di Ennio Bassi
Credit Suisse, uno degli istituti di credito simbolo della svizzera bancaria, rischia veramente di saltare? I rumors non accennano a placarsi e seguono una lunga fase di scandali e dimissioni di alti dirigenti. Sui social continuano a susseguirsi gli allarmi, alcuni decisamente catastrofisti, al punto che i dirigenti dell’istituto da giorni sono impegnati a tranquillizzare la clientela, spiegando che la banca nonostante i drammatici ribassi continua ad essere solida.
Le voci negative erano aumentate venerdì scorso, quando l’indicatore forse più importante circa la solidità del gruppo, il costo del Credit Default Swap (Cds), ha chiuso a quota 255 punti, rispetto ai 55 di inizio anno. Un dato molto allarmante per gli analisti visto che è la misura di quanto costa assicurarsi sui mercati finanziari dal rischio default della banca e quello di oggi è il più alto dal 2009.
Prima del week end era intervenuto il CEO nominato lo scorso luglio, Ulrich Koerner, che ha ammesso che la banca attraversa “una fase critica” ma poi ha certato di dare un messaggio tranquillizzante spiegando che il prossimo 27 ottobre sarà presentato un nuovo piano strategico di rilancio e che la posizione di capitale e di liquidità della banca non mostrano particolari segnali di difficoltà. Tuttavia gli analisti, soprattutto quelli del Kbw, hanno continuato a mostrare dubbi sul futuro dell’istituto, spiegando che secondo le loro stime Credit Suisse avrebbe bisogno di un aumento di capitale da almeno quattro miliardi di franchi svizzeri (4 miliardi di dollari), non proprio un’inezia. Valutazioni, quelle degli analisti, che inevitabilmente hanno accresciuto le voci allarmate del web che da giorni continuano ad susseguirsi alzando il livello di allerta di mercato e risparmiatori.
In questo clima è difficile fare previsioni, quel che resta è aggrapparsi ai dati certi e verificabili. Uno dei più significativi è la capitalizzazione di Borsa che è attualmente scesa a 10 miliardi di franchi svizzeri. Un crollo, se si considera che solo nel marzo del 2021 valeva più di 30 miliardi. Intanto cresce anche il timore da parte della politica elvetica che subisce la crisi energetica come forse non si aspettava e che ora con questa crisi di Credit Suisse, uno dei simboli nazionali, vede minacciata la propria immagine di patria della grande finanza stabile e sicura.
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