La nota del 6 maggio

“Soltanto il Cremlino è più bello di Mosca, soltanto Putin è più bello del Cremlino” (proverbio russo)

L’allarme del Financial Times su probabili “sabotaggi e attacchi violenti alle infrastrutture europee” da parte della Russia è il tema del giorno e deriva da valutazioni dell’intelligence Usa ed europea di due settimane fa. E’ l’apertura del Corriere e causa anche l’intervista del ministro della Difesa Crosetto al Messaggero in cui chiede l’aumento delle nostre spese militari, “altrimenti resteremo sempre un paese suddito”. Il Fatto ovviamente indica nell’Occidente “chi soffia sul fuoco per la guerra mondiale. Giuliano Ferrara scrive una cosa che è sotto gli occhi di tutti, anche se fingiamo di non vederla: “siamo schierati a difesa di un paese invaso dai russi, ma non siamo in guerra con la Russia. E’ il più grosso pasticcio dalla fine della guerra fredda”. Libero prevede che la rivolta nelle università contro Israele possa avere il suo picco nelle prossime settimane, a Bologna stanno montando le tende per l’occupazione. Secondo La Stampa, la visita di Xi Jinping in Europa è “una sfida all’America”. Aggiungiamo che è anche un’occasione di visibilità per Macron, in forti difficoltà elettorali in casa propria.

Repubblica prende meno sul serio la questione e preferisce alimentare in prima pagina lo scontro sulla Rai, dove i giornalisti di sinistra oggi scioperano contro TeleMeloni, contrastati per la prima volta da un sindacato apertamente di destra. Qui va detto chiaro che la Rai dopo la fine della Prima Repubblica (dove c’era la spartizione più o meno perfetta tra Dc e socialisti, con Rai 3 al Pci) è sempre stata a favore dei governi di turno ma sempre con un occhio di riguardo per la sinistra. Con altrettanta chiarezza, va anche detto che le dichiarazioni-slogan di troppi esponenti della maggioranza e della stessa opposizione nei telegiornali proprio non si sopportano più, e non sempre aiutano chi le recita.

La segretaria del Pd annuncia che firmerà il referendum sul Jobs Act promosso da Landini. Marianna Madia, ministra del Lavoro del governo Renzi che l’aveva varato, dice che se doveva farlo poteva almeno farlo prima di Conte e non andare a rimorchio. Guerini, Alfieri (braccio destro di Bonaccini), Del Rio e Franceschini sono contrari. Il Fatto se la ride, e scrive che Schlein “(in)segue Conte”. Elsa Fornero su La Stampa spiega molto bene perchè referendum e posizione del Pd sono sbagliati. Insomma, sguardo rivolto al passato e nessuna attenzione, tanto per fare un esempio, agli effetti dell’intelligenza artificiale sull’occupazione. Va anche detto che la cronaca sindacale non ricorda alcun espisodio di licenziamento ingiusto dovuto all’abolizione dell’articolo 18.

Giorgia Meloni ad Ascoli corre con i bersaglieri e si guadagna una foto qua e là sui quotidiani. E poi dicono che governare logora.

Secondo il Messaggero, la fuga dei malati al Nord per curarsi vale 5 miliardi di euro all’anno, equivalenti a 19 milioni di prestazioni. E le famiglie si indebitano per un miliardo. Si parte verso il Nord anche dal Lazio, che però attrae il Sud. La causa? I “10 anni di austerità che hanno affondato la sanità del Sud”.

Sul fotovoltaico nei campi oggi dovrebbe uscire il decreto e si vedrà se il compromesso raggiunto tra Pichetto e Lollobrigida regge. Il Corriere fa un ritratto di Pichetto e ricorda che non avrebbe voluto l’Ambiente. Affari e Finanza di Repubblica ha un articolo che riassume i tavoli di crisi presso Urso (sono 60 e riguardano 180 mila lavoratori)

E’ scontro aperto tra Abodi e Malagò sull’Agenzia governativa che deve controllare i bilanci del calcio: il presidente del Coni dice a Repubblica che lui non era stato informato e che il Cio non farà passare mai alcune delle nuove norme. Abodi risponde sul Corriere, ed è disponibile a cambiamenti che non intaccano la sostanza della sua proposta.

