La nota del 4 aprile

Il Corriere apre sulla sfiducia a Salvini respinta dalla maggioranza, Repubblica e Stampa s i occupano dell’argomento oggi più delicato e popolare, cioè il grave stato di salute del Servizio sanitario pubblico per la salvezza del quale spendono il proprio nome 14 scienziati capeggiati dal Nobel Giorgio Parisi. Il Messaggero anticipa il piano svuota carceri del governo. Il Fatto e La Verità da posizioni diverse convergono sulla situazione ucraina che rischia di “collassare”, e il primo non vuole che la Nato impegni 100 miliardi in cinque anni per impedirlo. Ma oggi per noi la notizia più importante, quella che qualche decennio fa avrebbe costituito il titolo più importante di tutti i quotidiani, è l’arrivo di un nuovo presidente di Confindustria, Emanuele Orsini. Certo, qualche decennio fa Confindustria era più forte e dunque faceva più notizia mentre oggi la rinuncia di Edoardo Garrone e l’elezione certa dell’imprenditore emiliano nella votazione di oggi sono solo una delle notizie di prima pagina. Ma l’unità di Confindustria, le caratteristiche personali del suo nuovo leader, la sconfitta degli imprenditori milanesi che avevano condizionato l’elezione degli ultimi tre presidenti sono fatti nuovi importanti che preludono ad un ruolo più incisivo degli imprenditori a Roma e a Bruxelles.

Perchè riteniamo che l’unità sul nome di Orsini sia importante non solo per Confindustria ma anche per il Paese? E’presto detto: le imprese sono il motore dello sviluppo, dell’innovazione, della crescita e del lavoro vecchio e nuovo, e dunque la loro rappresentanza difende interessi generali. E mai come in questo momento di gravi turbolenze internazionali c’è bisogno di unità interna anche nel più importante dei corpi intermedi, di unità negli obiettivi chiari e pragmatici del dialogo con il governo e di forza tranquilla, preparata e tenace, in Europa per difendere le filiere industriali italiane da politiche ormai riconosciute dallo stesso Parlamento europeo come dannose e per espandere il ruolo e la presenza del Made in Italy nel mondo. Una Confindustria forte e unita è anche il necessario elemento di confronto e di contrappeso rispetto alle istituzioni e a forze politiche che talvolta sacrificano ad una visione di parte la soluzione oggettiva di tante questioni economiche e civili: nel delicato gioco degli equilibri di una democrazia industriale avanzata si tratta di una garanzia di schiena dritta che ritorna a vantaggio dell’intera società e non solo delle imprese.

Tutti i giornali oggi dedicano un articolo di cronaca e una biografia ad Orsini, imprenditore modenese del legno e dell’alimentare, due settori strategici per l’economia di oggi e per quella di domani, che si è guadagnata la fiducia dei colleghi grazie ad un servizio associativo come vicepresidente per il fisco, il credito e la finanza che è stato decisivo sia negli anni del Covid sia nella fase di ripartenza successiva. E’ stato insieme “compagno di banco” dei colleghi imprenditori nel momento delle difficoltà, nei giorni bui della pandemia quando le fabbriche erano chiuse e le città deserte, quando solo pochissimi andavano alle riunioni decisive in presenza per impostare con il governo e con le banche gli interventi urgenti e decisivi per evitare il collasso del sistema (350 miliardi di finanziamento erogati alle imprese attraverso 2,8 milioni di operazioni), e dunque leader che ha sempre anteposto i fatti alle parole. E della sua leadership discreta ma ferma e appassionata il Consiglio generale di Confindustria gli ha dato atto quando ha presentato a braccio il suo programma due settimane fa: un discorso chiarissimo nella visione di unità, identità e dialogo nella “casa comune” ma competente sino ai dettagli su temi chiave quale l’energia (fattore di sicurezza nazionale, con la scelta netta del nucleare di ultima generazione come fonte continua, affidabile e meno costosa), gli investimenti (che vanno fatti ripartire ed ha elencato come), la leva fiscale e il credito d’imposta, la certezza del diritto, il cambio di passo in Europa (“prevenire invece che curare”), il Sud rimosso nel dibattito pubblico da rilanciare per la crescita di tutto il Paese. E tanto altro, con la certezza di saper applicare, senza nè incertezze nè proclami inattuabili, quel “modello emiliano” di rapporti tra imprese, istituzioni, forze politiche e pubblica amministrazione che sa mettere a terra in tempi brevi e certi gli obiettivi di politica economica utili al Paese.

