Ue e Nuova Zelanda concludono i negoziati per un accordo di libero scambio

Si tratta del primo accordo di libero scambio raggiunto da Bruxelles in tre anni ed è legato all’agenda per il clima e le energie pulite. Riprendono anche i negoziati con l’India, fermi da circa 10 anni

di Marco dell’Aguzzo

L’incontro a Bruxelles, giovedì scorso, tra la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e la Prima Ministra della Nuova Zelanda Jacinda Ardern è servito a concludere i negoziati per un accordo bilaterale di libero scambio. Il patto dovrebbe venire firmato nel 2023 e ratificato sia dal Parlamento europeo che dagli stati membri nel giro di un paio d’anni. Elimina i dazi su tutte le esportazioni europee in Nuova Zelanda e il 97% circa delle tariffe sui prodotti neozelandesi diretti verso l’Unione.

Che cosa prevede l’accordo

Si tratta del primo accordo di libero scambio raggiunto da Bruxelles in tre anni, viste le resistenze di alcuni Paesi membri all’abbassamento delle barriere commerciali con l’estero. L’intesa dovrebbe portare alla cancellazione, per le aziende esportatrici europee, di dazi doganali dal valore di 140 milioni di euro all’anno e favorire così l’espansione di un commercio bilaterale che nel 2021 è ammontato a 7,8 miliardi per i beni e 3,7 miliardi per i servizi. Wellington, inoltre, ha accettato di eliminare progressivamente l’utilizzo delle denominazioni protette europee per i prodotti agroalimentari (“parmigiano” o “feta”, ad esempio).

Gli aspetti politici: la politica estera del Green Deal

Al di là degli aspetti economici, l’accordo è importante anche da un punto di vista politico. Sia perché l’intesa potrebbe favorire un avvicinamento tra due soggetti che condividono gli stessi valori democratici, e dunque suppergiù la stessa visione di ordine internazionale. E poi perché il patto prevede la possibilità, per ciascuno dei firmatari, di imporre sanzioni sull’altro in caso di violazione degli impegni climatici presi con l’accordo di Parigi.

L’accordo di libero scambio, in altre parole, è direttamente legato all’agenda per il clima e per le energie pulite. Può dunque essere fatto confluire nel Green Deal, il piano della Commissione europea per la riduzione delle emissioni di gas serra, che ha dentro di sé anche una componente di politica estera: stimolare la decarbonizzazione anche al di fuori dei confini dell’Unione, cioè, e gettare le basi per un nuovo sistema di commercio mondiale climate-friendly, con tariffe punitive verso i grandi inquinatori. Il trattato con la Nuova Zelanda rappresenta un passo in avanti in questo senso, agevolato però dall’affinità sistemica tra le due parti. Raggiungere le stesse condizioni con Governi meno like-minded sarà ben più complicato.

Allo stesso modo, sarà forse complicato per l’Unione europea ratificare pienamente gli altri accordi di libero scambio conclusi negli ultimi anni: ad esempio quello con il Mercosur, il blocco commerciale sudamericano, o quello con il Canada.

Diversificare i partner: i negoziati con l’India

L’intesa commerciale tra Bruxelles e Wellington è rilevante politicamente anche perché rappresenta, per entrambe, un mezzo per diversificare i mercati di importazione ed esportazione, alla luce del contesto geo-conomico globale segnato dalla competizione tra Stati Uniti e Cina e dal parallelo processo di riassestamento delle filiere.

Pochi giorni prima della firma con la Nuova Zelanda, peraltro, l’Unione europea ha annunciato la ripresa formale dei negoziati con l’India per un trattato di libero scambio: erano fermi da quasi dieci anni, e ora si stima che possano concludersi entro il 2023.

La riattivazione delle trattative è motivata da questioni politiche: la ricerca di una maggiore diversificazione dei partner economici e la volontà di ridurre la dipendenza commerciale con la Cina, socia rilevantissima sia per Nuova Delhi che per Bruxelles. Da parte europea, poi, c’è anche la volontà di accelerare il distacco dell’India dalla Russia, alla quale si è avvicinata – specie per quanto riguarda la compravendita di energia – dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina. Ma Nuova Delhi è storicamente restìa agli accordi di libero scambio, che la obbligherebbero a rimuovere le protezioni statali ai suoi settori, in particolare quello agricolo.

L’Unione europea è la seconda partner commerciale dell’India dopo gli Stati Uniti, con un interscambio che nell’anno finanziario conclusosi lo scorso marzo ha raggiunto il valore record di 116,3 miliardi di dollari.

Testo e foto pubblicati per gentile concessione di Eastwest, magazine di geopolitica diretto da Giuseppe Scognamiglio www.eastwest.eu

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