Rapporto Confindustria, il 68% delle imprese ha difficoltà a trovare personale da assumere

Incontra forti  ostacoli anche chi cerca dipendenti a cui affidare mansioni manuali (nel 47,9% dei casi a livello nazionale e nel 58,9% nel settore industriale).

 

Il 68% delle imprese italiane incontra difficoltà a trovare personale da assumere. Lo sottolinea l’ultimo rapporto di Confindustria sul lavoro.  A rendere arduo il reperimento di risorse umane sono le scarse competenze tecniche ( cosa complessivamente segnalate dal 69,2% delle aziende) ma non solo. Incontra forti  ostacoli anche chi cerca dipendenti a cui affidare mansioni manuali (nel 47,9% dei casi a livello nazionale e nel 58,9% nel settore industriale). Con riferimento agli ambiti aziendali, si legge, in due terzi dei casi le difficoltà vengono riscontrate nella ricerca di competenze funzionali alla transizione digitale, in quasi un terzo dei casi se funzionali a una maggiore internazionalizzazione dell’impresa, nel 15% circa dei casi in funzione della transizione green.

Tra le azioni intraprese in risposta al fabbisogno di competenze, le imprese prevedono principalmente attività di formazione rivolte al personale attualmente in forza (nel 59,7% dei casi). Quasi la metà delle imprese (49%) fa, inoltre, ricorso a servizi esterni come le consulenze e quasi un terzo (28,5%) si dichiara coinvolto in programmi educativi sul territorio (ITS Academy, Pcto, tirocini curriculari, ecc.).

Con riferimento al lavoro agile, i risultati indicano che il 32,6% delle imprese che hanno partecipato all’indagine ha utilizzato questa modalità di lavoro nel 2023. In particolare, questa quota risulta quasi quadruplicata rispetto alle imprese che lo utilizzavano prima del Covid. Per quanto riguarda l’intensità di utilizzo del lavoro agile, nelle imprese in cui esso è previsto, mediamente il 34% dei dipendenti non dirigenti ha utilizzato tale modalità di lavoro, per lo più per 2 o 3 giorni a settimana (tra 4 e 12 giorni al mese).

L’indagine continua a monitorare l’applicazione di contratti collettivi aziendali e le materie regolate da questi accordi. A inizio 2024 oltre un quarto delle imprese associate (il 25,2%) applica un contratto aziendale, cioè firmato con RSU/RSA o rappresentanze territoriali. La diffusione è maggiore nell’industria in senso stretto (dove il contratto aziendale è presente nel 33,4% delle imprese) rispetto ai servizi (18,1%) e nelle imprese più grandi (76,9% in quelle con 100 o più dipendenti) rispetto a quelle più piccole (11,6% fino ai 15 dipendenti).

La diffusione della contrattazione aziendale mostra quindi percentuali più elevate se calcolata sulla base degli addetti: risultano occupati presso aziende che la applicano il 65,1% dei dipendenti nel campione complessivo – media tra il 69% registrato nell’industria in senso stretto e il 59,1% registrato nei servizi.

Le materie regolate dal contratto aziendale, quando presente, sono principalmente i premi di risultato collettivi (nel 60,4% dei contratti), la conversione dei premi di risultato in welfare (47,7%), l’orario di lavoro (46,7%), l’offerta di servizi di welfare aggiuntivi (39%), la conciliazione vita-lavoro (36,7%). L’indagine di quest’anno contiene un focus proprio con riferimento ai premi variabili collettivi e alla loro conversione in welfare. Innanzitutto, l’indagine ha rilevato che nel 2023 in oltre il 60% delle imprese sono stati effettivamente erogati i premi variabili collettivi previsti dal contratto aziendale. Inoltre, nel 40,2% delle imprese mediamente un terzo dei lavoratori ha deciso di convertire i due terzi del premio ricevuto in welfare.

Il 51,3% delle imprese hanno dichiarato di erogare welfare. Tale quota deriva dalla somma di coloro che lo erogano perché previsto dalla contrattazione aziendale (14,4% del totale) e di coloro che lo erogano perché previsto da altre fonti (es. CCNL) o su iniziativa unilaterale del datore di lavoro.

Nel complesso l’occupazione dipendente  nelle imprese associate a Confindustria è aumentata dell’1,4% tra fine 2022 e fine 2023, sintesi di un incremento dello 0,5% nelle imprese dei servizi e dell’1,9% in quelle dell’industria. L’aumento coinvolge aziende di ogni classe dimensionale – seppur in misura diversa – da quelle fino a 15 dipendenti (+0,6%) a quelle con 16-99 dipendenti (+2,1%) a quelle da 100 dipendenti in su (+1,1%).

Nelle imprese associate, la crescita occupazionale nel corso del 2023 è trainata dalla componente femminile (+3,4%), mentre quella maschile risulta pressocchè stabile (+0,3%; Figura A). Secondo i dati della “Rilevazione sulle Forze di Lavoro” condotta dall’Istat, l’occupazione alle dipendenze complessiva in Italia nel 2023 ha invece registrato una crescita media annua simile per uomini e donne, con un aumento rispettivamente del +2,2% e del +2,5%.

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