L’unità interna fondata su dialogo, identità e orgoglio perseguita  da  Orsini  (e  di  tale  rilevante  risultato  vanno ringraziati Edoardo Garrone e gli altri due candidati Antonio Gozzi e Alberto Marenghi, e tutti i past president e gli imprenditori che a questo fine si sono adoperati e continueranno a farlo) è decisiva anche per aprire finalmente la necessaria e indispensabile fase di rinnovamento della visione, della struttura, dell’organizzazione e, direi, dell’anima stessa di Confindustria per adeguarla al fortissimo cambiamento della società, della tecnologia, delle relazioni internazionali degli ultimi decenni e degli ultimi anni in particolare. L’associazione infatti, e non soltanto per colpe proprie, non ha saputo mantenere a Roma e a Brixelles la forza che ha sui territori dove le rappresentanze locali degli imprenditori sono l’interlocutore più importante di ogni decisione che riguardi l’economia e lo sviluppo. Non si è accorta dell’indebolimento progressivo della tecnostruttura interna, fattore essenziale della propria distintività di analisi e di proposta alle forze politiche, al Paese e all’Europa. Non ha saputo rinnovare l’offerta di contenuti del proprio Centro Studi, allargandone il ventaglio di temi coperti e acquisendo prestigiosi apporti esterni: accanto ai temi tradizionali come la congiuntura, l’inflazione o la finanza pubblica vanno indagati gli effetti economici di immigrazione, demografia, intelligenza artificiale e quant’altro per fare davvero la differenza nel confronto sulle scelte più delicate attraverso dati puntuali e verificabili. Gli stessi dati che servono per una comunicazione moderna e fattuale, con l’obiettivo di una incidenza effettiva nell’opinione pubblica attraverso tutti gli strumenti oggi disponibili. Gli stessi dati che servono per una nuova fase di collaborazione con le Università, dove oggi sembra prevalere nel dialogo studenti- docenti più il condizionamento reciproco venato di indottrinamento o di posizioni pregiudiziali piuttosto che l’insegnamento e l’apprendimento.

Emanuele Orsini conosce a fondo il sistema associativo fatto di oltre 150 mila imprese, 216 organizzazioni federate, oltre cinque milioni e 300 mila lavoratori che sono il capitale più importante, sa che la forza storica di Confindustria è la capacità di sintesi tra grandi medie e piccole imprese, la forza delle filiere che oggi vanno oltre i territori e i distretti, la capacità di fare squadra prima all’interno di una associazione di uomini liberi e poi nel dialogo con le istituzioni e le forze politiche, rispetto alle quali conteranno soltanto i risultati utili al Paese da mettere a terra più che le rivendicazioni formali di autonomia. Nel sempre più preoccupante scenario internazionale nessuno è più un’isola: e anche da questo punto di vista l’unità di Confindustria nel nome di un imprenditore indipendente che sa fare squadra è un segnale di responsabilità e di fiducia nel futuro.

“Sanità a rischio crac”, titola Repubblica mentre La Stampa secondo La Stampa “Nobel e scienziati accusano il governo: uccide la sanità”. Il Nobel è Giorgio Parisi, gli altri sono importanti accademici e medici. La situazione è nota: siamo ultimi in Europa per la spesa dedicata al settore, le liste d’attesa sono lunghissime (e anche nel privato, pagando, i tempi  si  allungano),  i  pronto  soccorso  sono  intasati, s u l l ’ a s s i s t e n z a d o m i c i l i a r e s i  r o v e s c i a n o  g l i ultrasessantacinquenni fragili che ovviamente sono in aumento. Vedremo se la denuncia odierna smuoverà il governo da una parte e aiuterà dall’altra chi all’interno del servizio sanitario si batte per una organizzazione migliore, un percorso unitario di cura e l’alleanza delle buone pratiche. Il Tempo aggiunge che tra il 2012 e il 2022, gestione Zingaretti,q la regione Lazio è quella più indebitata per la sanità: attualmente sono in corso verifiche contabili alla Asl Roma 5.

