Covid, si teme una quinta ondata ma il Gimbe frena: “Dato poco generalizzabile è un semplice rimbalzo”

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di Mario Tosetti

lotta-alla-pandemiaIl governo Draghi ha presentato il decreto riaperture con una road map a tappe a partire dal 31 marzo, giorno della fine dello stato d’emergenza. Ma in Italia i contagi continuano a salire e si teme sia l’inizio di una quinta ondata. Meno tamponi ma più mirati verso i casi sospetti fanno aumentare in Italia la percentuale di positività: si passa da 74.024 positivi su 478.051 test per una percentuale del 15,5% ai 60.415 i nuovi casi di Covid con 370.466 tamponi effettuati e una percentuale del 16,3%. Numeri che portano a un aumento dei ricoveri ordinari con sintomi (+111 ovvero +2,3% nell’ultima settimana) mentre fortunatamente scende il dato per le terapie intensive (-4). Si contano 93 decessi (+8,1% rispetto a 7 giorni fa).

Dati che però non sono omogenei nelle varie regioni: “L’incidenza a 7 giorni per 100mila abitanti è maggiore in quelle del centro-sud, mentre è minore in Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna -spiega Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – Differenze che, inevitabilmente, rendono il dato nazionale poco generalizzabile. L’incremento riguarda tutte le fasce di età con una maggior risalita in quelle più giovani: 10-19 anni e a seguire 0-9 anni”. Per l’esperto è quindi prematuro parlare di quinta ondata, in quanto potrebbe trattarsi di un semplice rimbalzo della curva epidemiologica. I dati in relazione alle differenze tra le regioni per Cartabellotta “sono di difficile interpretazione, perché nel nord-ovest, dove il virus circola meno, la prevalenza di Omicron 2 è più elevata (68%), mentre risulta più bassa (32%) al sud con una maggior circolazione”.  Ad ogni modo il presidente della Fondazione Gimbe avverte “La scadenza dello stato di emergenza non cala il sipario sulla pandemia che, per una sua gestione ottimale, richiede una maggior disponibilità di dati. L’idea di togliere la mascherina nei luoghi chiusi “la ritengo una follia per due ragioni: innanzitutto, per l’elevatissima contagiosità di Omicron e ancor più di Omicron 2; in secondo luogo perché la protezione del vaccino nei confronti del contagio è limitata (60%) e declina rapidamente”, ha concluso Nino Cartabellotta.

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