Industria del Deep Tech, eccellenza del Made in Italy che deve essere valorizzata

di Mario Tosetti

Eccellenza del Made in Italy, che offre concrete opportunità di crescita per il nostro Paese nel futuro, è l’industria del Deep Tech.  Nel settore sono ricomprese l’insieme delle tecnologie basate su scoperte scientifiche o sfide ingegneristiche  capaci di avere un notevole impatto sulla vita quotidiana dei cittadini. Il Made in Italy, così, non sarà più associato al settore della moda, del cibo o del design ma potrebbe essere usato per ricomprendere anche tutti quei settori che possono contribuire a determinare un vantaggio competitivo per il nostro Paese. La riflessione emerge in un post di Emilia Garito, Ceo di Quantum Leap, pubblicata da Il Sole 24 ore.

Quanto  rivelato dalla Garito è confermato dai dati riportati. Su 430 miliardi di  euro di esportazioni complessive in Italia soltanto 28 miliardi sono imputabili all’industria alimentare e 37 miliardi all’industria della moda e del design. Valgono, invece, 287 miliardi le esportazioni dei beni di investimento, ad esempio meccanica strumentale e automotive, e dei beni intermedi, quali metalli e plastica. E’ facile, quindi, comprendere che in realtà l’Italia può essere considerata un Paese leader in Europa per la produzione di beni industriali, seconda solo alla Germania.

Ci si domanda, allora, come mai all’industria del Deep Tech non venga attribuito il giusto rilievo non solo a livello di comunicazione interna ma anche a livello di competitività europea ed extraeuropea. Ci si domanda, inoltre, a fronte dei numeri e del valore che ha il settore, quali conoscenze  tecnico scientifiche debba acquisire l’Italia per poter competere in un settore tanto strategico quanto sottaciuto. Secondo l’analisi pubblicata da Il Sole 24 ore nonostante l’Italia investa in Ricerca e Sviluppo meno rispetto agli altri Paesi europei e abbia un numero di ricercatori nettamente inferiore, di fatto vanta le pubblicazioni scientifiche tra le più illustri e citate nel mondo. Ad esempio, secondo le classifiche degli analisti di QS Quacquarelli Symonds, l’Italia è considerata uno dei cinque migliori Stati al mondo per le pubblicazioni scientifiche sul Covid.

Tuttavia,  da un lato bisognerebbe riflettere quale ulteriore valore economico potrebbe assumere la ricerca se fosse, anzichè ridotta ai minimi termini, incentivata e dall’altro occorre fare i conti con il fatto che nonostante la produzione di studi sia eccellente nei fatti non ne conseguono concrete applicazioni nel mondo delle industrie. La causa è probabilmente da attribuirsi al sistema industriale italiano che risulta poco incline alle collaborazioni con gli accademici e alla diffidenza con cui tutt’ora si guarda il settore delle Venture Capital. Allora, quindi, il problema della ricerca italiana è da ricercarsi nella scarsa capacità di trasferimento tecnologico e di relazione con le imprese che determina sia la ridotta capacità brevettuale e di innovazione industriale sia la scarsità di investimenti e co-investimenti privati nella ricerca.

Per superare questo circolo vizioso potrebbe venire in soccorso il Pnrr che, tra le varie misure di investimento prevede investimenti in innovazione tecnologica, nel digitale e nella sostenibilità anche attraverso progetti di Trasferimento Tecnologico che si concretizzano in partenariati pubblico- privati  capaci di instaurare la collaborazione tra ricerca e impresa che fino ad ora è mancata. Ed è proprio nel Trasferimento Tecnologico che si può individuare un’importante spinta all’accelerazione tecnologica che consentirà di dare la miglior applicazione possibile ai progetti finanziati col Pnrr.

In sostanza, quindi non solo è possibile ma è auspicabile che l’Italia nei prossimi dieci anni sia in grado di dare vita a filiere consolidate di collaborazione tra ricerca e industria valorizzando il Made In Italy tecnologico, settore che esiste ed ha già oggi un grande valore economico e accademico ma al quale non è attribuito il giusto rilievo . Bisogna, quindi, valorizzare il settore ed accanto al Made in Italy nell’industria alimentare e della moda rendere sempre più competitivo il Made in Italy del futuro: l’industria del Deep Tech, basata sulla ricerca e sulle tecnologie di frontiera.

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