Salvini, come previsto, la sfanga: la maggioranza ha i numeri per respingere la mozione di sfiducia dell’opposizione e lo fa, anche se, precisa il Corriere “il governo diserta l’Aula mentre l’opposizione non schiera i leader”. Vedremo se la maggioranza sarà altrettanto compatta oggi sull’altra mozione di sfiducia, quella del ministro del Turismo Daniela Santanchè. Intanto Libero dedica tutta la sua prima pagina al tuttora capo della Lega che ora giura di stare dalla parte dell’Ucraina e non di Putin.

Il Sole apre sull’inflazione dell’eurozona, che è in frenata, e fa sapere che Giorgetti si propone di varare un Def “senza manovra” e anche senza ricorso al credito d’imposta, cosa che susciterà molte e giustificate proteste, Superbonus a parte. Il ministro ritiene scontata la procedura Ue sui nostri conti.

Schlein incontra il padre di Ilaria Salis ma non candiderà l’italiana detenuta a Budapest alle elezioni europee.

Giovanna Iannantuoni, rettrice della Bicocca e presidente dei rettori, schiera la sua università a favore della collaborazione con le università israeliane e concede ad uno studente di esporre le ragioni contrarie a tale scelta. Un atto di buonsenso, dopo qualche mese di sbandamento nelle università.

Il Corriere dedica un ritratto ad Andrea Pignataro, secondo uomo più ricco d’Italia dopo Ferrero: è questo il pretesto per raccontare i suoi ultimi “acquisti” in Italia, da Cerved a Prelios e al 2 per cento di Mps.

Paola Cortellesi regina dei David: il suo “C’è ancora domani” candidato a 19 statuette.

La Fiorentina batte l’Atalanta nell’andata della semifinale di Coppa Italia.

Ed ecco alcuni dettagli/approfondimenti. Salvini, no alla sfiducia. Maggioranza compatta. Respinta la mozione delle minoranze sui «rapporti con la Russia». Oggi il voto su Santanchè. Renzi annuncia il «no» sulla ministra «per non trasformare le Camere in un tribunale». (Virginia Piccolillo, Corriere della Sera)

Nel dibattito a singhiozzo il governo diserta l’Aula e l’opposizione non schiera i leader. Italia viva accusa i 5 Stelle: siete più filo Putin del leghista. Lupi fa l’elenco, dem compresi, di tutti quelli che nel tempo hanno fatto affari con lo zar. (Roberto Gressi, Corriere della Sera)

Santanchè si sente tranquilla: rinviata a giudizio? Non credo. Ma farei la mia valutazione. Si finse avvocato per truffare una cliente. La figlia di Verdini patteggia un anno. La sicurezza su FdI: nessuno ha chiesto le dimissioni e non lo faranno. (Monica Guerzoni, Corriere della Sera)

Il Pd butta Salis nel tritacarne, poi non la candida. Dopo giorni di abboccamenti, dopo che la segretaria del Pd, Elly Schlein aveva lavorato – prima di tutto dentro al partito – per portare Ilaria Salis a Bruxelles, come candidata nelle liste del Pd, alla fine la cosa appare sfumata. E non per volontà di Schlein, ma per una valutazione fatta dalla diretta interessata, mediata dal padre Roberto. Ieri Schlein e Salis senior si sono visti. La notizia è stata data da Repubblica.it e dal Foglio online. Ma il Nazareno è subito corso ai ripari, facendo sapere che i due si erano visti per parlare della “situazione incresciosa” in cui si trova Ilaria. Una prima spia che le cose non erano andate bene. Poi, nel tardo pomeriggio, registrando Porta a Porta, la segretaria ci ha messo una pietra sopra: “Questa ipotesi non è in campo. Non c’è in corso nessuna trattativa. Ho voluto incontrare il padre di Salis per discutere come possiamo aiutare a toglierla dalla condizione in cui si trova. Nel dibattito sul totonomi terrei fuori una situazione delicata come questa”. Nella conversazione con la segretaria del Pd, il padre ha tirato fuori i dubbi espressi in questi giorni, anche sui media. Ovvero, la necessità di avere la matematica certezza di elezione, nel caso la figlia avesse scelto di correre: in caso contrario, il rischio era che l’Ungheria ne approfittasse per peggiorare ancora le condizioni della donna. La certezza non c’era. Si era parlato di candidare Ilaria capolista nelle Isole. (Wanda Marra, Il Fatto Quotidiano)

