. Il comune denominatore è la ricercatezza della sceneggiatura, la profondità dell’introspezione e anche un modo di utilizzare la telecamera. Ma poi ognuno per la strada sua…  Il film di Pavone racconta in modo originale di una relazione asimmetrica che si sviluppa tra Caterina (interpretata da Maria Chiara Arrighini), una ventenne con il sogno di diventare una cantante, e Mia (Lou Doillon), già affermata artista di successo. Le due si incontrano per caso al mare, ma inizialmente Caterina si comporta più come una fan accanita che come una aspirante musicista. Tuttavia, attraverso il loro strano legame, Caterina intraprende un percorso di crescita personale, articolato in tre capitoli distinti: Non guardare giù, Il futuro comincia lentamente e Quasi a casa. Ed è attraverso questi tre capitoli che si dipana una di quelle storie che gli amanti del cinema non dimenticano.

Io non so dire se sia nata una stella. A me, a giudicare da questa splendida opera prima fatta a soli 30 anni, parrebbe di si. Ma so che per far nascere le stelle, anche nel cinema, occorrono fusioni nucleari a reazioni di una certa complicazione. Insomma, bisogna aspettare e vedere. Quel che si può dire però con certezza è che con “Quasi a casa” Carolina Pavone ci ha regalato una sineddoche culturale, una parte per il tutto.  Dove la parte è la storia di Caterina e il tutto è il racconto cinematografico. Il grande cinema, quello che emoziona, che fa riflettere e sognare, è infatti soltanto quello che riesce a lasciare lo spettatore sospeso fra le tante verità che la vita ci offre. Viaggi ben raccontati che offrono tutte le letture nelle quali ci si può ritrovare. Del resto nessuno di noi arriva mai a casa, ma ci va vicino quel tanto che serve, che basta per andare avanti. L’opera prima di Carolina Pavone parla di un futuro che forse parte lentamente ma che certo appare luminoso.

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