Tempeste di sabbia in Iraq: tra cambiamenti climatici ed errori umani

Nell’ultimo mese circa 10.000 persone sono finite in ospedale per problemi respiratori e una persona ha perso la vita. Tra le ragioni delle tempeste l’aumento delle temperature e i comportamenti umani, da Saddam a oggi

di Ilaria Bertocchini

Le tempeste di sabbia, che colorano i cieli iracheni di arancione, iniziano a diventare un fenomeno sempre più frequente in Iraq, che nell’ultimo mese ne ha registrate almeno dieci, con danni materiali e alle persone. Basti pensare che durante due delle ultime tempeste di sabbia, quasi 10.000 persone sono finite all’ospedale per problemi respiratori e una persona ha perso la vita.

Senza dubbio le tempeste di sabbia sono un fenomeno naturale e comune nella regione. Tuttavia, secondo gli esperti, il loro intensificarsi è dovuto ai cambiamenti climatici e alla desertificazione, alla diminuzione delle precipitazioni seguite dalla inadeguata gestione dell’acqua e dei territori verdi, ed anche alle fallimentari politiche irachene attuate dall’inizio della guerra del 2003. Il Ministro dell’Ambiente ha annunciato che nei prossimi due decenni il Paese potrebbe avere 272 giorni di tempeste di sabbia all’anno, sino ad oltre 300 entro il 2050.

Il cambiamento climatico

Le ragioni principali dell’aumento delle tempeste di sabbia sono legate ai cambiamenti climatici, in primis all’aumento delle temperature, e alla diminuzione dell’acqua disponibile nel Tigri e nell’Eufrate, i due fiumi principali del Paese. Il livello dell’acqua è infatti notevolmente diminuito, a causa dell’eccessivo sfruttamento delle risorse idriche e dell’uso di dighe, con un conseguente aumento di terre aride e sterili. Il prosciugamento del terreno porta così al degrado del suolo e aumenta la desertificazioneSecondo l’ambientalista Azzam Alwash, questo fenomeno è dovuto anche all’aumento della salinità dell’acqua, causato all’innalzamento del livello del mare che porta l’intrusione di acqua salata nei bacini dolci dell’Iraq, arrivando a uccidere anche la flora e la fauna.  Infine, secondo uno studio realizzato nel 2016, le tempeste di sabbia sarebbero favorite dalla “Niña”, il complesso insieme di eventi atmosferici che avviene periodicamente nel Pacifico meridionale, connesso alle variazioni di temperatura nell’oceano e alla pressione atmosferica, con un impatto sulle condizioni metereologiche nei Paesi dell’area che ne sono colpiti.

Gli errori umani e le politiche, da Saddam a oggi

Ci sono anche comportamenti umani che hanno contribuito alla disintegrazione dello strato superiore del suolo e all’aumento della desertificazione. Tra questi, le azioni militari, la guida disordinata, la costruzione di strade e la cattiva gestione delle risorse naturali, in particolare delle acque. Negli anni ‘90 Saddam Hussein ordinò la bonifica delle paludi meridionali, dopo che la zona era diventata terreno di rivolte. Nonostante i tentativi nel tempo di ripristinare le paludi, le bonifiche hanno facilitato l’intrusione dell’acqua salata del golfo Persico. I bacini idrici prosciugati hanno alimentato le tempeste di sabbia. Lo Stato negli anni ha continuato a gestire male le risorse idriche, alimentando politiche agricole scorrette, esaurendo le acque sotterranee e tagliando i fondi allo stesso ministero delle risorse idriche. La conseguenza è stata un inaridimento dei terrenti con danni gravi per il sostentamento umano e ambientale.

Le conseguenze sulla popolazione e sulla produzione di grano

Oltre alle tempeste di sabbia in sé e ai loro danni alla popolazione e alle infrastrutture, l’innalzamento spropositato delle temperature rischia di creare un “apartheid climatico”, ovvero una situazione in cui solo i ricchi potranno permettersi l’aria condizionata per sopportare tale caldo. A questo va aggiunta l’insicurezza alimentare e idrica che creano una sensazione di instabilità. La scarsità d’acqua ha portato il Governo a decidere di ridurre del 50% l’irrigazione per le aree agricole, andando a gravare sulla produzione agricola, in particolare quella di grano, che rappresenta una cultura strategica fondamentale, ovvero il 70% della produzione totale di cereali nel Paese. Una delle conseguenze più tangibili sarà il problema dei rifugiati climatici, ovvero di persone che sono costrette a lasciare la loro terra a causa fenomeni distruttivi e di rischi meteorologici.

Alla luce di tutti questi fatti, delle politiche per mitigare questi cambiamenti climatici sulla popolazione dovrebbero essere adottate quanto prima, sulla base di decisioni politiche. Tuttavia, dalle elezioni di ottobre 2021 in Iraq il Governo non è ancora stato formato.

Testo e foto pubblicati per gentile concessione di Eastwest, magazine di geopolitica diretto da Giuseppe Scognamiglio www.eastwest.eu

(Associated Medias) – Tutti i diritti sono riservati