La nota del 10 aprile

“Tutte le decisioni che impegnano vite umane sono prese da coloro che non rischiano niente” (Simone Weil)

La Stampa ha il titolo più crudo: “Bruciati vivi 30 metri sotto il lago”. Il Manifesto quello più riflessivo: “Lavoro sommerso”, letteralmente stavolta poichè le tre vittime (ci sono cinque feriti gravi e quattro dispersi) sono dipendenti di ditte appaltatrici esterne e la tragedia è avvenuta a 40 metri di profondità nel lago di Suviana. Gli altri quotidiani usano la parola strage per lo scoppio di un trasformatore collegato ad una turbina nella centrale elettrica. Soccorsi difficili poichè l’acqua era a 20 centimetri dal soffitto nella costruzione che scende nella profondità del lago di montagna. Il tutto nel giorno del collaudo.

Giusi Fasano sulla prima pagina del Corriere paragona la tragedia a quella di Marcinelle in Belgio, la miniera dove trovarono la morte 136 italiani. Marco Patucchi nel fondo di Repubblica evoca il Vajont: “il monte che si è rotto e ha fatto lo sterminio è uno dei monti della mia vita, il cui profilo è impresso nel mio animo e vi rimarrà per sempre». Il monte di Dino Buzzati sessantuno anni fa franò nell’invaso della diga del Vajont innescando un’inondazione che travolse tutto e tutti cancellando 1917 vite. Da oggi nel nostro immaginario un’altra diga, fatte tutte le dovute differenze, resterà legata ai peggiori incubi. Ai peggiori rimorsi. Tre operai morti, quattro dispersi, cinque feriti gravi per l’esplosione di una turbina nella centrale idroelettrica Enel della diga di Suviana, Appennino Bolognese. L’ipocrita indignazione del giorno dopo è scattata come sempre. Automatica. Insopportabile. A dirla con De André, “il cuore d’Italia da Palermo ad Aosta si gonfiava in un coro di vibrante protesta”. Politica, istituzioni, sindacati, il cardinale Zuppi. Era successo a fine agosto per i cinque operai morti lungo la ferrovia a Brandizzo. Poi di nuovo, a febbraio, per i quattro operai travolti dal crollo nel cantiere edile di Firenze. In mezzo, i morti invisibili, finiti nel cono d’ombra delle grandi disgrazie: uno qui, uno là, troppo soli e dimenticati per indignare. Nei primi due mesi dell’anno 119 vittime (+20% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente), 92.711 infortuni e le malattie professionali che sono aumentate del 35,6%. Ma sono soltanto i dati canonici delle denunce all’Inail, mancano dunque quelli di marzo e dei primi giorni di aprile. Soprattutto mancano tutti quelli che non emergeranno mai dal mare magnum del lavoro nero”.

La seconda notizia del giorno, ovviamente sarebbe stata la prima senza la tragedia, è la conferma del Def “vuoto”, cioè senza misure per rimettere in ordine i conti poichè si aspettano le nuove regole europee sul Patto di stabilità (come fanno anche altri paesi). Verrà comunque confermato il taglio del cuneo fiscale ma bisognerà trovare 19 miliardi per l’insieme degli incentivi, dei bonus e dei tagli alle tasse. Il Superbonus è costato sinora 219 miliardi, più dei fondi del Pnrr (per i quali Gentiloni non darà proroghe oltre il 2026, come vorrebbe Giorgetti) sperando che tale cifra sia quella definitiva.