La leader dem per ora frena su Salis: la sua candidatura non è in campo. L’incontro con il padre «per capire come aiutarla». Nel Pd voci contrarie (ma altri spingono). «La mia corsa come premier? C’è scritto nello statuto del Partito democratico». Il padre della detenuta: non credo proprio che mia figlia accetterebbe un posto nelle liste pd. (M.T.M., Corriere della Sera)

L’agguato suicida della minoranza. Pur essendo scontato che di solito finiscono per ricompattare la maggioranza – com’è accaduto anche stavolta, fin dalla vigilia del dibattito – le mozioni di sfiducia contro Santanché e Salvini (si è cominciato ieri a discuterne alla Camera) puntavano a far emergere le divisioni nella maggioranza. E non perché il centrodestra sia spaccato sulla difesa del vicepremier e della ministra del Turismo, ma perché nei giorni scorsi trasparivano evidenti sfumature  nella  volontà  di  difenderli.  C’è  però  una sottovalutazione che le opposizioni hanno fatto delle condizioni del centrodestra, che può essere attraversato da divergenze trasversali su molti punti, ma subito si ricompatta quando si tratta di evitare di fare un favore alla sinistra. La marcia indietro di Salvini, martedì. Un giorno prima della discussione, sui suoi rapporti con Putin e l’ordine di scuderia di Meloni di far quadrato su Santanché, almeno fino al rinvio a giudizio per certi versi scontato nell’inchiesta che la riguarda, hanno finito con il generare un quadro di compattezza superiore a ogni previsione. Con il risultato di porre in evidenza, al contrario, le divisioni dell’opposizione, che non è riuscita a restare unita neppure sull’attacco al governo. (Marcello Sorgi, La Stampa)

Gelo tra Meloni e Santanchè per le nomine all’Enit. Il blitz della ministra fallisce. Tensioni per la gestione dell’Ente nazionale del turismo che il governo aveva promesso di rilanciare. La premier impone la scelta della nuova presidente Priante. (Antonio Fraschilla, Repubblica)

Massimo Franco sul Corriere: Premierato fra trattative e tentazioni referendarie. La maggioranza esce più o meno indenne dal primo voto di sfiducia: quello contro il vicepremier e ministro Matteo Salvini, leader della Lega. I legami con il partito di Vladimir Putin non sono stati ritenuti sufficienti per accettare la richiesta di dimissioni avanzata dalle opposizioni, esclusi i renziani. Rimane il caso della ministra del Turismo, Daniela Santanchè, di FdI. Ma su questo il Parlamento si pronuncerà solo oggi, in attesa poi delle decisioni della magistratura.

La nuova par condicio agita le tv. A rischio il duello Meloni- Schlein. I parametri Agcom per «pesare» la visibilità dei politici. La Rai chiede di modificarli. Boschi (Iv): le regole valgano anche per i giornalisti. Il no della Fnsi: surreale. (Antonella Baccaro, Corriere della Sera)

L’allarme degli scienziati per la sanità pubblica. “Così si torna indietro”. Sempre più sottofinanziato, con medici e infermieri insoddisfatti e malpagati, un’assistenza territoriale non al passo con i bisogni della popolazione che invecchia e il divario tra Nord e Sud che aumenta. L’analisi è impietosa quanto è accorato l’appello a difesa della nostra sanità pubblica lanciato da 14 tra i maggiori scienziati italiani, tra i quali il Nobel per la fisica Giorgio Parisi, il grande immunologo Alberto Mantovani, il presidente del Consiglio superiore di sanità, Franco Locatelli e il farmacologo Silvio Garattini.Un parterre de rois unito nel dire che «non possiamo fare a meno del servizio sanitario pubblico», ma che oggi i dati dimostrano quanto sia in crisi, causa «arretramento di alcuni indicatori di salute, difficoltà crescente di accesso ai percorsi di diagnosi e cura, aumento delle diseguaglianze regionali e sociali». Molto «si può e si deve fare sul piano organizzativo, ma la vera emergenza è adeguare il finanziamento del Servizio sanitario nazionale agli standard dei Paesi europei avanzati. Ed è urgente e indispensabile, perché un Ssn che funziona non solo tutela la salute, ma contribuisce anche alla coesione sociale», affermano gli scienziati nel loro appello. Parole che seguono ai numeri pubblicati qualche mese fa dal Crea sanità, che nel suo rapporto annuale quantificava in 15 miliardi l’investimento necessario per avvicinare l’Italia al finanziamento medio dell’Ue per la sanità. (Paolo Russo, La Stampa)

