Il 45% delle imprese italiane è a rischio fallimento, l’aggiacchiante quadro istat

più del 45% delle imprese rischia di fallire

più del 45% delle imprese rischia di fallire

di Corinna Pindaro

I dati sono agghiaccianti, a causa della pandemia il 45% delle imprese italiane è a rischio fallimento. Si tratta di imprese operanti nella ristorazione, nel turismo, nel mondo dello spettacolo e dei servizi alla persona. Secondo il rapporto Istat sulla competitività dei settori produttivi solo l’11 % delle imprese italiane è solido.

I provvedimenti volti a contrastare la diffusione del Covid-19 un ruolo non marginale nella contrazione del valore aggiunto, diminuito dell’11,1% nell’industria in senso stretto, dell’8,1% nei servizi, del 6,3% nelle costruzioni e del 6% nell’agricoltura”. Le attività legate al turismo hanno visto i loro fatturati precipitare. Il valore aggiunto, per queste imprese è diminuito del 74,7 % per mancanza di arrivi dall’estero.

Sono a rischio fallimento oltre il 70% delle Agenzie di viaggi, oltre il 60% delle aziende e delle cooperative che operano nel mondo dello spettacolo, circa il 60% delle aziende che erogano servizi di assistenza sanitaria non residenziale, il 55 % delle imprese che operano nella ristorazione. Anche il settore della moda registra perdite importanti: oltre il 50% dei negozi di abbigliamento rischia di chiudere.

La crisi derivata dalla pandemia ha travolto le industrie di piccola dimensione. Queste si sono ritrovate senza domanda e con difficile accesso alla liquidità, solo un quarto tra queste imprese sta tentando di riorganizzarsi introducendo nuovi prodotti.

Lo spaccato italiano mostra come si accentui, a causa della crisi, il profondo divario tra le aree geografiche: delle sei regioni il cui tessuto produttivo risulta ad alto rischio, cinque appartengono al Mezzogiorno, (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania e Sardegna) e una al Centro (Umbria) mentre le sei a rischio basso sono tutte nell’Italia settentrionale (Piemonte, Liguria, Lombardia, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Provincia autonoma di Trento). L’impatto economico della pandemia sui territori è comunque eterogeneo ed invasivo. Le più colpite sono le regioni la cui economia è specializzata nelle attività più colpite dalla recessione: Trentino-Alto Adige, Valle d’Aosta, Sardegna, Lazio e Toscana turismo), Veneto, Toscana, Umbria e Marche (tessile), Calabria e Sicilia (commercio e ristorazione).

L’Inps ha elaborato il rediconto sociale del 2019 e il prerendiconto del 2020. Dal testo si evince che, i due governi uscenti, hanno messo in atto uno sforzo per aiutre le aziende a non chiudere e fermare la valanga di licenziamenti.  Nel 2020 sono stati autorizzati quasi tre miliardi di ore di cassa integrazione tra ordinaria e in deroga, senza tenere conto delle ore autorizzate dai Fondi di solidarietà Autorizzate 1,98 miliardi di ore di cig ordinaria con un utilizzo inferiore a 700 milioni e un tiraggio del 35% e quasi 981 milioni di ore di cassa in deroga con un utilizzo di 494 milioni e un tiraggio del 50%.

A fronte di tutti questi dati che fotografano un paese minato alle sue radici per il Ministro del Lavoro, Andrea Orlando, l’annunciata introduzione di un “ammortizzatore universale” sta incontrando resistenze determinate dall’accumularsi degli strumenti introdotti, che inevitabilmente cozza con l’aspirazione universale dell’ammortizzatore. L’obiettivo è, quindi, introdurre la misura, allo scadere del blocco dei licenziamenti.