Ecco come Federico Fubini sul Corriere commenta la situazione dei conti pubblici: “in questo momento non siamo sottoposti a diktat europei o dei mercati. Non siamo sospettati di falsificare i conti o di nascondere chissà quali mance elettorali. Né incombe su di noi un conto alla rovescia dall’esterno del Paese. Il problema è tutto il resto: non il rapporto dell’Italia con Bruxelles o con la City di Londra, ma con se stessa. Più difficile che trovare i sei miliardi di risparmi previsti dal nuovo patto di Stabilità sarà infatti trovare, in parallelo, i 19 miliardi che servono per riconfermare tutti gli sgravi fiscali e contributivi che per ora sono stati decisi e finanziati per il solo 2024; in questo i tagli di tasse varati navigando a vista, con l’orizzonte di un unico anno, ricordano quello che fino al 2019 erano le clausole «automatiche» di aumento dell’Iva che in teoria minacciavano sempre di scattare dal primo gennaio seguente (poi in realtà sempre disinnescate): tattiche per far sembrare più solidi i conti negli anni futuri, sui quali invece sono destinati a pesare impegni politici già presi dal governo. I nodi stanno per venire al pettine: l’Italia fatica a crescere senza generare sempre nuovo debito pubblico. Altro tema che l’Italia dovrà definire con se stessa è poi quello dei bonus immobiliari. Giustamente il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti li ha definiti un «disastro», ma su di essi continua a mancare un’assunzione di comune responsabilità dell’intera classe politica. Tutti i principali partiti che hanno governato in questi anni li hanno voluti. Li ha voluti l’intero centro-sinistra ai tempi di Giuseppe Conte. Sia centro-destra e centro-sinistra in maggioranza che Fratelli d’Italia all’opposizione hanno poi fieramente protestato nel 2021 e 2022, quando Mario Draghi e Daniele Franco cercavano di fermarli. Infine il governo e la maggioranza attuali per un anno e mezzo hanno lasciato che il Superbonus continuasse a gonfiare il deficit, crivellando di scappatoie i decreti che avrebbero dovuto determinare una stretta”.

Salvini spiega il suo piano casa al Giornale e si spinge a dire che “farà calare gli affitti”. Intanto il Fatto documenta che il Ponte sullo Stretto non ha ancora un progettista, le società internazionali che dovrebbero farlo stanno zitte e non rispondono alle richieste del quotidiano diretto da Travaglio, ma qualcosa deve esserci altrimenti saremmo davvero alla presa in giro.

Continua lo scontro tra Conte e Schlein, di cui comunque i giornali celebrano la “gelida” stretta di mano ad un convegno. Il Tempo scrive in prima pagina di un patto tra Orlando, Rutelli, Bettini e il capo degli ex grillini per far saltare Schlein. Giuliano Ferrara sul Foglio va controcorrente e scrive: “avercene di cacicchi”. Intanto a Palermo viene arrestato Mimmo Russo, ex consigliere comunale non eletto nel 2022 di Fratelli d’Italia con l’accusa di voto di scambio.

Bruno Valensise è il nuovo capo dell’Aise, i servizi segreti interni. Tutti attribuiscono la sua nomina alla spinta di Mantovano e Salvini con il benestare del Quirinale, mentre Crosetto e Fazzolari, lo scrive Domani, avrebbero preferito Del Deo, vice di Parente.

Meloni potrebbe candidare Mario Draghi alla guida della prossima Commissione Ue, mentre si fanno più deboli le prospettive di ci ferma di Von der Leyen.

Vigna, amministratore delegato della Ferrari, annuncia su Repubblica l’arrivo entro un anno del primo modello interamente elettrico.

Muore a 65 anni Paolo Pininfarina per un tumore: aveva sviluppato tutta la parte di design non automobilistico dell’ atelier.

Scompare Higgs, lo scienziato del bosone che porta il suo nome: Il Nobel Giorgio Parisi spiega che si tratta di “una scoperta fondamentale per la comprensione della natura”, e non aggiunge altro per farci capire.

Alessandro Barbano lascia il Riformista e torna nel gruppo Caltagirone (era stato direttore del Mattino) come direttore del Messaggero. Buona scelta, e auguri di buon lavoro.

Conte vorrebbe soffiare il Tg3 al Pd e flirta con Giampaolo Rossi, cui serve il voto grillino in Cda per diventare senza problemi ad della Rai.

Spettacolo a Madrid nel nuovo classico Champions, 3 a 3 tra Real Madrid e Manchester City, tra Ancelotti e Guardiola. L’Arsenal ferma il Bayern.