Un ragazzo italiano trattato come Floyd in Florida. L’incaprettamento negli Usa è un caso ma in Florida la manovra non è illegale. Il distretto di polizia di North Miami Beach farà un’indagine interna sul caso di Matteo Falcinelli. Dovrà appurare se i quattro agenti che hanno arrestato e poi tenuto a terra ammanettato alle mani e con piedi legati (hogtied) per 13 minuti il 25enne italiano, hanno abusato del loro potere e violato le regole. La dinamica del fermo è documentata in due video. Un terzo filmato riprende il giovane legato sul pavimento della centrale di polizia. Il console italiano a Miami, Michele Mistò, che da fine febbraio segue la vicenda e offre sostegno alla famiglia, ha definito «un trattamento inaccettabile» quello subito da Falcinelli; il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha sollevato il caso con l’ambasciata Usa a Roma. Che risponde, in una nota ufficiale, di aver “letto le cronache” ma rimanda alle autorità italiane per saperne di più. Ambienti diplomatici Usa a Washington non si spingono oltre lasciando trapelare che «ad ora si può fare ben poco», scrive Alberto Simoni su La Stampa.

Verstappen per una volta è secondo in un Gran Premio di Formula uno a causa della safety car che lascia al comando Norris. Leclerc terzo. Juve e Roma pareggiano.

Ed ecco alcuni dettagli/approfondimenti. L’allarme sulla Russia: atti di sabotaggio nella Ue. Il «Financial Times»: secondo i Servizi europei, il Cremlino prepara attacchi violenti alle infrastrutture. (Francesco Battistini, Corriere della Sera)

Sabotaggi e fake news l’allarme della Cia “Le elezioni europee nel mirino di Putin”. Le intelligence Ue in allerta: il Cremlino è pronto ad azioni contro le infrastrutture incurante dei danni alle persone. (Giuliano Foschini e Claudio Tito, Repubblica)

Azioni «fisiche», emissari di Putin L’Italia si blinda contro gli infiltrati. Dagli Stati Uniti un’allerta due settimane fa. (Rinaldo Frignani, Corriere della Sera)

Intervento Nato in Ucraina rischi a terra, dominio aereo. Ma c’è il timore atomica. I piani di emergenza dell’Alleanza per soccorrere Kiev scontano la carenza di uomini e mezzi Ue: decisivo l’eventuale intervento degli Usa. (Gianluca Di Feo, Repubblica)

Putin avanza, Kiev perde terreno. Nella Nato è il momento dei falchi. Non esistono piani operativi per l’invio di militari Nato in Ucraina, ribadiscono i leader europei se interpellati sull’argomento. Eppure esistono, in ambito militare, ipotesi e scenari (in alcuni settori strategici sono d’obbligo, del resto). E

anche in ambito politico, in alcune cancellerie gli allarmi su una futura escalation verso un conflitto diretto con la Russia crescono. Ieri il quotidiano Repubblica ha pubblicato alcune di queste “valutazioni informali” sulla partecipazione diretta della Nato nel conflitto ucraino nel caso i russi riescano a sbaragliare le difese ucraine e muovere sulla capitale Kiev o se coinvolgeranno Paesi terzi nel conflitto. Extrema ratio, ma la realtà del fronte parla di un’avanzata russa lenta e costante, mentre le armi e munizioni dei pacchetti occidentali per Kiev non sono ancora arrivate sul campo. Il tracollo militare ucraino non è più escluso. (Riccardo Antonucci, Il Fatto Quotidiano)

La Nato difenderà Kiev senza «boots on the ground». Il documento che sarà approvato al vertice Nato di luglio: il comando degli aiuti passerà dagli Usa all’Alleanza. Rafforzato il fianco Est: a breve saranno pronti 300 mila uomini. (Giuseppe Sarcina, Corriere della Sera)

