Pensioni, il Governo introduce Quota 102 nel 2022 e Quota 104 nel 2023. Malcontento di Lega e Sindacati

di Carlo Longo

“Vengono previsti interventi in materia pensionistica, per assicurare un graduale ed equilibrato passaggio verso il regime ordinario”, con questa formula contenuta nella nota del Cdm si segna la finre, dopo solo due anni, del regime Quota 100 in materia di pensioni. La riforma simbolo del governo Lega-M5s, che scadrà a fine anno e consente di  uscire dal mercato del lavoro a 62 anni e 38 di contributi, sarà di fatto sostituita da un ritorno alla riforma Fornero. Nel nuovo disegno governativo l’età per andare in pensione salirà nel 2022 a 64 anni e a 66 nel 2023.  A partire dal 2022 sarà possibile uscire dal mercato del lavoro al raggiungimento di  64 anni d’età e 38 anni di contribuzione per i  lavoratori in parte o totalmente “retributivi”. Nella sostanza, viene introdotta una Quota 102,  ma per coloro i quali abbiano tutti i contributi continuativi e abbiano cominciato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995 è prevista una forma di pensionamento anticipato al raggiungimento dei 64 anni. Nel 2023 la riforma determina l’istituzione di una Quota 104 di fatto, per poi ricondurre il regime pensionistico a quello in vigore con la riforma Fornero. In pratica se la riforma andasse in porto, nel 2022 con Quota 102 potranno andare in pensione le persone nate nel 1958, e quindi quelle che con 38 anni di contributi potevano andare in pensione anche quest’anno con Quota 100. Nel 2023, invece, toccherà a quelle nate nel 1959 che potevano andare già quest’anno se in possesso dei contributi sufficienti. Invece non potranno andare in pensione quelle nate nel 1960, anche se dovessero avere 41 anni di contributi. Non verrà, inoltre, prorogata l’Opzione donna, secondo cui era consentito alle lavoratrici di ottenere un pensionamento anticipato, mentre è prevista la permanenza  dell’Ape sociale, che permette oggi di anticipare l’uscita dal mercato del lavoro per una serie di lavori usuranti, ma non ancora allargata a più categorie. Inoltre, dalla tabella contenuta nel Documento programmatico, inviato alle Camere, si evince che per la cosiddetta flessibilità del sistema pensionistico sono previsti 601 milioni nel 2022, 451 milioni nel 2023, 507 milioni nel 2024.

La scelta del Governo in materia di pensioni è osteggiata tanto dalla Lega quanto dai sindacati. Cgil, Cisl e Uil si sono mobilitati le impostazioni di  Quota 102 e Quota 104 e la soppressione dell’ Opzione Donna.

“La proposta Quota 102 e 104, se venisse confermata dal governo, costituirebbe una vera e propria presa in giro per i lavoratori. Con quei vincoli solo poche migliaia di persone nei prossimi anni potranno accedere alla pensione”, ha affermato il segretario confederale della Cgil Roberto Ghiselli che ha aggiunto, “La priorità è quella di avere una vera riforma, che superi i limiti di Quota 100, che dia stabilità al sistema, garantisca una effettiva flessibilità in uscita, affronti il tema di donne, disoccupati e giovani, e la crescita del valore delle pensioni in essere”.

Forte malcontento emerge anche dalla nota diramata dalla Cisl in cui si legge: “A fronte delle interlocuzioni che Cgil, Cisl, Uil hanno avuto nei mesi scorsi con il ministro del Lavoro, con vari gruppi parlamentari ed in ultimo con la Commissione lavoro della Camera per illustrare i contenuti della piattaforma unitaria sulla previdenza e le proposte sulla flessibilità, ci saremmo aspettati una maggiore attenzione da parte del Governo nell’affrontare il delicato tema delle pensioni. Siamo davvero sconcertati di leggere sugli organi di stampa proposte come quota 102 o, addirittura oggi, quota 104 e la soppressione di opzione donna mentre continua a non essere chiaro che fine abbia fatto la rivalutazione delle pensioni in essere. Per la Cisl si tratta di ipotesi inaccettabili nel merito e nel metodo”.

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