Ed ecco alcuni dettagli/approfondimenti. L’esplosione a 40 metri sotto il lago. Gli operai travolti nella centrale. Bologna, l’incidente all’impianto Enel Green Power di Bargi. Il bilancio di tre morti, quattro dispersi e cinque feriti. Mattarella: sia fatta piena luce. È collassato il solaio tra l’ottavo e il nono piano sotterraneo, che si è allagato. (Alfio Sciacca e Marco Merlini, Corriere della Sera)

Esplode una turbina. Strage di operai nella centrale sul lago. L’inferno a 40 metri di profondità 3 morti, 5 feriti gravi 4 dispersi e 3 illesi. La tragedia a Bargi sull’Appennino tosco- emiliano Nell’impianto idroelettrico di Enel Green Power erano in corso lavori di manutenzione. Tre piani sommersi dall’acqua “È un disastro, non sappiamo cosa troveremo là sotto”. (Marco Bettazzi, Repubblica)

Le tre vite spezzate nell’esplosione di Suviana. Mario, Vincenzo e Pavel: il pensionato, l’immigrato e il giovane sposo. I sub con l’ossigeno al lavoro nel nono piano allagato sulle tracce dei dispersi. (Eleonora Capelli, Caterina Giusberti, Repubblica)

I sommozzatori tra i detriti. «L’acqua arriva a 20 centimetri dal soffitto». Le squadre al lavoro tutta la notte. «È come un grattacielo rovesciato» «L’ossigeno si consuma in fretta. Ho sentito un collega dire: mi tremano le gambe». «Quando ti trovi in situazioni del genere la commozione diventa anche rabbia». (Giusi Fasano, Corriere della Sera)

Suviana, le cause dell’incidente. Lo scoppio nel giorno del collaudo: s’indaga sui lavori di manutenzione. Nell’impianto da quasi un anno era in corso un’importante manutenzione straordinaria. La procura aprirà un fascicolo tecnico e saranno sentiti i testimoni. (Giuseppe Baldessarro, Repubblica)

La crescita rivista all’1% nel 2024. Giorgetti: Superbonus devastante. Il ministro dell’Economia ipotizza nuovi interventi. Pnrr, serve una proroga al 2026. Giorgetti: il taglio del cuneo fiscale nel 2025 «resta la priorità numero uno». (Mario Sensini, Corriere della Sera)

Il sì di Bruxelles: l’Italia non sarà l’unica a scegliere la strada del documento snello. La mossa in attesa del nuovo patto di Stabilità. La Commissione comunicherà a giugno gli obiettivi di aggiustamento. (Francesca Basso, Corriere della Sera)

L’incognita della buona riuscita del Pnrr, l’impatto del Superbonus, la procedura per deficit eccessivo che sarà aperta dalla Commissione Ue e il contesto internazionale: sono i quattro macigni che pesano sui conti pubblici. Per questo il governo non ha svelato le carte in occasione della presentazione del Documento di economia e finanza (Def), preferendo rimandare le brutte sorprese a dopo il voto europeo. Una mossa avallata dalla Commissione europea, con la quale però si accende lo scontro relativo alla richiesta di prorogare le spese del Pnrr oltre il 2026. Il commissario Paolo Gentiloni ha anticipato l’intenzione di alleggerire gli oneri amministrativi proprio per aiutare i governi a spendere con più facilità, ma senza toccare la data di scadenza, alla quale molti governi continuano a opporsi. Uno scenario che non piace al ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, il quale ha ribadito la sua richiesta: «Mi si dice di non insistere, ma io insisto». (Marco Bresolin e Luca Monticelli, La Stampa)

Carlo Cottarelli au Repubblica: Sale il debito, scende la crescita. Arriva il Def senza soldi. Abbiamo il Documento di Economia e Finanza, ma manca il quadro programmatico (ossia gli obiettivi del governo). Sarà definito solo a settembre.

Bini Smaghi: “Crescita irrealistica, si rischiano tagli di spesa o tasse”. Intervista all’economista, ex membro del board Bce: “La situazione del debito è delicata con l’inversione rinviata al 2027, anno elettorale”. (Eugenio Occorsio, Repubblica)

Le preoccupazioni della premier per i conti pubblici e le agenzie di rating. Opposizioni e sindacati attaccano: una mossa disperata. Il governo prepara il ricorso in Cassazione su «genitore 1 e 2» nella carta d’identità. (Monica Guerzoni, Corriere della Sera)

Il piano B di Meloni: proporre Draghi per blindarsi in Europa su conti e Pnrr. Sono le nuove condizioni politiche a Bruxelles, Parigi, Berlino e Varsavia a spingerla pragmaticamente verso questa novità. La leader FdI teme di trovarsi isolata dopo il voto di giugno e subire una scelta decisa dal triangolo Francia, Polonia e Germania. Le priorità di Roma sono proroga del Piano e trattativa sul debito. Il 17 aprile la presidente del Consiglio a Tunisi senza Ursula. (Tommaso Ciriaco e Giuseppe Colombo, Repubblica)

