Earth Day 2021, la presa di coscienza: solo il 3% della terra è ecologicamente intatto

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di Carlo Longo

Il 22 Aprile si celebra l’Earth  Day, la più importante giornata di mobilitazione internazionale di cura del Pianeta che mobilita fino a 1 miliardo di persone.  Nel 2021 ricorre il 51esimo anniversario dell’evento inventato dall’attivista pacifista americano John McConnell per onorare il nostro pianeta e l’idea stessa di “pace nel mondo”, e che negli anni si è trasformato diventando uno dei simboli della lotta ai cambiamenti climatici.

Nell’edizione 2021 molte persone, di tutte le età, sono coinvolte in tre giorni di incontri e manifestazioni che si celebrano sia a livello globale che locale. In Italia, in occasione della Giornata della Terra si è istituito il “Festival dell’educazione alla sostenibilità”,che nasce nel 2017 con l’obiettivo di aumentare la conoscenza e l’impatto positivo dell’Agenda 2030. 

Ma nel momento in cui ci si chieda esattamente cosa si festeggia e cosa dovremmo proteggere non si può prescindere da alcuni dati. Un nuovo studio internazionale, pubblicato con estremo tempismo su Frontiers, ci fornisce una risposta che invita a riflettere: appena il 3% del nostro pianeta è ecologicamente intatto.

Una delle iniziative più importanti in essere negli ultimi anni è il progetto “30by30” che vede numerosi Paesi del mondo  cimentarsi per raggiungere un obiettivo ambizioso: entro il 2030 si punta a rendere il 30% della superficie terrestre un’area protetta. Al momento solo il 15 % del pianeta è configurabile come area protetta.Perchè si possa parlare di area protetta occorre il rispetto  cumulativo di tre importanti principi che devono tutti ricorrere cumulativamente. Anzitutto è necessaria la presenza di un habitat intatto e quindi non contaminato dall’intervento dell’uomo. In secondo luogo occorre riscontrare un numero ridotto di specie animali e vegetali che si sono estinte a causa dell’azione umana ed infine occorre riscontrare così tanta biodiversità da garantire la piena efficienza ecologica. 

Il dato sconcertante è che in tutto il pianeta terra i luoghi che rispondono a questi tre presupposti, dove flora e fauna sono le stesse di quelle riscontrabili in epoca pre-industriale  rappresentano una superficie così limitata da essere inquadrata tra  il solo 2% e  3%.

Dallo studio emerge, poi, un altro dato importante. Di questi pochissimi ecosistemi definiti “intatti” solo l’11% si trova in “aree protette”, la grande maggioranza di questi ecosistemi si trova, invece, gestito da comunità indigene che continuano ad avere un ruolo dirimente nella cura e nella gestione delle aree incontaminate. 

Bisogna, quindi, non solo proteggere gli ecosistemi che sono ad oggi intatti e funzionali ma porre in essere tutte le azioni per ripristinare le aree degradate. Secondo lo United Nations Environment Programme, una delle chiavi per ottenere questo risultato è la reintroduzione di specie animali e vegetali che permettono all’habitat di rigenerare la propria funzionalità: tali interventi condurrebbero alla rinascita di circa il 20% degli ecosistemi terrestri degradati.

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