Ospedali a pezzi e attese infinite. Il conto salato di vent’anni di tagli. Italia fanalino di coda in Europa per il rapporto tra spesa sanitaria e Pil. Il 90 per cento di Tac e apparecchi per la mammografia ha più di dieci anni. (Michele Bocci, Repubblica)

Alberto Mantovani: “Tutti hanno diritto a curarsi. L’Italia non diventi un Paese per ricchi”. Intervista al direttore dell’Humanitas, firmatario dell’appello per salvare il Servizio Sanitario Nazionale. “Al ministro della Salute vorrei dire: consentici di continuare a fare miracoli. Chiediamo solo più risorse, meno sprechi e burocrazia”. (Elena Dusi, Repubblica)

Stefano Cappellini su Repubblica: Sanità, l’eguaglianza negata. Lo sfascio del Servizio sanitario nazionale è la forma più subdola di disgregazione civile. Perché non si può chiedere responsabilità sociale a chi viene abbandonato dallo Stato nel momento di maggiore fragilità.

Il piano Letta per guarire l’Ue: “Il mercato unico è l’antidoto al declino sovranista”. Il rapporto dell’ex premier su come rilanciare l’integrazione: “Oggi crea spaccature ed esclusi, deve essere per tutti”. Tra le proposte un “passepartout” legale e fiscale che permetta alle imprese di operare in tutti e 27 i Paesi. (Filippo Santelli, Repubblica)

Sale il deficit e cala la crescita i timori di Giorgetti sul Def “L’Europa aprirà una procedura”. Meno Pil e una strada in salita per il governo Meloni alle prese con un debito da abbattere e nuove risorse da reperire. È quanto contenuto nel Def, il Documento di economia e finanza che molto probabilmente sarà approvato dal Consiglio dei ministri già entro il 10 aprile. Quest’anno avrà «una conformazione leggermente diversa rispetto al passato, sicuramente più leggera» ha spiegato ieri il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti parlando alle commissioni Bilancio di Camera e Senato. In ogni caso, con il nuovo documento, il più importante passaggio dell’anno, prenderanno forma i numeri aggiornati sulla crescita e sui conti pubblici del nostro Paese. Questo mentre, con l’enorme indebitamente raggiunto nel 2023, sull’Italia incombe una procedura d’infrazione Ue. Nel Documento in lavorazione l’economia italiana, secondo indiscrezioni, cresce meno di quanto atteso. Sia per quest’anno sia per il prossimo. Nel 2024 il Pil è visto aumentare dell’1% e non più dell’1, 2% come indicato in settembre. (Sandra Riccio, La Stampa)

Giorgetti congela il Def “Scontata la procedura Ue”. Martedì crescita, deficit e debito arrivano in Consiglio dei ministri: stime simili a sette mesi fa Dopo le europee possibile correzione. Il titolare del Tesoro e il futuro in Ue: “I ministri cambiano…”. (Giuseppe Colombo e Valentina Conte, Repubblica)

Giorgetti: “Io commissario in Europa? Cinque anni fa ho detto no, ma i ministri cambiano”. Il titolare del Tesoro commenta le indiscrezioni su un suo possibile ruolo in Ue. A breve il Def in Parlamento: “Sarà più leggero”. Sul debito pubblico: “Richiede la massima ponderazione di risorse”. (Giuseppe Colombo, Repubblica)

«Conti, procedura Ue inevitabile. Con l’Italia altri dieci Paesi». Giorgetti: Def di transizione entro il 10 aprile. A febbraio 351 mila posti di lavoro in più. (Enrico Marro, Corriere della Sera)

Stellantis, la richiesta di Urso: 200 mila auto a Mirafiori. Ma l’azienda: servono incentivi. (Claudia Voltattorni, Corriere della Sera)