Mossa dei leader Ue: subito “consultazioni” per la Commissione. La carta Draghi. Al via colloqui informali sul nuovo governo europeo. In calo von der Leyen, Macron invoca un nome fuori dai partiti. C’è l’opzione Metsola. (Claudio Tito, Repubblica)

Caccia a miliardi. Per comprendere le dimensioni del disastro contabile nel quale è finito il governo Meloni basta fare qualche telefonata ai funzionari che hanno contribuito a fare gli ultimi calcoli sui costi dei Superbonus edilizi. Conti che – a leggerli bene – smontano almeno in parte la narrazione secondo la quale tutta la responsabilità è di chi l’ha preceduto. Ieri in conferenza stampa Giancarlo Giorgetti è apparso piuttosto nervoso. Ha ricordato di aver lanciato l’allarme in tempi non sospetti, ed è vero: correva il 16 febbraio dell’anno scorso. Eppure nonostante il tentativo di mettere la parola fine a quell’enorme spreco di soldi, fra una proroga e l’altra del Parlamento le agevolazioni per la ristrutturazione delle case sono costate nel solo 2023 novanta miliardi. Molto più di dell’anno precedente, il 40 per cento del totale. La ragione ufficiale della decisione di Tesoro e Palazzo Chigi di non presentare il quadro programmatico per il 2025 nel Documento di economia e finanza è legittima. Poiché siamo in una fase transitoria delle nuove regole europee, Giorgetti ha deciso di prendere tutto il tempo necessario, in teoria fino al 20 settembre. Ed è vera la circostanza secondo la quale anche altri governi hanno rinviato le decisioni sulle scelte di politica economica all’autunno. Ma accadde a esecutivi dimissionari (Monti, Gentiloni e Draghi) o in gravissima emergenza, come il Conte bis durante la pandemia. Dietro alle attenuanti c’è in ogni caso una realtà che la maggioranza in campagna elettorale non può raccontare fino in fondo: la premier non sa da che parte iniziare per rimettere in carreggiata i conti. (Alessandro Barbera, La Stampa)

«Salva» l’informazione governativa. Par condicio, è scontro in Vigilanza. Passa l’emendamento della maggioranza per i ministri in tv. Il Pd: è uno strappo grave. Per i dem c’è stata «la volontà di far esondare l’esecutivo durante la campagna elettorale». La modifica condivisa anche da FI riguarda le «attività istituzionali e governative». (Antonella Baccaro, Corriere della Sera)

L’Antimafia entra in campo, chiesti gli atti delle indagini di Torino, Bari e Palermo. La commissione parlamentare Antimafia non fa distinzioni e chiede alla magistratura le carte relative alle tre inchieste che hanno infiammato la politica italiana nell’ultima settimana. Saranno avviate istruttorie, previste eventuali audizioni, anche con l’obiettivo di cavalcare politicamente le vicende giudiziarie. Pare che la presidente, la deputata di Fratelli d’Italia Chiara Colosimo, abbia ricevuto diverse richieste da parte di componenti della commissione, variabili in base al colore politico: dal centrodestra si sollecitano approfondimenti sui casi di Bari e Torino, dove le indagini riguardano esponenti del Pd, dal centrosinistra si guarda con attenzione a Palermo, dove è stato arrestato un ex consigliere comunale di Fratelli d’Italia. In tutte e tre le vicende si parla di presunto voto di scambio, voti comprati e corruzione elettorale. Ma c’è una differenza sostanziale: su Bari il ministero dell’Interno ha istituito una commissione di accesso per valutare eventuali infiltrazioni mafiose nel Comune. Una procedura che potrebbe portare allo scioglimento del Consiglio comunale. Mentre a Torino, ha ragionato la stessa Colosimo con i suoi collaboratori, al momento questo scenario non appare plausibile, perché le indagini non hanno evidenziato la presenza della criminalità organizzata all’interno di aziende municipalizzate, come avvenuto nel capoluogo pugliese per la società dei trasporti controllata dal Comune.(Niccolò Carratelli, La Stampa)

«Sui migranti accordo chiave. Se il Parlamento non lo vota ci troveremo tutti nei guai». La commissaria Ue Johansson: tolti argomenti all’estrema destra. (Francesca Basso, Corriere della Sera)

