Stellantis: i meriti del giovane Elkann, in una industria che cambia

di Giulio Talarico

Roma – Il mondo dell’automobile è in continuo cambiamento. E’ una caratteristica tipica di un settore fatto di tecnologia, dunque in evoluzione per definizione, che tuttavia le varie crisi hanno accentuato ancora di più. Dopo la crisi del 2008 i sommovimenti, alcuni drammatici, furono vari, oggi, con una crisi post covid i cui confini non sono stati ancora tracciati, se ne preannunciano di altrettanto importanti. Cambiamenti di tipo societario, con fusioni e accorpamenti, ma anche si tipo produttivo, dovuti anche all’ormai improcrastinebile e più che doverosa spinta ambientalista.  Ogni anno le case automobilistiche sfornano infatti nuove tecnologie ed innovazioni conformi ai bisogni del consumatore e alle svariate norme politico-economiche ed appunto ambientali dei rispettivi paesi di provenienza. Una competizione molto accesa che talvolta segna i destini di intere generazioni di industriali, ingegneri e progettisti.

Ma questo è un gioco al quale non tutti possono partecipare. Per poter accedere al gran ballo delle acquisizioni e delle fusioni occorre avere alle spalle una grande forza economica. Soprattutto ora che di acquisizione in acquisizione i gruppi sono diventati enormi e soprattutto ora che il mondo si sta spostando verso l’ibrido e l’elettrico, motorizzazioni i cui costi di ricerca e produzione saranno sempre più elevati. Soldi, ma non solo. Serve anche una visione vincente e tanto, tanto coraggio. Proprio per questi motivi molte case costruttrici – e gli azionisti che hanno le qualità di cui soprata – appenata possono provano a crescere per acquisizioni e fusioni.  Del resto basti guardare a quel che ha fatto la “piccola” Fiat di un tempo, che oggi con FCA ha un impero che va da Ferrari a Maserati, da Jeep a Lancia, o basti guardare al gruppo Volskwagen che tiene sotto la sua ala marche come Audi, Bugatti, Lamborghini, Ducati, Porsche, Bentley, Seat e Skoda. Non a caso infatti l”auto del popolo” tedesca, è il gruppo automobilistico più potente in Europa e secondo al mondo dopo la Toyota.

In questo contesto, si capisce perchè negli ultimi mesi gli occhi degli analisti e degli investitori sono puntati sulla fusione che si dovrebbe concludere entro il primo trimestre 2021 del gruppo “italo-americano” FCA e del gruppo francese PSA. Un’operazione che ha tutte le caratterisrtiche di cui sopra. La holding nascente dalla fusione verrà chiamata “Stellantis”, nome che tradisce ambizioni e posizionamento, e cadrà sotto la direzione dell’attuale presidente e amministratore delegato dell’FCA, John Elkann, un industriale cosmopolita che, benché ancora molto giovane, anno dopo anno sta facendo crescere come pochi altri nel suo settore l’impero economico ereditato dal nonno. Un impresa per nulla semplice e affatto scontata, che dimostra come il giovane Elkann, che brilla anche con la sua Exor, abbia la stoffa dei grandi capitani d’industria.

Venendo a cosa farà e a quali saranno gli asset migliori di Stellantis, gli occhi vanno innanzitutto puntati al settore dei minivan e furgoni commerciali leggeri (sotto le 3,5 tonnellate). La collaborazione fra FCA e PSA è molto solida ed esiste ormai da molti anni. L’intesa fin qui si è basata sull’adozione condivisa di motorizzazioni, telai e design sviluppati da ingegneri di entrambi i lati. Trasformare queste innumerevoli collaborazioni in una fusione vera e propria è una mossa vincente per i due gruppi, perché consente loro di aumentare la possibilità di competere con maggiore efficienza nella concorrenza alle grandi multinazionali quali BMW, Volkswagen, Tata motors. Un fusione definitiva che il mercato certamente saprà premiare.  E lo stesso dovrebbe avvenire nel segmento automobili, che forse non avrà la strada spianata che soprattutto in Europa si troveranno minivan e furgoni commerciali, ma che certamente beneficerà anche esso delle varie sinergie che le due case insime potranno adottare.

Non a caso se e quando la transazione da 50 miliardi di euro andrà a termine, nascerà la quarta potenza automobilistica al mondo. Già adesso i rispettivi furgoni PSA e FCA sono i più acquistati da aziende e società possedendo un terzo del mercato europeo. Se a questo dato ci si accosta una futura disposizione di capitale più ampia e i migliori ingegneri provenienti da marche quali Alfa Romeo, Maserati, Dodge, Peugeot ecc. la fusione verrebbe ad avere una forza smisurata. Inevitabile l’indagine da parte dell’Antitrust dell’unione europea con a capo Margrethe Vestager, che teme un monopolio da parte del nuovo accordo. L’indagine, iniziata l’8 maggio 2020 dalla commissione, avrà un tempo lavorativo di 90 giorni. Il verdetto arriverà il 22 ottobre 2020. “La commissione teme che con questa fusione la concorrenza possa ridursi notevolmente, soprattutto negli stati membri quali Belgio, Grecia, Repubblica Ceca, Francia, Italia, Lituania, Lussemburgo, Ungheria, Polonia, Portogallo, Slovacchia, Slovenia, Spagna e Regno Unito” ha detto Vestager a La Repubblica. I due gruppi, nonostante ciò affermano che i preparativi per la fusione continueranno come da programma e che non saranno altro che collaborativi con la commissione onde mantenere un clima costruttivo durante la transazione.

Il monopolio, a prescindere dall’esito dell’indagine già esiste. Basti pensare che fra i top 10 furgoni leggeri più venduti in Europa 7 modelli provengono dai due gruppi FCA e PSA con tre posti occupati da tre modelli della gamma Fiat, due della Peugeot, uno della Citroen e uno della Renault. Fra i rimanenti tre, due appartengono alla casa costruttrice americana Ford e uno Iveco. Pensare che questa fusione vada ad incidere notevolmente su un mercato già “monopolizzato” dai due gruppi sarebbe vano. Bisogna anche comprendere che con questa fusione si trarranno ulteriori vantaggi. Il nuovo gruppo dotato di una grande base finanziaria e di ingegneri molto qualificati, farà grandi passi nell’industria delle quattro ruote introducendo nuove tecnologie e motorizzazioni basate sull’uso di fonti alternative di energia necessario in un mondo in continuo spaostamento.

Si narra che Giovanni Agnelli abbia mostrato il suo talento sin da ragazzino vendendo due uova e reinvestendo i ricavi in altre uova e raddoppiando le uova ad ogni giro fino a quando un giorno morì il nonno ed ereditò l’impero automobilistico più grande d’Italia. Ma è solo una storiella, inventata chissà da chi, nello scorso secolo. John Elkann invece sembra dotato di una stoffa addirittura migliore di quella preziosissima e raffinata di cui era fatto il suo mitico nonno. Elkann ha saltato la fase delle uova ed è andato direttamente alle aziende, che compra e vende raddoppiandone ogni volta il valore come fossero uova.

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