Libertà di stampa. Un diritto sotto assedio

di Velia Iacovino

Dal 2016 al 2021 sono rimasti uccisi nell’esercizio della propria professione, mentre in prima linea dai fronti di guerra più caldi del mondo raccontavano fatti ed eventi, 455 giornalisti, il più alto numero in Afghanistan, Messico, Pakistan. Mentre sono 357 quelli che si trovano in carcere. Dati questi diffusi  in occasione della Giornata mondiale della libertà di stampa, istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1993 che si celebra il 3 maggio in coincidenza dell’anniversario della storica Dichiarazione di Windhoek sul pluralismo e l’indipendenza dell’informazione, firmata 31 anni fa in Namibia dagli operatori del settore. “Il giornalismo sotto assedio digitale”, è il focus lanciato quest’anno come tema di riflessione sulla salvaguardia di un diritto, quello di informare e di essere informati, e della professione di giornalista, che ne è la massima espressione, alla luce della radicale rivoluzione tecnologica di questi ultimi anni, che ha stravolto e globalizzato il mercato delle notizie, esponendolo a un rischio senza precedenti di manipolazioni, a detrimento della libertà e della democrazia.

In testa alla classifica che emerge dall’ultimo dossier di Reporter Senza Frontiere (Rsf), che monitora il World Press Freedom Index di 180 paesi di cinque aree del mondo, calcolato in base a parametri che misurano pluralismo, indipendenza dei media,  quadro legislativo e politico, sicurezza dei giornalisti,  figurano quest’anno l’Eritrea, seguita dalla Corea del Nord e dal Turkmenistan. Al quarto posto la Cina e Gibuti. L’Europa rimane il continente dove la libertà di stampa è maggiore che in ogni altro angolo del pianeta, anche se l’associazione segnala un preoccupante aumento delle violenze nei confronti dei giornalisti. Lo scettro  è andato quest’anno alla Norvegia, mentre al secodo posto si è classificata la Svezia e al terzo la Danimarca. Maglia nera all’Ungheria, 92esima nella black list mondiale, e anche alla  Slovenia e alla Polonia, che hanno consolidato il loro controllo sui media nazionali.

Il tradizionale premio che l’Unesco assegna per la libertà di stampa e che è  intitolato a Guillermo Cano Isaza il giornalista colombiano assassinato il 17 dicembre 1986 a Bogotà, davanti agli uffici del suo giornale El Espectador, è andato quest’anno all’Associazione dei giornalisti della Bielorussia (Ajb), fondata nel 1995 con l’obiettivo di promuovere la libertà di espressione e il giornalismo indipendente nel paese, e che nell’agosto del 2021, dopo una perquisizione della polizia nei suoi uffici, venne sciolta dalla Corte Suprema della Bielorussia su richiesta del Ministero della Giustizia.

“Per venticinque anni, il Premio Guillermo Cano ha attirato l’attenzione del mondo sul coraggio dei giornalisti che hanno mostrato sacrificio di sé nella loro ricerca di verità e trasparenza. Ancora una volta, il loro esempio ci ispira e ci ricorda l’importanza di garantire che i giornalisti, ovunque si trovino, possano lavorare liberamente e in sicurezza”, ha dichiarato il direttore generale dell’UNESCO Audrey Azoulay. Il premio sarà consegnato nel corso di una cerimonia a Punta Del Este, in Uruguay, dov’è in corso la Conferenza Mondiale della Libertà di Stampa.