Ridisegnare i sentieri e gli scenari della formazione

Il mondo contemporaneo è attraversato da diverse crisi che richiedono ormai un approccio integrale atto a ripensare lo sviluppo e nuovi parametri di crescita. Occorre quindi indicare prospettive e soluzioni per alcuni delle sfide più pressanti che riguardano la nostre società, come la transizione digitale, l’avvento dell’ IA, i nuovi scenari geopolitici e le conseguenti ricadute geoeconomiche.

È necessario promuovere processi formativi secondo un modello di sviluppo solidale che attraversi le generazioni per favorire una crescita inclusiva, sostenibile e generativa. Le scienze dell’educazione, pedagogia e sociologia, avvalorano la formazione per lo sviluppo integrale della persona, nell’università, nel mondo produttivo e nella società civile. Tuttavia nel nostro Paese permangono grosse criticità in relazione alla realizzazione dei giovani in ambito professionale e lavorativo. Come affermato ad esempio dall’ Amministratore Delegato di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina:” I giovani sono il volàno per tornare a crescere, in un mondo in cui nuove competenze, nel digitale, nel green, saranno fondamentali. Investire nei giovani è quindi centrale, soprattutto nella formazione. II giovani oggi più che mai devono quindi essere al centro dell’agenda politica. Un’agenda per i giovani è indubbiamente fatta di più capitoli, ma il più importante nell’immediato credo sia quello del sistema formativo, troppo distante dai bisogni delle imprese e che contribuisce quindi poco alla crescita delle giovani generazioni”.

La formazione, come le competenze. è un qualcosa di non tangibile e quindi apparentemente difficile da identificare. Questa è però determinata certamente dal fatto che ciascun individuo, nel corso della propria vita, attraversa delle fasi di studio e delle fasi di attuazione della conoscenza. Questi processi si sviluppano tramite la scuola e l’università (il primo), tramite il mondo del lavoro e l’interazione sociale (il secondo). Per questo la formazione altro non è che la sintesi delle conoscenze che sono state ricevute durante la fase dell’educazione e durante quella professionale.

Ma la formazione, di base e avanzata, dovrebbe essere co-progettata in dialogo costante con i territori, i datori di lavoro, le aziende e la società civile. Dovrebbe puntare di più alle competenze trasversali e cercare un giusto equilibrio tra teoria e pratica: la prima senza la seconda è un esercizio astratto e ideologico, la seconda senza la prima è un fare insensato e scontato.

I benefici di questo dialogo potrebbe concretizzarsi nelle:

  • analisi dei fabbisogni formativi, che consiste nello studio delle esigenze e delle aspettative delle persone, delle imprese e del territorio, al fine di individuare le priorità e gli obiettivi della formazione;
  • la progettazione dei percorsi formativi, che consiste nella definizione dei contenuti, delle metodologie, delle modalità, dei tempi e dei luoghi della formazione, in coerenza con i fabbisogni formativi dei professionali di riferimento;
  • la realizzazione dei percorsi formativi, che consiste nell’erogazione delle attività formative, sia teoriche che pratiche, utilizzando le risorse e le strutture disponibili, sia in presenza che a distanza;
  • la valutazione dei percorsi formativi, che consiste nel monitoraggio e nella verifica degli esiti e degli impatti della formazione, sia in termini di apprendimento che di inserimento o progressione lavorativa;

Lo squilibrio, inteso come discrepanza tra hard e soft skills ricercate dai datori di lavoro e le competenze e abilità effettivamente possedute dai candidati, non riguarda però solo le aree professionali basiche ma connota anche le area dei manager e dei dirigenti. La difficoltà di reperimento di figure dirigenziali in Italia, secondo le elaborazioni dell’Osservatorio 4.Manager su dati Anpal, nel 2023 ha riguardato quasi sette imprese su dieci. L’innovazione tecnologica e digitale, il cambiamento climatico, la crisi energetica, la pandemia prima e i conflitti poi, e ancora la domanda di flessibilità delle persone hanno innescato una profonda trasformazione dei modelli organizzativi e formativi.

Come è noto l’industria 4.0 è un processo che scaturisce dalla quarta rivoluzione industriale e che indirizzerà le politiche industriali ed energetiche ad essere automatizzate e interconnesse. Per questo abbiamo bisogno di un nuovo paradigma formativo che crei quelle nuove figure di cui vi è bisogno per far fronte alle richieste del mercato e rafforzi, contemporaneamente, le competenze dei profili più senior. La scuola, l’università e le reti del mondo del lavoro dovrebbero unirsi per aggiornare e rafforzare il nostro sistema formativo. Solo in questo modo potremo aumentare la competitività del nostro Paese. E forse così si potrebbe arrivare lì dove la politica fino a oggi non ha saputo portarci.