John Kerry a Roma: “Dobbiamo fare ora ciò che renderà possibile le emissioni zero nel 2050”

 

di Emilia Morelli

John Kerry è a Roma, l’inviato per il clima di Joe Biden comincia dalla capitale italiana il suo tour che toccherà anche Berlino e Londra.  A Roma Kerry ha incontrato con i ministri Luigi Di Maio, Roberto Cingolani, Giancarlo Giorgetti e il gotha dell’industria italiana. Per ultimi gli incontri con Mario Draghi e Papa Francesco.

Il centro della visita è l’alleanza con l’Europa per la lotta ai cambiamenti climatici, in vista degli incontri del G20 a presidenza italiana e soprattutto della Cop26, la conferenza dell’Onu sui cambiamenti climatici che si terrà a Glasgow a novembre. 

“Tenere vivo l’obiettivo di mantenere il riscaldamento globale sotto 1,5 gradi, vuol dire che ogni paese deve ridurre le emissioni in questo decennio. Non è abbastanza dire ’emissioni zero nel 2050′. Noi dobbiamo fare ora le cose che renderanno possibile arrivare a quello di cui abbiamo bisogno nel 2050″, ha commentato John Kerry, dopo l’incontro con il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, continuando: “L’incontro con il ministro Cingolani è stato molto costruttivo , entrambi ci troviamo in pieno accordo sull’urgenza di muoversi rapidamente da qui fino agli incontri di Glasgow a novembre, portando i Paesi al tavolo delle trattative e a fare di più. Quella che stiamo affrontando è una crisi planetaria e bisogna fare presto”

Cingolani, in relazione all’incontro con Kerry non ha risparmiato un tono di orgoglio. “Abbiamo avuto l’onore di avere qui John Kerry, con il nuovo corso degli Usa per la difesa dell’ambiente. Abbiamo parlato di scenari visionari, ma anche del presente e degli impegni che ci aspettano nei prossimi mesi, in relazione a G20 e Cop26. Abbiamo un’agenda molto fitta, e questo spero sia l’inizio di una collaborazione poderosa fra Italia, Europa e Stati Uniti”.

Il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, dopo l’incontro con John Kerry ha sottolineato come la “transizione verde e la mobilità sostenibile siano priorità del governo italiano, in conformità all’Accordo di Parigi e al Green New Deal europeo. Alla rivoluzione verde e alla transizione ecologica è inoltre dedicata un’apposita missione del Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza che sarà la base per il rilancio dell’economia italiana nei prossimi decenni”. L’Italia, ha evidenziato il ministro Giorgetti, si sta adoperando per rendere chiaro che la transizione energetica pulita e la lotta per il clima sono di mutuo vantaggio per tutti e che  occorre promuovere la spesa verde nei piani di ripresa e resilienza, per assicurare coerenza tra obiettivi di medio e lungo periodo, chiedendo l’abbandono del carbone al più presto.  

Luigi Di Maio, che aveva già incontrato Kerry in occasione della sua visita negli USA ha evidenziato: “Siamo in un momento storico fondamentale per la salvaguardia del pianeta, Italia e Usa sono chiamati ad esercitare un ruolo di leadership per convincere i nostri partner che la transizione energetica e la lotta per la salvaguardia del pianeta sono un vantaggio e una grande opportunità per tutta la Comunità internazionale”. 

A Roma Kerry ha incontrato anche gli esponenti dell’industria italiana: Emma Marcegaglia, nel suo ruolo di presidente del B20, rappresentante del mondo produttivo al G20 in Italia, e gli amministratori delegati delle principali società dell’energia che hanno un ruolo anche nelle task force del B20, l’amministratore delegato dell’Eni Claudio Descalzi, di Snam Marco Alverà, dell’Enel Francesco Starace, di Edison Nicola Monti, tutti a Villa Pinciana, una delle residenze dell’ambasciata Usa a Roma.

A fronte delle enunciazioni di principio in vista del perseguimento di obiettivi comuni si celano comunque dei punti da dirimere in relazione al rapporto tra Ue e Usa in tema ambiente. In particolare gli USA non approvano l’introduzione della Carbon Tax che la Commissione Europea proporrà a giugno per i beni importati da paesi terzi e prodotti da industrie inquinanti – si tratta di industrie operanti nei settori del ferro, acciaio, cemento e fertilizzanti- L’obiettivo è tutelare le industrie europee che usano il carbone e che però sono costrette a pagare una penalità per l’inquinamento prodotto. Negli Usa non c’è un sistema del genere a livello federale. In Europa si chiama Ets, ‘European Trading Scheme’. Gli Usa non vedono con favore la nuova tassa perché, dicono, danneggerebbe l’export verso l’Ue. 

Oltre alle emissioni zero nel 2050, gli Stati Uniti puntano a ridurre le emissioni nocive del 52% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2005, anno un cui si è registrato un picco nella produzione di gas serra negli Usa. Mentre l’Ue punta a ridurre le emissioni del 55 % entro la fine del decennio, ma usando come parametro le emissioni del 1990, anno in cui la produzione dei gas nocivi ebbe un vistoso calo dovuto al crollo delle industrie inquinanti dell’ex Urss. Dunque, secondo studi del Rhodium Group, se l’Europa avesse usato i livelli del 2005 come riferimento, avrebbe potuto annunciare solo il 51 per cento di riduzione di emissioni nocive, anziché il 55 per cento.

 

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