Tim, la Corte d’Appello fissa un rimborso da 1 miliardo per il canone del 1998. Palazzo Chigi: “Faremo ricorso”. La vicenda risale alla liberalizzazione del settore e al contrasto con le direttive europee. Il titolo vola in Borsa sulle indiscrezioni. (Repubblica)

Gli altri temi del giorno

La mossa di Gantz contro Netanyahu “Elezioni anticipate” No del Likud. Il leader centrista sfrutta il momento di difficoltà del premier, che resiste Biden dopo la strage dell’Ong: “Indignato”. Oggi chiamerà l’israeliano. (Paolo Mastrolilli, Repubblica)

Israele, Gantz chiede elezioni anticipate a settembre. Il giorno dopo il raid dell’esercito israeliano nella Striscia di Gaza in cui sono stati uccisi sette operatori umanitari (tra cui sei occidentali), l’ex capo di Stato maggiore ora membro del Gabinetto di guerra ha dettato la scadenza del Governo di Benjamin Netanyahu: «Dovremmo concordare una data delle elezioni generali per settembre prossimo», ha dichiarato ieri sera in una conferenza stampa. Il leader del partito centrista Unità Nazionale, in testa ad ogni sondaggio, ha di fatto rotto la già fragile unità del gabinetto di guerra presieduto da un premier sempre più in difficoltà. A stretto giro, il Likud, il partito conservatore di maggioranza guidato da Netanyahui, ha ribattuto: «Gantz deve smetterla di occuparsi di “piccola politica”. Il Governo andrà avanti fino a che non raggiungerà tutti gli obiettivi della guerra». ( Roberto Bongiorni, Il Sole 24 Ore)

Biden «indignato» per il raid. Gantz sfida Bibi: voto anticipato. Il presidente: l’uccisione dei 7 cooperanti non è un caso isolato. A rischio il molo per gli aiuti. (Viviana Mazza, Corriere della Sera)

Enrico Franceschini su Repubblica: La svolta del mea culpa. In pochissime ore il premier Netanyahu e il presidente Herzog con i ministri si sono scusati per il “tragico errore”.

L’arma della fame. Un attacco a un convoglio, una rotta sicura che sicura non era, sette morti e le forze armate israeliane che il giorno dopo garantiscono di «indagare sull’incidente». Non è l’inizio di aprile del 2024 e non è Gaza. È il 2006, la guerra è in Libano, il convoglio colpito è a Marjayoun. All’inizio di agosto del 2006 l’esercito israeliano conquista la base di quello libanese a Marjayoun, città cristiana a otto chilometri dal confine. Unifil, in contatto con le truppe di Tel Aviv, organizza l’evacuazione, predisponendo un percorso pianificato in direzione Beirut e scortando i mezzi. Secondo l’allora portavoce delle Nazioni Unite, Milos Strugar, le forze israeliane erano state informate in anticipo del passaggio del convoglio e avevano dato il via libera. Rotte definite sicure dalle forze israeliane, dunque. Eppure poche ore dopo centinaia di veicoli carichi di forze armate libanesi, civili, e un giornalista dell’ Associated Press, viene attaccato dall’aeronautica israeliana. Otto bombe che uccisero 7 persone e ne ferirono 36. Allora come oggi l’esercito israeliano promise un’inchiesta dettagliata, allora come oggi dichiarò di aver «identificato movimenti sospetti lungo la rotta». Tragiche analogie o consuetudine? (Francesca Mannocchi, La Stampa)

Politecnici sotto assedio. Una manifestazione martedì 9 aprile, a piazzale della Farnesina, per chiedere il ritiro del bando di collaborazione scientifica Italia-Israele gestito dal ministero degli Esteri, in scadenza il 10 di questo mese, e la manifesta volontà di allargare la mobilitazione anche al mondo delle università politecniche; in particolare alle collaborazioni a progetti che alimentano tecnologie dual use, cioè concepite per l’ambito civile che vengono utilizzate in quello militare, e viceversa. Dopo l’università di Torino che ha rifiutato di partecipare al bando con Israele, le dimissioni del rettore dell’ateneo di Bari, Stefano Bronzini, dal comitato tecnico- scientifico della fondazione Med-Or, la dura presa di posizione nei confronti di Tel Aviv da parte del senato accademico della Normale di Pisa e le mobilitazioni in altri atenei, Cambiare Rotta ha fatto sapere di voler «unire le forze» per portare sotto i riflettori altri tipi di accordi. Nel mirino finisce il Politecnico di Torino, accusato di collaborare «con aziende della filiere bellica, basti pensare agli accordi stretti con colossi del settore come Leonardo, Elbit Defense Systems, Thales Alenia, Altec e Avio Aero». Soggetti definiti «forieri di guerra e devastazione in tutto il mondo». Un modus operandi «consolidato da master e brevetti all’interno delle università».(Leonardo Di Paco, La Stampa)

