Il futuro energetico sta nelle rinnovabili, l’idrogeno verde un utile compagno di viaggio

Dove e come utilizzarlo nella sua versione ecologica. Il Mise ha stanziato 10mld per gli elettrolizzatori e fissato un obiettivo a 5GW ma l’Italia non ha ancora una strategia

di Emilia Morelli

Perché si parla sempre di più di Idrogeno verde come fonte complementare alle rinnovabili? Cosa ci attende in un futuro prossimo? Vediamo di fare il punto su un tema centrale nel dibattito energetico nazionale partendo dalle definizioni. L’idrogeno verde è la variante più ecologica dell’idrogeno perché viene prodotto ad impatto zero mediante l’elettrolisi dell’acqua alimentata da energie provenienti da fonti rinnovabili. La differenza con l’idrogeno grigio è che quest’ultimo viene prodotto attraverso lo “steam reforming” del gas, un processo che disperde nell’ambiente un’enorme quantità di anidride carbonica, andando ad impattare in modo fortemente negativo sull’ecosistema ambientale. Anche l’idrogeno blu viene prodotto attraverso lo “steam reforming” del metano, ma in questo caso il procedimento avviene con contestuale parziale cattura delle particelle di CO2 generate, che vengono depositate nel sottosuolo.

Definito anche “Il carburante delle stelle”, l’idrogeno costituisce il 90% della massa visibile dell’universo. Tra i combustibili è quello con il massimo contenuto di energia per unità di peso di tre volte superiore a quello della benzina, ha un’enorme densità energetica potenzialmente ad emissioni zero. Questo aspetto fa sì che quando si parla di transizione energetica e di completa decarbonizzazione del sistema energetico non si può prescindere dall’utilizzo dell’idrogeno verde. Eppure, sul punto, L’Italia non ha ancora una strategia nazionale e le linee guida pubblicate dal Ministero dello Sviluppo Economico (MiSE) rimandano genericamente ad un obiettivo di 5GW di nuovi elettrolizzatori e investimenti per 10 miliardi di euro

Al contrario dell’energia del sole o del vento, il problema pratico che si pone con l’idrogeno deriva dal fatto che l’idrogeno non è disponibile come elemento isolato in natura, esiste soltanto legato ad altri elementi ed è necessario estrarlo ricorrendo ad altra energia che consenta il processo di separazione. Nonostante una volta separato contenga molta energia, proprio perché non si trova liberamente in natura, l’idrogeno è, quindi, un vettore energetico e non una fonte energetica e soltanto l’idrogeno verde, ottenuto attraverso l’elettrolisi dell’acqua con energia proveniente da fonti rinnovabili, è  a zero emissioni. A seguito di attenta analisi si deduce che, accanto alle rinnovabili, l’idrogeno verde rappresenta l’unica via realmente sostenibile nel medio e nel lungo periodo per decarbonizzare alcuni settori e pertanto dovrebbe essere sostenuta, avallata e incentivata dai governi.

L’utilizzo dell’idrogeno per produrre elettricità appare poco conveniente sia dal punto di vista della resa che del costo, infatti le rinnovabili rappresentano una alternativa più facile e conveniente. Al contrario impiegare l’idrogeno verde in settori non facilmente raggiungibili direttamente dalle rinnovabili, sia per limiti tecnici che economici, quali l’industria pesante o l’aviazione contribuirebbe in maniera rivoluzionaria alla lotta per il contenimento delle emissioni.

È chiaro che alle enormi possibilità connesse all’idrogeno verde risulta indissolubilmente legato lo sviluppo delle impianti rinnovabili che servirebbero a monte per produrlo. Nel dettaglio è necessario, in primo luogo, definire con certezza le aree idonee alla predisposizione di impianti di fonti rinnovabili ricorrendo, con un procedimento di urgenza, alla logica di individuare le aree su cui non si possono costruire impianti e considerando idonee le restanti. In secondo luogo, occorre chiarire le  modalità di funzionamento degli iter autorizzativi per gli impianti di produzione di idrogeno verde co localizzati con impianti rinnovabili o/e in configurazione stand  alone  . È opportuno, altresì, definire dei tempi certi di realizzazione dei progetti in maniera tale da generare un affidamento consapevole in investitori e sviluppatori.

Al momento, purtroppo, l’idrogeno verde non riesce ad essere competitivo con l’idrogeno grigio, prodotto attraverso il ricorso a combustibili fossili. Perché lo diventi è necessario che le tecnologie chiave per la produzione del “green hydrogen”, in primis gli elettrolizzatori, incrementino le loro performance e, soprattutto, subiscano una  forte riduzione del loro costo iniziale.

Ad oggi, infatti, meno dello 0,8% della domanda di idrogeno è soddisfatta attraverso l’idrogeno verde, con zero emissioni, o l’idrogeno blu ottenuto dal metano con parziale cattura e stoccaggio delle emissioni di anidride carbonica. Nel 2020, anzi, la domanda globale di idrogeno è stata soddisfatta quasi esclusivamente attraverso il ricorso a combustibili fossili e l’idrogeno, baluardo di un futuro sostenibile, si è macchiato del 2,5% delle emissioni globali di CO2 pari a quelle congiunte del Regno Unito e  dell’Indonesia. A questo controsenso si può fare fronte solo incrementando la produzione di idrogeno a zero emissioni.