Proteste negli atenei, Bernini e Piantedosi preparano la stretta. Uno sciopero nazionale, indetto dal sindacato Usb, manifestazioni e presidi negli atenei di Bari, Firenze, Bologna, Venezia, Modena, Genova, Siena, Roma, Pisa, Padova (dove ieri ci sono stati tafferugli con le forze dell’ordine), nei politecnici di Milano e Torino e sotto la sede del ministero degli Esteri, diventato il principale bersaglio della protesta degli studenti contro universitari contro il bando del ministero del Maeci in collaborazione con università e istituti di ricerca israeliani in scadenza oggi alle 16. Giornata campale quella di ieri per i movimenti studenteschi, che da settimane, raccogliendo consensi anche fra intellettuali e accademici, chiedono al governo di riconsiderare in toto gli accordi di ricerca con gli atenei israeliani potenzialmente sfruttabili anche a scopo bellici, il cosiddetto dual use. Sono in tutto 25, secondo il collettivo Cambiare Rotta, le università italiane che hanno aderito alla protesta, sottoscritta con una lettera inviata al ministro degli Esteri Antonio Tajani da quasi 2.500 fra docenti, ricercatori e personale tecnico amministrativo di varie accademie italiane. Una mobilitazione che secondo fonti del Mur la ministra dell’Università Anna Maria Bernini, in queste ore in missione internazionale negli Stati Uniti, avrebbe definito «inaccettabile». (Leonardo Di Paco, La Stampa)

Speranza: «Sapevo che il 20 per cento degli effetti avversi era gravissimo». L’ex ministro ammette che, fin dai primi mesi della campagna vaccinale, l’Aifa gli segnalò che una reazione negativa su cinque poteva essere addirittura mortale. Eppure andò avanti con obblighi e Open day, recitando il mantra dei farmaci «sicuri ed efficaci». Antonietta Veneziano e Angelo Di Lorenzo, dell’associazione Avvocati Liberi, sono i legali che hanno seguito il procedimento giudiziario riguardante Roberto Speranza e Nicola Magrini, che per l’ex ministro si è concluso con una archiviazione presso il Tribunale dei ministri di Roma. Finora avevano evitato di commentare la vicenda, anche perché non la ritengono ancora finita. Rimane infatti in piedi, in altra sede, la causa riguardante Magrini -che all’epoca era a capo di Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco – ma pure per quanto concerne Speranza non è detto che la partita sia chiusa. Come riferisce l’avvocato Veneziano, però, già dopo le prime settimane di vaccinazioni, a Speranza erano arrivati segnali allarmanti, che tuttavia egli preferì ignorare, pur di portare avanti l’impresa di «immunizzare» gli italiani – si fa per dire, visto che le punture non bloccavano la trasmissione del virus. (Francesco Borgonovo e Alessandro Rico, La Verità)

Benzina record, massimi da 6 mesi. Il governo: non dipende da noi. I consumatori: superati i 2 euro, picco a 2,5. Il Mimit: forte rincaro del petrolio sui mercati internazionali. (Claudia Voltattorni, Corriere della Sera)

Bollo, imposta di registro e tassa di successione. Le novità su denunce telematiche, certificati e pagamenti. Detassato il passaggio di quote di maggioranza a figli o coniugi, purché mantenute per 5 anni. (Mario Sensini, Corriere della Sera)

«Chi vuole Mps deve pagare un premio per il controllo». Siena, il board ai soci. Giorgetti: il 2024 l’anno buono per un partner. (Andrea Rinaldi, Corriere della Sera)

Cipolloni: nuovi prodotti a marchio. Eataly, ricavi in aumento a quota 656 milioni Il 60% in Nord America. (E. Cap., Corriere della Sera)

Eni, la prima centrale a fusione nucleare attiva entro il 2035. La società collabora con Commonwealth Fusion Systems (Mit). La sperimentazione sarà avviata già in questo decennio. (Luca Fraioli, Repubblica)

Gli altri temi del giorno

Cessate il fuoco, l’asse Macron-Al Sisi. Gaza, l’appello con il re di Giordania: tregua immediata e ostaggi liberi. Resta la minaccia di un attacco a Rafah. (Stefano Montefiori, Corriere della Sera)