«Le università italiane sono un luogo di libertà. Con Israele e Palestina rapporti utili alla pace». Iannantuoni (Crui): «In Bicocca una scelta di principio». Non credo che gli atenei siano lassisti. Mantenere un equilibrio è questione di responsabilità. Abbiamo ammesso uno studente a parlare. Ma anche loro devono saper ascoltare (Gianna Fregonara, Corriere della Sera)

I generali ucraini: “Disfatta vicina”. Stoltenberg crea il fondo Zelensky. I generali ucraini annunciano la catastrofe imminente. I ministri degli Esteri dei 32 Paesi membri della Nato sono riuniti a Bruxelles. Mentre a Mosca il loro corrispettivo ministro russo, Sergej Lavrov, incontra gli ambasciatori di oltre 70 Stati. La guerra in Ucraina è a un punto di svolta. L’esercito di Kiev è in evidente difficoltà, il fronte rischia di collassare. A lanciare l’allarme, in una conversazione con il sito Politico, sono alcuni alti ufficiali che hanno servito sotto l’ex capo delle forze armate ucraine, il generale Valery Zaluzhny. La linea di difesa potrebbe crollare se ai soldati del Cremlino fosse ordinato di concentrare gli attacchi: possono “penetrare la linea del fronte e distruggerla in alcuni punti”. Da mesi Mosca ha iniziato una campagna di logoramento delle truppe ucraine. La Russia non sembra interessata a bucare su un solo punto, ma sta facendo consumare le poche risorse (sia uomini che mezzi) a disposizione di Kiev, su un fronte lungo oltre 500 chilometri. Se continuasse così entro pochi mesi, settimane forse, le truppe del Cremlino potrebbero avanzare per ampie aree senza la minima resistenza, probabilmente fino al fiume Dnipro. (Cosimo Caridi, Il Fatto Quotidiano)

Ucraina, allarme degli ufficiali: senza rinforzi la linea del fronte cederà. Nelle ultime settimane i russi hanno aumentato l’intensità degli attacchi su Kharkiv e Sumy, nell’Ucraina settentrionale, ma anche su Odessa. Non è dato sapere dove concentreranno l’offensiva prevista per l’estate, ma l’opinione di un gruppo di alti ufficiali ucraini raccolta da Politico coincide con quella di Zelensky. Il rischio che la linea del fronte si sfasci là dove i generali russi concentreranno l’attacco è molto alto, hanno spiegato le fonti: «Non c’è nulla che possa aiutare l’Ucraina a questo punto, perché non abbiamo le tecnologie in grado di bilanciare la massa di uomini che la Russia probabilmente ci lancerà contro. E l’Occidente non ne dispone in quantità sufficienti». Se la Nato prova a correre ai ripari proponendo un fondo di aiuti più stabili e una nuova forma di gestione che metta il sostegno all’Ucraina al riparo da oscillazioni politiche a Washington, a Kiev Zelensky ha cercato di affrontare il problema della carenza di uomini al fronte abbassando da 27 a 25 anni l’età in cui un cittadino può essere arruolato, e riducendo una serie di esenzioni per motivi di salute. (Antonella Scott, Il Sole 24 Ore)

La Nato e un fondo da 100 miliardi. Un affare da 100 miliardi, distribuiti in cinque anni. Contenuti in un fondo a disposizione dell’Ucraina, proposto dal segretario generale della Nato Jens Stoltenberg. Un moloch finanziario che ha costituito ieri, al netto delle solite professioni di solidarietà nei confronti di Kiev, il vero nodo del vertice ministeriale degli Esteri a Bruxelles, che ha preceduto la celebrazione per i 75 anni dell’alleanza atlantica di oggi, che sarà a sua volta seguita da un nuovo vertice stavolta nel formato con l’Ucraina, alla presenza del ministro degli Esteri di Kiev Dmytro Kuleba. E che tra l’altro è stato il primo appuntamento ufficiale della Nato a cui ha partecipato il trentaduesimo membro, la Svezia, ammessa l’11 marzo scorso. Tra i ministri presenti naturalmente c’era anche quello italianoi, il vicepremier Antonio Tajani, che sul fondo da 100 miliardi ha detto che «la proposta  avanzata  da  Jens  Stoltenberg  è  certamente interessante ma va esaminata, approfondita, vedere tecnicamente come. (Andrea Cuomo, Il Giornale)