Nella scelta tra idrogeno verde e blu, secondo BloombergNEF, l’idrogeno verde sarà più competitivo già dal 2026-2028. La produzione di idrogeno blu, che potrebbe apparire in prima battuta più conveniente, risulta di fatto di difficile realizzazione e necessita dei tempi legati alla predisposizione di impianti con cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica. Investire nell’idrogeno blu vorrebbe dire in sostanza non solo rimanere legati ad una fonte fossile come il gas che dovremmo importare da altri paesi che lo producono, ma anche scommettere su una tecnologia destinata a divenire non più competitiva prima ancora che operativa.

Al contrario se si decide di produrre idrogeno verde vicino ai punti di consumo, trasportando l’elettricità e specularmente minimizzando il costo del trasporto dell’idrogeno, si supporta la creazione di catene di valore locali in grado di massimizzare i benefici socioeconomici sia in termini di sviluppo industriale che occupazionale che di creazione generale di valore. Perché ciò sia possibile è necessario predisporre un dettagliato quadro normativo in cui i principali operatori del settore energetico possano agire. In particolare, sono necessari investimenti idonei ad aumentare l’efficienza degli elettrolizzatori in modo da ridurre i costi. Occorre incentivare la produzione dell’idrogeno verde soprattutto nei settori industriali, l’impiego dell’idrogeno verde in questi settori rappresenta, infatti, lo step fondamentale nel processo verso la decarbonizzazione dell’industria. Bisogna, inoltre, promuovere dei veri e propri standard di certificazione internazionale che cristallizzino il valore economico addizionale dell’idrogeno verde rispetto ai combustibili fossili.

La principale sfida attiene alla riduzione dei costi dell’idrogeno, circostanza realmente possibile entro questo decennio se istituzioni e aziende pongono in essere politiche attive in tal senso. Del resto, la storia dei pannelli fotovoltaici e delle batterie al litio insegna che un rapido calo dei costi è possibile. Per i pannelli fotovoltaici, in dieci anni, si è registrata una riduzione dei costi di 9 volte, con incremento del capacity factor di oltre il 30% e per le batterie al litio, nel medesimo arco di tempo, si è avuta una riduzione dei costi di 9 volte, con aumento della densità energetica di quasi il 50%.

Per rendere competitiva e vantaggiosa la produzione di idrogeno verde è necessario, in concreto, agire su due fronti: da un lato ridurre il costo degli elettrolizzatori e dall’altro aumentarne l’efficienza così da ridurre i costi operativi. A tal fine occorre agire su tre leve: produrre su larga  scala, aumentare le dimensioni dei moduli che compongono gli elettrolizzatori e introdurre nuove tecnologie e nuovi materiali, investire nella formazione rendendo effettive le competenze necessarie alla gestione dei nuovi impianti ad idrogeno verde.

Per quanto riguarda le infrastrutture che dovranno essere predisposte è facilmente comprensibile che dimensionare l’infrastruttura elettrica è la soluzione economicamente più conveniente. Lo evidenzia un recente studio del Cesi secondo cui, inoltre, non sembrerebbero giustificati investimenti in retrofitting e costruzione di una infrastruttura dedicata al trasporto di idrogeno via pipeline.

Appare chiaro, comunque, che un ruolo fondamentale e decisivo deve essere svolto dall’innovazione tecnologica, quale elemento imprescindibile e trainante.  A tal fine bisogna che tutti i principali operatori diano vita ad un ecosistema, un circolo degli Scipioni energetico, in grado di predisporre le condizioni migliori per lo sviluppo tecnologico e del modello di business, lavorando in maniera integrata con tutti gli attori e stakeholders quali startup, player industriali, venture capital, centri di ricerca, comunità locali, end users.

Ricorrere all’impiego di idrogeno verde in luogo di quello grigio, ad alto tasso di emissioni CO2, non solo è possibile ma è anche la soluzione più efficiente. In concreto in Italia per coprire la domanda di idrogeno nel settore industriale (~500 kton H2/anno), tramite idrogeno verde è necessaria la disponibilità di ~25 TWh/anno di energia elettrica rinnovabile, corrispondenti a ~15-20 GW di nuova capacità rinnovabile addizionale

L’impiego di suolo della nuova capacità rinnovabile attesa al 2030, sommato all’impatto della capacità rinnovabile installata, l’addizionale necessaria a traguardare i target di decarbonizzazione Paese e quella a supporto della filiera idrogeno green, dà vita ad un valore decisamente limitato e complessivamente pari a ~0,6% dell’intero territorio nazionale. Se si pone a confronto questo dato con quello della superficie agricola, che secondo i dati Istat corrisponde al 40% del suolo italiano, ne deriva che l’impatto in termini di occupazione del suolo appare davvero limitato anche se si immaginasse di soddisfare interamente il fabbisogno di capacità rinnovabile al 2030 con impianti fotovoltaici a terra.

Appare un valore del tutto irrisorio se, invece, si pensa di ricorrere all’agrivoltaico, soluzione che non sacrifica alcuna superficie sviluppando coltivazioni ed allevamenti di piccola taglia nelle stesse aree dove si produce energia rinnovabile. Illimitati appaiono, invece, i benefici che le istallazioni di siti per la produzione di fonti rinnovabili, legate alla produzione di idrogeno verde, possono apportare alla lotta ai cambiamenti climatici. Insomma, la strada che ci porta al futuro la si potrà percorrere soltanto decarbonizzando rapidamente e puntando al contempo sulle energie rinnovabili, ma l’idrogeno verde è certamente un compagno di viaggio utile a fare un viaggio migliore.

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