La Striscia rasa al suolo, ma Sinwar e Haniyeh guidano ancora Hamas. In sei mesi di guerra, Israele ha lanciato sulla Striscia oltre 25 mila tonnellate di bombe uccidendo quasi 34 mila persone, ma la leadership di Hamas è rimasta al suo posto, quasi intatta. “Distruggeremo e sradicheremo Hamas, arriveremo alla vittoria”: poco dopo gli attacchi del 7 ottobre, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu è apparso alla nazione ponendo un unico obiettivo alle operazioni dell’esercito Idf a Gaza. I numeri sembrano, però, mostrare che le forze armate siano incapaci di colpire i vertici del movimento islamista o forse, semplicemente, non è quello l’obiettivo prioritario. Al momento nessuno dei tre leader di Hamas all’interno della Striscia risulta essere stato ucciso dai raid israeliani. Secondo i dati rilasciati dall’Idf sono morti nei combattimenti circa 12 mila miliziani di Hamas. Il numero non può essere verificato. Israele non permette a nessun giornalista internazionale di raccogliere informazioni sul campo e anche la conta dei morti fatta dai palestinesi è sempre più incompleta. Il sistema informatico degli obitori viene – veniva – aggiornato dagli otto principali ospedali della Striscia. Negli anni, e durante le numerose operazioni militari israeliane, i dati raccolti dal ministero della Sanità, sotto il controllo di Hamas, sono sempre risultati attendibili. (Cosimo Caridi, Il Fatto Quotidiano)

Russia-Cina patto di ferro. Il ministro degli Esteri russo è stato ricevuto dall’omologo Wang Yi e dal presidente Xi Jinping, 48 ore dopo che sempre da Pechino la segretaria al Tesoro statunitense Janet Yellen aveva paventato «conseguenze significative» nel caso di sostegno cinese all’industria militare di Mosca. Con un Occidente che continua a chiederle di premere per fermare la guerra, Pechino fa capire che non parteciperà a negoziati o conferenze di pace senza la presenza russa. Sostenendo che la rielezione di Vladimir Putin garantisce ai russi un «futuro luminoso», dice anche che se si vuole trattare bisogna farlo con lui. Lavrov ha poi definito «illegali» le sanzioni occidentali. Per la Cina, schierarsi contro le sanzioni serve anche a criticare le restrizioni subite in ambito tecnologico e i sempre più probabili dazi di Usa e Ue sulla sua industria verde, auto elettriche comprese. Sono stati ricordati i 240 miliardi di interscambio del 2023, record a cui ha contribuito il netto aumento di importazioni cinesi di petrolio. Nessun aggiornamento sul Forza della Siberia 2, il nuovo gasdotto che moltiplicherà le forniture energetiche russe alla Cina. Sul progetto sembra avere più fretta il Cremlino, mentre Xi guarda anche ad altri progetti in Asia centrale. Ma potrebbero esserci novità nel faccia a faccia tra leader di maggio, di cui si è parlato nel dettaglio ieri. Sarà la terza visita a Pechino di Putin in poco più di due anni, la prima all’estero dopo la rielezione. (Lorenzo Lamperti, La Stampa)

Gli ucraini a Meloni: ci servono altri missili Patriot e Samp-T per fermare gli attacchi sulle città. Incontro a Palazzo Chigi tra i collaboratori della premier e una delegazione di Ong per chiedere di donare il prima possibile gli strumenti per proteggere la popolazione dai raid aerei. (Gianluca Di Feo, Repubblica)

La sconfitta dell’Ucraina non è più un’ipotesi remota. Ormai ne parla con facilità anche chi fino a ieri rifiutava di considerare la possibilità di trattare per porre fine alla guerra, considerando una sola possibile soluzione del conflitto, cioè la vittoria piena sulla Russia.