A metà giugno forse si deciderà il destino dell’Ucraina. Dopo le elezioni europee infatti, il mondo si riunirà a Lucerna per decidere della guerra che insanguina il continente. Con comodo, ovviamente. Già, perché mentre dal fronte arrivano notizie allarmanti, con un possibile sfondamento russo delle difese di Kiev, la Ue e i suoi alleati, vale a dire l’America, si preparano alle elezioni. Sì, Bruxelles discute di nuove sanzioni, mentre Washington vara altri finanziamenti. Intanto, nelle trincee ucraine si muore, in attesa che si discuta di ciò che era evidente un anno fa, ma forse addirittura due anni fa, ovvero una tregua, ma forse a questo punto sarebbe meglio dire una resa. Secondo il generale ucraino Vadym Skibitsky, che lo ha detto all’Economist, «non c’è modo di vincere la guerra sul campo di battaglia; il conflitto può terminare solo con dei trattati». Dal mio punto di vista questo era evidente fin dall’inizio. Ma due anni fa, chiunque dicesse ciò che ha dichiarato l’alto ufficiale dell’esercito di Zelensky era giudicato un calabrache. Anzi, un propagandista al soldo di Putin. Infatti, nel febbraio di due anni fa, l’Europa tutta era convinta che bastasse introdurre un certo numero di sanzioni economiche per mettere in ginocchio la Russia. In realtà abbiamo visto che quella che era considerata la bomba atomica finanziaria, ovvero l’esclusione dal circuito swift degli istituti di credito russi, a Mosca ha fatto il solletico. Così come hanno fatto un baffo altre misure annunciate come determinanti. La realtà è che l’idea di sostenere una guerra a distanza, basandosi solo sulla tecnologia e sul denaro, non funziona, perché nel fango delle trincee, a premere il bottone sui cannoni e a manovrare i carri armati poi ci vogliono i soldati. (Maurizio Belpietro, La Verità)

Putin invita l’Occidente alla cerimonia di insediamento. l Cremlino ha diffuso gli inviti per l’inaugurazione del quinto mandato presidenziale di Vladimir Putin ai Paesi europei e occidentali – come Usa, Canada e Gran Bretagna – e, a quanto si apprende, vi sono al momento profonde differenze tra i 27 membri dell’Ue sul da farsi. Infatti, alcune nazioni sarebbero possibiliste sull’ipotesi di accettare l’invito (al livello di ambasciatori) mentre altre intendono boicottare. Al momento pare che Canada, Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Regno Unito e Stati Uniti abbiano deciso di non partecipare. Il Servizio di Azione Esterna dell’Ue (Eeas), stando a una fonte bene informata, avrebbe suggerito di prendere parte alla cerimonia. (La Stampa)

Frenata sulla tregua, intesa vicina al «collasso» Israele punta su Rafah. Netanyahu fa votare la chiusura di «Al Jazeera» nel Paese. «Non cederemo ai terroristi». La Casa Bianca ha bloccato per la prima volta la fornitura di alcuni armamenti. (D. F., Corriere della Sera)

Netanyahu spegne Al Jazeera. La libertà di stampa non è più di casa nel governo israeliano. Le telecamere della tv qatarina Al- Jazeera non potranno più inquadrare ciò che accadrà sul territorio di Israele e a Gerusalemme-Est. il presidente Benjamin Netanyahu ha bandito le trasmissioni della tv panaraba e fatto mettere sotto sequestro la sede e le attrezzature. “Il mio governo ha deciso all’unanimità: il canale di incitamento Al Jazeera chiuderà in Israele”, ha scritto il primo ministro in un post su X. “La decisione di chiudere gli uffici locali della nostra emittente è pericolosa”, ha affermato il capo dell’ufficio dell’emittente in Israele, Walid Al-Omari, secondo cui si tratta di una “decisione molto pericolosa contro i media internazionali in generale perché è chiaro che si vuole

impedire a tutti di sapere cosa sta succedendo in questa guerra, a Gaza, in Israele, in Cisgiordania”. La redazione ha accusato il vertice israeliano di violare la libertà di espressione e i diritti umani. (Roberta Zunini, Il Fatto Quotidiano)

L’Ufficio dell’Onu per i diritti umani ha deplorato «la decisione del governo di chiudere Al Jazeera in Israele», ricordando che «media liberi e indipendenti sono essenziali per garantire trasparenza e responsabilità. Ora ancor di più alla luce delle rigide restrizioni sulle notizie da Gaza. La libertà di espressione è un diritto umano fondamentale. Sollecitiamo il governo a revocare il divieto». Anche Reporters sans frontières ha preso una posizione netta, condannando «con fermezza una legislazione liberticida che censura la rete per la sua copertura della guerra a Gaza», si legge su X. «Israele cerca in tutti i modi di mettere a tacere Al Jazeera per la sua copertura della realtà sulle sorti dei palestinesi in Cisgiordania e a Gaza dal 7 ottobre», fa notare Jonathan Dagher, responsabile dell’ufficio Medio Oriente di Rsf. Dagher bolla come «inaccettabili il voto del Parlamento israeliano per censurare Al Jazeera e le affermazioni diffamatorie di Benjamin Netanyahu rispetto ai suoi giornalisti». (Andrea Cuomo, Il Giornale).

