Banche: Confindustria a fianco di Intesa nell’operazione Ubi

 

Il vicepresidente Emanuele Orsini: “servono banche forti sui territori e in Europa”. Carlo Messina: “gli imprenditori partner strategici accanto ai piccoli azionisti e alle Fondazioni”. In arrivo anche il sì delle Diocesi di Milano, Bergamo e Brescia, azioniste di Ubi.

di Giulio Talarico

Milano – Anche Confindustria vede con favore l’offerta di scambio di Intesa su Ubi Banca. Lo ha detto con chiarezza Emanuele Orsini, vicepresidente per il fisco, il credito e la finanza dell’associazione degli imprenditori (foto a sinistra): “sui territori e in Europa servono banche forti”, ha affermato in una intervista al Corriere della Sera. Così, dopo Confapi e Coldiretti, anche la più importante associazione degli imprenditori sostiene Carlo Messina nell’operazione che rafforza la leadership della principale banca italiana. Del resto, vista la rilevanza imprenditoriale di Bergamo e Brescia (le due roccaforti tradizionali di Ubi) sarebbe stato strano il contrario, anche se non tutti gli industriali che sono azionisti di Ubi hanno ancora detto si all’Ops. Giuseppe Lucchini ed Enrico Zanetti hanno invece già annunciato la loro adesione prima del rilancio di Intesa, ora gli altri soci stanno rifacendo i conti proprio alla luce dell’apporto cash di quasi cinquanta centesimi ad azione, anche quelli che detengono le azioni nella finanziaria Parvus.

La banca guidata da Carlo Messina e la Confindustria negli ultimi decenni hanno avuto comunque rapporti di collaborazione molto stretti, focalizzati soprattutto al sostegno finanziario delle piccole e medie imprese e tale interazione ha fatto da battistrada nel sistema bancario anche a misure generali molto importanti quale la moratoria dei prestiti nei momenti più duri della crisi degli anni scorsi e di quella causata dal Covid.

Messina (foto a destra) sottolinea con forza che, “accanto ai piccoli azionisti e alle Fondazioni, gli imprenditori sono partner strategici, perchè sul territorio vi sono molti imprenditori azionisti di Ubi, hanno rappresentato la base e la storia di questa banca, e noi vogliamo che rimangano azionisti stabili di Intesa San Paolo. Penso che sia proprio in un momento difficile come questo che il Paese abbia bisogno di una banca che ancora di più possa rappresentare il supporto per il rilancio e la rinascita. Andiamo incontro ad una fase in cui il prodotto interno lordo sarà fortemente impattato da quello che sta accadendo non solo in Italia ma in tutto il mondo: credo che rafforzare ulteriormente un campione come Intesa San Paolo, che è un campione europeo già oggi, e consentirgli di avere ancora più possibilità di impattare sui territori sia strategico per il nostro Paese”.

L’Ops si avvia quindi verso la conclusione, fissata al 28 luglio, con il consenso che si allarga: anche le Diocesi di Milano, Bergamo e Brescia, che sono azioniste, si stanno orientando verso il via libera, che dovrebbe arrivare a breve.

Intanto il management di Ubi continua a remare contro invece di attenersi ai criteri di neutralità che la legge raccomanda. Questa volta Intesa torna nuovamente a denunciare presso la Consob i comportamenti ostruzionistici posti in essere da Ubi Banca e dalla controllata IW Bank in relazione all’adesione della clientela azionista all’offerta pubblica di acquisto e scambio: i legali della banca hanno infatti segnalato all’Autorità di Vigilanza numerosi comportamenti, posti in essere anche da semplici funzionari, che hanno l’effetto di rendere difficile (eufemismo) ai piccoli azionisti interessati l’adesione all’offerta. Si va dai gestori di filiale che, espressamente interrogati dalla clientela, sconsigliano l’adesione sulla base di ricostruzioni parziali e fuorvianti circa la convenienza della proposta di Intesa, alla modulistica disponibile on-line per l’adesione già precompilata e, dunque, non lavorabile dal cliente, salendo poi alla poderosa campagna pubblicitaria e di stampa messa in piedi dal management per scoraggiare le adesioni.

Per queste ragioni, gli avvocati di Intesa hanno sollecitato la Consob a adottare tutte le misure più appropriate per far cessare le condotte ora descritte e soprattutto garantire una informativa completa e trasparente agli azionisti, consentendo loro di esprimersi liberamente e senza condizionamenti. Non resta a questo punto altro che attendere di conoscere quali strumenti intenderà adottare la Consob”. Un esposto molto diretto dunque e che alza nuovamente la tensione tra contendenti dopo i due incartamenti simili già presentati.

Intanto Antonello Cestelli, responsabile M&A ed Equity Investments del gruppo Ubi Banca, ha venduto 6.816 azioni dell’istituto lombardo a un prezzo medio ponderato di 3,69 euro. L’operazione e’ datata 20 luglio e la sede di negoziazione e’ l’Mta. Lo si apprende dalle comunicazioni rese in base al Regolamento Consob con riferimento all’offerta pubblica di scambio volontaria promossa il 17 febbraio da Intesa Sanpaolo sull’istituto lombardo. Ovviamente, anche questa è una mossa non consentita dalle norme che regolano le offerte pubbliche.

L’operazione di Intesa San Paolo si chiude il 28 di luglio e avrà successo sia con il conferimento del 50 per cento delle azioni più una, sia con il 66 per cento delle azioni conferite. La convenienza per i piccoli azionisti è documentata dalle cifre, quella dei grandi azionisti mette in conto (oltre alla stessa convenienza garantita dalla matematica) l’eventuale perdita di privilegi oggi oscuri da una parte e l’opportunità di far parte di un grande gruppo bancario competitivo in Europa dall’altra. Tutti, piccoli e grandi azionisti, avranno così evitato lo scenario delineato da Fitch, cioè titoli spazzatura in parte detenuti dai grandi azionisti nei paradisi fiscali dei Caraibi, ma soprattutto avranno dato nuova linfa all’economia di Bergamo e Brescia.

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