Dal sostegno senza se e senza ma a Kiev, in poche settimane si è passati a frasi che aprono la strada a un’intesa che preveda un compromesso. Colpiscono le parole di Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato, da sempre uno dei falchi più determinati nel sostegno a Volodymyr Zelensky. «Alla fine dei conti», si è lasciato sfuggire durante un’intervista alla Bbc, «deve essere l’Ucraina a decidere che tipo di compromessi è disposta a raggiungere». L’ex premier norvegese, un tempo acceso rivoluzionario e poi altrettanto acceso conservatore, mai si era spinto a parlare di compromesso, ma solo di riconquista dei territori occupati dai russi, con il pieno ripristino della sovranità di Kiev. Le parole usate dal politico di lungo corso, che ha già pronto un posto da governatore del fondo che gestisce il patrimonio della Norvegia, di certo non sono state casuali. Ma se qualcuno non avesse inteso, Stoltenberg ha aggiunto altro: «Dobbiamo consentire loro (agli ucraini, ndr) di essere in una posizione in cui possano effettivamente raggiungere un risultato accettabile al tavolo dei negoziati». Dunque, non si parla più di ricacciare le armate di Vladimir Putin dal Donbass e dalla Crimea, ma solo di ottenere un’intesa onorevole, che salvi la faccia a tutti, in particolare a Zelensky. (Maurizio Belpietro, La Verità)

Il sindaco di Londra Khan: «Uno schema stile Erasmus per attirare i giovani italiani». «È nel nostro interesse avere legami più stretti con l’Europa». Rivedremo l’accordo con Bruxelles. Rientrare non è in agenda, per il breve e medio termine. A Londra abbiamo una carenza di personale negli hotel, nei ristoranti, nella musica. (Luigi Ippolito, Corriere della Sera)

«Giulio tradito da un sindacalista. Mai stato al soldo di nessuno». Il padre di Regeni in aula. Il legale della famiglia: cominciano a diradarsi le ombre. (Giovanni Bianconi, Corriere della Sera)

Omicidio Willy Monteiro, nuovo processo per i fratelli Bianchi. La Cassazione: “Colpevoli, ma appello bis sulle attenuanti”. Ora i due accusati del delitto di Colleferro potrebbero anche rischiare l’ergastolo. La madre del giovane ucciso: “Non ho visto segni di pentimento”. (Andrea Ossino, Repubblica)

Fedez: «La crisi con mia moglie? È anche colpa del pandoro- gate». Il rapper in lacrime da Fagnani: non getto fango su Chiara, è la madre dei miei figli. Ho smesso con le droghe perché a 18 anni ho tentato il suicidio tagliandomi le vene. (Maria Volpe, Corriere della Sera)

Il Corriere intervista Pilar Fogliati: «Ho i miei lati coatti. E a Brad Pitt preferisco Claudio Amendola».

Gli Anniversari

1815, l’Austria dichiara guerra al Regno di Napoli
1849, brevettata in America la spilla da balia
1912, il Titanic salpa da Southampton
1919, muore in Messico Emiliano Zapata
1925, Fitzgerald pubblica il Grande Gatsby
1926, il dirigibile Norge parte per il Polo Nord
1941, nasce lo Stato indipendente di Croazia
1954, l’Eiar cambia il nome in Rai
1954, muore a Lione Auguste Marie Lumiere
1957, riaperto al traffico il Canale di Suez
1963, Pacem in Terris di papa Giovanni XXIII
1970, Beatles: diffusa la notizia dello scioglimento
1971, distensione: la squadra Usa di ping pong in Cina
1973, aereo britannico precipita a Basilea: 104 morti
1973, inaugurato il nuovo Teatro Regio di Torino
1974, Israele: Golda Meir annuncia le dimissioni
1974, il Fmi presta all’Italia 1.2 milioni di dollari
1977, la Francia in aiuto dello Zaire in rivolta
1978, Moro: diffuso il testo del processo Br
1979, muore a Roma Nino Rota
1990, Gheddafi fa liberare tre ostaggi in Libano
1991, collisione in mare: 140 morti a Livorno
1992, bomba in Sri Lanka: 25 morti
1998, Belfast: accordo del Venerdì Santo
2003, il Concorde va in pensione anticipata
2010, incidente aereo: muore il leader polacco Kaczynski
2012, la Apple prima azienda tecnologica al mondo

Nati oggi

 1847, Joseph Pulitzer
1920, Nilde Iotti
1924, Aldo Giuffré
1931, James Lee Dozier
1932, Omar Sharif
1935, Nicola Cabibbo
1939, Claudio Magris e Luciano Pellicani
1946, Caterina Caselli
1948, Aldo Grasso e Sebastiano Maffettone
1949, Ricardo Franco Levi
1952, Steven Seagal
1956, Claudio Costamagna
1963, Rosanna Banfi e Raffaello Vignali
1964, Nancy Brilli
1972, Angelica Saggese

Si festeggia San Ezechiele

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