Tra i Cinque Stelle cresce la voglia di campo largo. Il Pd guarda al centro. Nel terzo polo resta alta la diffidenza verso i grillini. La nascita degli Stati Uniti d’Europa non ha ridotto le divisioni tra i partiti di quell’area. (Ilvo Diamanti, Repubblica)

Il duello «asimmetrico» tra premier e segretaria in attesa del confronto tv. I dem: alla fine sarà da Vespa anche se è la tana del lupo. La contrapposizione interessata tra le due leader fatica a decollare. Uno dei rari attacchi recenti a Schlein di Palazzo Chigi è stato sull’immigrazione. (Monica Guerzoni, Corriere della Sera)

Pd, il ritorno di Bettini: «Non sento Schlein da un anno, questo partito è da riformare». «C’è il rischio di una gestione solitaria, da Orlando a Guerini tutti i leader in segreteria». (Fabrizio Roncone, Corriere della Sera)

Da Pizzarotti a Castelli e Cunial Bruxelles, i 12 ex in corsa contro il M5S. I fuoriusciti dal Movimento sono distribuiti in tutti i partiti, dal Pd a Fratelli d’Italia. (Emanuele Buzzi, Corriere della Sera)

«I miei anni da militare per un’Europa più unita. Vannacci? Inopportuno fare politica in servizio». Camporini punta alla Ue: io allineato a Calenda. Vedo un rischio nella corsa al nucleare. (Alessandra Arachi, Corriere della Sera)

Candidati alle Europee. Trent’anni di inganni. Dal ’94 sapevano già di rifiutare il seggio 24 leader di partito. Nel 2019 meloni prende 92 mila voti , ma cede a fiocchi con 9.300 e si sono dimessi in anticipo in 66. Un trucco solo italiano. Le prossime elezioni sono le più importanti degli ultimi 30 anni, perché dall’esito dipenderà il futuro dell’Europa, e di conseguenza il destino dei singoli Paesi membri. (Milena Gabanelli e Simona Ravizza, Corriere della Sera)

Francesco Giavazzi sul Corriere: Le riforme non più rinviabili. Gli impegni presi con l’Europa per gli investimenti del Pnrr. La vera novità del Pnrr consisteva nel legare investimenti e riforme: sono le riforme il cuore del piano, la strada perché gli investimenti si traducano in crescita e il Paese riesca ad essere più competitivo. Per quanto riguarda le cause civili, ad esempio, la riforma concordata prevede, entro il 2026, anno di fine del piano, la riduzione del 40% dei tempi di decisione dei processi.

Meloni ora teme lo scontro con i giudici. Tempi lunghi per le carriere separate. Trovare un equilibrio è complicatissimo: accontentare Forza Italia e il ministro Carlo Nordio, ma senza aprire una guerra frontale con la magistratura. Giorgia Meloni lo ha ripetuto a tutti in questo anno e mezzo a Palazzo Chigi: non si deve riproporre la stagione berlusconiana dei conflitti con i giudici. Al tempo stesso, però, la separazione delle carriere tra magistrati inquirenti e giudicanti è un punto del programma del centrodestra e soprattutto una richiesta ferma di Forza Italia, nella logica spartitoria delle riforme (Autonomia per la Lega e premierato per Fratelli d’Italia). Come uscirne? La via trovata per il momento è l’estrema prudenza nell’affrontare la materia, cercando di scrivere una riforma complessiva che non fossilizzi il dibattito sull’aspetto più divisivo. La prova è che il disegno di legge sulla giustizia che contiene oltre alla separazione delle carriere, anche la riforma del Csm e l’istituzione di un’Alta Corte per la valutazione dei magistrati viene continuamente rinviato e, a meno di sorprese clamorose, non sarà portato nemmeno al Consiglio dei ministri in programma oggi. (Francesco Olivo, La Stampa)

