“Scrivere al tempo di ChatGPT”, l’IA non ucciderà le nostre parole

Perché sforzarsi a scrivere una lettera d’amore o un messaggio a un amico se lei (l’IA) è spaventosamente veloce, gentile, paziente, efficace, quasi seduttiva, chiede scusa se sbaglia, e ti ringrazia se la correggi, ti incoraggia. Come resisterle?

«Caro amico, ti scrivo…». E qui mi fermo. Al resto ci pensa ChatGPT. Tre secondi e la mia mail è bella che finita, poco importa che non sia la mia. Così per la tesi, il tema, la presentazione, la ricerca, la relazione, l’articolo, il post, il curriculum, il discorso, il libro, la poesia e la lettera romantica. «Caro amore….», e stop. Perché sforzarsi se lei (l’IA) è spaventosamente veloce, gentile, paziente, efficace, quasi seduttiva, chiede scusa se sbaglia, e ti ringrazia se la correggi, ti incoraggia. Come resisterle?

Scrittura bye bye, è stato bello conoscerti e frequentarti, declinarti in tutti i modi possibili, emozionarci con te. Ma adesso, senza offesa, possiamo anche finirla qui. Aiuto! Ci rendiamo conto cosa vuole dire rischiare di perdere uno strumento così profondamente umano e al tempo stesso il più “tecnologico” che ci sia, quello che usiamo anche per interrogare l’IA? La scrittura, appunto. Se lo chiede  Angela Padrone, per una vita giornalista de “Il Messaggero” e per anni vice caporedattore centrale del quotidiano romano, in un libro da poco pubblicato con Rubettino “Scrivere al tempo di ChatGPT” . Sottotitolo: Articoli, temi, tesine, mail, lettere d’amore e prompt. Manuale per sopravvivere all’IA”.

Davvero la scrittura è in pericolo? No, sostiene l’autrice, la parola scritta  non diventerà inutile, obsoleta, superata dall’intelligenza artificiale. Al contrario, oggi c’è una rinascita della scrittura perché scrivere e comunicare sono competenze sempre più richieste nel mondo del lavoro. Pensiamo ai social, ai creator, ai copywriter. Pensiamo ai prompt, i testi con cui “attiviamo” l’intelligenza artificiale generativa. Tutto parte dalla scrittura e lì torna. ChatGPT scrive per noi se noi le scriviamo, l’efficacia della risposta dipende dalla puntualità della domanda. Cosa altro è il Prompt Engineering «se non la capacità di porre le domande giuste alle macchine?».

Lo ammette la stessa IA. «La mia utilità è complementare alla capacità umana di scrivere in maniera chiara ed efficace», questa la risposta di ChatGPT alla domanda rivolta da Angela Padrone su quali fossero le sue «capacità». Difficile convincerci che dietro le parole, per la macchina, ci siano solo numeri e tutto questo non abbia per lei alcun senso e sia solo una replica. Ma il punto è proprio questo. «Solo noi possiamo dare un senso al contenuto»,  sottolinea la giornalista. ChatGPT non potrà fare altro che «scrivere ciò che altri hanno pensato e scritto, magari con qualche errore e invenzione, che noi amiamo chiamare “allucinazioni”, perché è più poetico».

L’ “Intelligenza Artificiale che scrive”, dunque «è una soluzione, o un problema?»,  si chiede l’autrice.

Il fatto è che da ChatGPT non si torna indietro,  la tecnologia non si «disinventa».  Bisogna imparare a usarla, guidarla, correggerla, bisogna essere in grado di controllarla e contraddirla. Saper scrivere si rivela in questo senso lo strumento più all’avanguardia che ci sia. «Credo fortemente che la scrittura serva a capire e a essere sicuri di ciò che si pensa.…Serve a imparare a pensare. E poi servirà anche a vivere». La scrittura, insomma, ci rende individui che attraverso la parola esercitano logica, potere, fantasia, emotività, argomenta la giornalista e docente.  Quell’individualità che la macchina non potrà mai restituire.

Peccato che i più giovani siano sempre meno abili.  L’idea di un manuale di scrittura è venuta alla scrittrice frequentando le aule dell’università della Tuscia dove tiene un Laboratorio di scrittura giornalistica. Lì ha incontrato tanti studenti in difficoltà anche soltanto davanti a un testo da riassumere. Angela Padrone (già autrice di diversi saggi sul mondo del lavoro), intreccia nel suo libro ricordi di alunna delle elementari, alle prese con i primi temi, di studentessa e poi giornalista,  con consigli e raccomandazioni. Tra le cose da fare, suggerisce: leggere, riscrivere, semplificare, tagliare aggettivi e avverbi inutili. Tra le cose da evitare:  il passivo, le frasi fatte e lunghe, la vaghezza, lo studio della grammatica.

Una sorta di manuale “autobiografico”, gradevolissimo. Un libro leggero, nella scrittura, e profondo che interroga scrittori, linguisti, neuroscienziati, fisici, filosofi, giornalisti. E pone domande “filosofiche”:  siamo o meno obsoleti? Siamo ancora così straordinari, come pensavamo? E se perdessimo il controllo della macchina? Di fronte a questi interrogativi, c’è l’urgenza, sostiene Padrone, di quella che lei chiama «controffensiva umana», a cominciare dalla scrittura. «Salvare la nostra capacità di usare il linguaggio scritto, in modo tale da salvare la nostra capacità di pensiero profondo». E dunque, di critica, di riflessione, di ribellione. Salvare, insomma, la nostra libertà.

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