Antonio Polito sul Corriere: Guerre senza confini. La sovranità territoriale è ormai violata e ignorata. Si combatte in modo «asimmetrico», come i gruppi terroristici.

Taiwan trema, si inclinano i palazzi. Nove morti e decine di dispersi. Sisma di magnitudo 7.4, il più forte da 25 anni. Si scava tra le macerie, paura per 70 minatori. (Guido Santevecchi, Corriere della Sera)

Il cenno di Francesco a Georg e la telefonata (mai ricevuta) a Ratzinger, il «muro» fra i due papi, l’incidente definitivo: storia di un rapporto difficile. Non è mai stato un rapporto facile, quello tra Francesco e il segretario storico di Benedetto XVI. Bergoglio lo incontrò per la prima volta da Papa all’uscita della Sistina. (Gian Guido Vecchi, Corriere della Sera)

Sala e lo scontro con i vigili per avere più agenti di notte «Troppo poche 5 pattuglie. L’opposizione dei «ghisa» che minacciano l’ennesimo sciopero. (Maurizio Giannattasio, Corriere della Sera)

Una foto di Playboy del 1972 è stata vietata da una famosa comunità scientifica. L’IEEE, un’associazione internazionale che conta oltre 400mila ingegneri in tutto il mondo, ha proibito l’utilizzo di un vecchio scatto di una coniglietta svedese. Per oltre 50 anni la foto di Lena Forsén ha contribuito allo sviluppo delle immagini digitali. (Pier Luigi Pisa, Repubblica)

Il Corriere intervista Bruno Conti: «Fui bocciato a diversi provini, oggi tutti i genitori sono convinti di avere un figlio fenomeno. Cosa mi è mancato? La scuola».

Gli Anniversari

1460, fondata l’università di Basilea
1581, Francis Drake nominato baronetto
1804, istituita in Italia la censura preventiva
1814, Napoleone abdica per la prima volta
1818, il Congresso adotta la nuova bandiera Usa
1850, nasce Los Angeles
1877, grande successo del Mefistofele a Roma
1887, Usa: in Kansas la prima donna sindaco
1905, terremoto in India: 370mila morti
1919, primo trasporto aereo italiano di passeggeri
1924, fondata a Vercelli la Loro Piana
1929, muore a Ladenburg Karl Benz
1932, isolata la vitamina C
1939, Faisal re dell’Iraq
1944, forno crematorio in funzione a Trieste
1949, nasce il Patto Atlantico
1960, il Senegal indipendente
1966, Dakar: primo Festival Mondiale delle Arti Negre
1968, uccisione di Martin Luther King
1969, primo cuore artificiale temporaneo
1973, NY: inaugurazione delle Torri Gemelle
1975, Saigon: precipita aereo militare Usa
1975, Gates e Allen cominciano a collaborare
1978, lettera di Moro a Zaccagnini: Salvatemi la vita
1979, giustiziato il presidente pakistano Bhutto
1980, Papa Wojtyla confessa 40 fedeli a San Pietro
1981, arrestato a Milano il Br Mario Moretti
1984, Reagan: appello contro le armi chimiche
1994, nasce la società madre di Netscape

Nati oggi

 

188, Caracalla
1799, Vincenzo Florio
1823, Carl Wilhelm Siemens
1932, Anthony Perkins
1942, Graziano Mesina
1948, Abdullah Ocalan
1949, Guido Viceconte e Guido Trombetti
1951, Lucio D’Alessandro e Francesco De Gregori
1954, Fiorella Mannoia
1958, Umberto Brindani
1963, Marco Giallini e Irene Pivetti
1965, Robert Downey Jr
1973, Loris Capirossi
1976, Serena Autieri

Si festeggia Sant’Isidoro

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