Gli altri temi del giorno

Scontro sullo sciopero Rai. L’azienda accusa i cronisti. Il Sindacato: “Basta Censure”. Viale Mazzini fa leggere nei Tg una nota contro la mobilitazione dei giornalisti: “Spargono fake news”. La replica Usigrai: “Parole da padroni della ferriera”. Per i dem vertici asserviti alla destra. Sono 1.600 i giornalisti che aderiscono al sindacato Usigrai. L’obiettivo dei vertici è sabotare l’iniziativa e consentire che almeno il Tg1 vada regolarmente in onda. (Matteo Pucciarelli, Repubblica)

Santalucia (Anm): “Difendere giustizia e informazione dall’assalto del governo. Indipendenza a rischio”. Intervista al presidente dell’Associazione nazionale magistrati. (Liana Milella, Repubblica)

Paolo Garimberti su Repubblica: “Sciopero alla Rai: la politica dei nuovi padroni. Il sindacato Unirai sembra essere nato per garantire il “bottino” del governo, e soprattutto del partito di Giorgia Meloni, piuttosto che per tutelare i diritti e le libertà dei giornalisti della tv pubblica”.

Alla vigilia dello sciopero indetto per oggi da Usigrai, l’azienda picchia duro contro il sindacato, accusandolo di «diffondere fake news che generano danno d’immagine» al servizio pubblico, per «motivazioni ideologiche e politiche». Lo scontro, a colpi di comunicati, è andato in onda nei tg della tv di Stato. In un video di sessanta secondi (il massimo consentito alla rappresentanza sindacale), l’Usigrai spiega le ragioni della protesta, dalla gestione del personale al «tentativo di censurare un monologo sul 25 aprile» dello scrittore Antonio Scurati: «Preferiamo – scrivono – perdere uno o più giorni di paga, che perdere la nostra libertà, convinti che la libertà e l’autonomia del servizio pubblico siano un valore di tutti. E la Rai è di tutti».

Dura il doppio del tempo, due minuti, la controreplica in cui l’azienda nega di aver esercitato alcuna «censura o bavaglio» sull’informazione e attacca la sigla sindacale, rappresentativa di circa millecinquecento giornalisti Rai su duemila. «Toni da padroni delle ferriere», commenta Usigrai. (Serena Riformato, La Stampa)

Controlli economici nel calcio. Il governo va avanti ma è scontro. Gravina polemico: «Mai sentito parlare di Agenzia, chi dice altro afferma il falso». Solo un accenno. Mesi fa Abodi mi ha solo accennato di una sua idea di rivedere i criteri di nomina della Covisoc. (Mario Sensini, Corriere della Sera)

«Nessuna sorpresa e tanto meno invasione. L’Agenzia fa parte di un piano più ampio». Abodi: «È un intervento a garanzia di tutti». No a fughe in avanti. Nel decreto una norma che disciplini e regoli le candidature ai grandi eventi. (Mario Sensini, Corriere della Sera)

Malagò va all’attacco «Violata l’autonomia. Tempi e modi sbagliati». Oggi il vertice del calcio, si vedrà se le parti sono unite. (Monica Colombo, Corriere della Sera) Giovanni Malagò: “La riforma Abodi sarà una figuraccia in tutto il mondo”. Intervista al presidente del Coni: “Questa norma viene calata dall’alto per cambiare le regole del gioco. È sbagliata già dalla forma: il Coni lo ha letto su Repubblica”. (Matteo Pinci, Repubblica)

Fotovoltaico, governo verso l’intesa: nei campi no a nuovi pannelli a terra. Le imprese: ascoltateci. Oggi il consiglio dei ministri, sul tavolo anche i mutui e il «salva casa». (Virginia Piccolillo, Corriere della Sera)

Dal Ponte al solare, i fronti di Pichetto (che preferiva un altro dicastero). Le battaglie del titolare dell’Ambiente. Il ministero ha chiesto 239 integrazioni al progetto del Ponte sullo Stretto. (Roberto Gressi, Corriere della Sera)

