Ferrarini: Amco, scelte controverse. Governo e giudici dovranno fare chiarezza

Interrogazione di Gallinella, presidente della Commissione Agricoltura, “maestranze da tutelare. Intervenga il governo

di Giulio Talarico

Un passo falso o una manovra poco chiara? Sono questi i dubbi che aleggiano dietro il tentativo di acquisizione della “Ferrarini” di Reggio Emilia, un altro piccolo campione del “made in Italy” gastronomico, da parte di Amco, la bad bank controllata dal ministero dell’Economia incaricata di gestire crediti in sofferenza, che in questa operazione si è fatta affiancare dal gruppo cipriota Pini, controllato dall’imprenditore italo ungherese Roberto Pini. Che sia un passo falso, cioè una valutazione errata che va a svantaggio delle maestranze di Ferrarini e del sistema Italia nel suo complesso, oppure che sia una scelta poco trasparente perché privilegia interessi di parte lo vedremo a breve. Quel che oggi è certo è che su questa iniziativa la politica, e forse anche la magistratura, hanno accesso un grande faro.

Il primo ad accenderlo è stato il presidente della commissione Agricoltura della Camera, Filippo Gallinella, il quale venuto a conoscenza dei fatti ha presentato sulla vicenda un’interrogazione al Ministro dell’economia e delle finanze e al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. Sentito da Associated Medias, il deputato del Movimento 5 Stelle ha così spiegato la sua iniziativa: “ho chiesto di fare attenzione perché la società Amco, che è pubblica, ha scelto un partner che dalle notizie di stampa può destare qualche preoccupazione e per questo ho chiesto al Ministero del Tesoro di porre la massima attenzione”.

E perché una società pubblica controllata al 100 % dal Ministero dell’Economia e Finanze dovrebbe fare un’operazione che desta preoccupazione per l’interesse nazionale? La risposta è semplice: Amco si è scelta un partner straniero, che con tutta probabilità una volta chiusa l’operazione andrà a delocalizzare parte della produzione, a danno dei lavoratori e a danno di una cordata tutta italiana interessata a Ferrarini, composta da Bonterre, Intesa Sanpaolo e Unicredit. Non solo, pare che anche le procedure formali non siano state rispettate.

Ferrarini – ha spiegato Gallinella – è un importante marchio italiano riconosciuto nel mondo. L’azienda va salvata. Ho chiesto al governo di fare attenzione sulle società che si decide di appoggiare. La questione non è tanto o non solo l’italianità. Se ci sono dei gruppi italiani è meglio, anche se il mercato deve essere libero. Il punto è che serve una maggiore vigilanza sulla scelta del partner per salvare la società, alla luce delle notizie che ho letto sul partner scelto da Amco. Per questo ho presentato un’interrogazione parlamentare e mi aspetto una risposta in tempi brevi dal Governo a tutela dei lavoratori e dell’indotto“.

Sulla vicenda è intervenuto anche il deputato di Italia viva, Michele Anzaldi: “Dalla documentazione che ho potuto leggere – ha detto in una intervista a il Riformista – non mi sembra che le precisazioni rilasciate da AMCO mi diano torto, anzi rinnovo l’invito alla presidente Ruocco affinché sia fatta chiarezza sulla sequenza dei fatti. A me risulterebbe che la proposta Bonterre presentata l’11.8.2020 non era visibile a nessuno e dunque nemmeno ad AMCO. Mi chiedo quindi come è stato possibile valutarne i contenuti economici e assumere il ruolo di finanziatore supporting nella proposta Ferrarini-Pini depositata il 31.8.2020. Ma non è tutto, altra perplessità che le precisazioni di AMCO non riescono a chiarire è come mai l’ultimo CdA che ha valutato la proposta Ferrarini risalga al 25.5.2020, data dopo la quale non si è svolto nessun altro CdA che affrontasse il tema Ferrarini. E comunque date a parte che sono facilmente controllabili rimane il fatto che dalla documentazione letta non risulterebbe che la proposta Ferrarini-Pini offra il 30% cash, come ha invece dichiarato l’AD di AMCO in Commissione”.

Insomma, in termini di italianità pare non vi siano dubbi sul fatto che AMCO abbia fatto la scelta sbagliata. Tra il non italiano e controverso Gruppo Pini (in Polonia investito da qualche guaio giudiziario) da un lato e dall’alto Bonterre, uno dei principali salumifici italiani, accompagnato dalle due più grandi banche nazionali, anche un bambino capirebbe qual è la scelta più interessante per il nostro paese. Poi c’è la parte formale, i contratti e le procedure. A queste ora dovranno pensarci il Governo e la magistratura.

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