Dopo un 2023 da dimenticare (con un crollo dei contratti del 25%) il mercato dei mutui sta dando segnali, timidi, di risveglio. Nel primo trimestre la domanda è cresciuta dall’1,9%rispetto allo stesso periodo dello scorso anno e nel solo mese di marzo del 6,9 per cento. I dati di Crif evidenziano inoltre che sono ripartite anche le surroghe (+11% a gennaio su base annua).Se ci focalizziamo sul quadro macro questa positiva inversione del mercato ha ragione di esistere. Perché il fronte tassi è ora meno incerto per gli aspiranti mutuatari. Dopo che la Banca centrale europea, da luglio 2022 a settembre 2023, ha alzato il costo del denaro di 450 punti base (portando l’Euribor da -0,5% al 4%) le probabilità che il costo del denaro continui a salire si sono ormai quasi azzerate. Il dibattito, invece, si è spostato su “quando” e “quanto” tagliare. A dire il vero la Bce si è abbastanza sbilanciata per un primo taglio da 25 punti base nella prossima riunione di giugno. Taglio che potrebbe essere anche “una tantum” e non necessariamente l’avvio di un percorso netto di sforbiciate. (Vito Lops, Il Sole 24 Ore)

Da Unicredit a Poste: nuovo round di trimestrali in arrivo. Il nuovo Btp Valore al debutto. Prosegue la stagione dei conti delle società: in arrivo anche Enel, Mps e Leonardo. A Francoforte l’assemblea Lufthansa, in attesa di sbloccare la trattativa con l’Europa su Ita. (Repubblica)

In Cina è corsa all’oro: la febbre per il metallo ora contagia anche i consumatori. Il balzo dei prezzi spinge sempre più i cinesi a forme di micro investimento, come i chicchi d’oro da un grammo. E anche la banca centrale aumenta le riserve. (Repubblica)

Un anno di Re Carlo che seguirà 228 enti benefici in più. E non rinuncia al sogno di riunire la famiglia (come voleva la regina). Il 6 maggio 2023 l’incoronazione a Londra. Il varo del Coronation Food Project, primo progetto da re. E la continuità con l’Età Elisabettiana. Il sogno di pacificazione con Harry che l’8 maggio sarà a Londra. (Enrica Roddolo, Corriere della Sera)

Gli Anniversari

1527, i Lanzichenecchi saccheggiano Roma
1536, Enrico VIII impone la Bibbia in inglese
1682, Luigi XIV sposta la corte a Versailles
1816, fondata a NY la American Bible Society
1835, primo numero del New York Herald
1840, Inghilterra: in uso il primo francobollo
1841, Stalin presidente dei Commissari del popolo
1851, brevettata una macchina per produrre ghiaccio
1877, Cavallo Pazzo si arrende agli americani
1889, la Torre Eiffel aperta al pubblico
1906, Sicilia: prima edizione della Targa Florio
1910, Giorgio V re del Regno Unito
1937, a fuoco lo zeppelin in New Jersey: 30 morti
1940, Pulitzer a John Steinbeck per Furore
1947, condanna a morte per Kesselring
1950, Liz Taylor sposa Conrad Hilton
1952, muore in Olanda Maria Montessori
1962, Antonio Segni presidente della Repubblica
1973, Usa: il Senato apre l’inchiesta sul Watergate
1976, terremoto in Friuli: 1.000 morti
1994, inaugurato il tunnel della Manica
2002, ucciso in Olanda il politico Pym Fortuyn
2004, Usa: ultimo episodio in tv di Friends
2006, Titanic: muore l’ultimo testimone del naufragio
2007, Sarkozy presidente della Francia
2008, medaglia al valore per Aung San Suu Kyi
2012, Hollande presidente della Francia
2013, muore a Roma Giulio Andreotti

Nati oggi

1758, Massimiliano Robespierre
1856, Sigmund Freud
1968, Nicola II Romanov
1870, Amadeo Giannini
1895, Rodolfo Valentino
1915, Orson Welles
1944, Rainer Masera
1950, Giuseppe (Geppy) Rippa
1953, Tony Blair
1955, Giorgio Alleva
1961, George Clooney
1962, Pippo Scalia
1987, Dries Mertens

Si festeggiano i Santi Giuditta, Benedetta di Roma e Domenico Savio

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