Petrolio, i giganti petroliferi europei danno avvio alla loro conversione verso le rinnovabili

di Carlo Longo

Le spinte alla transizione energetica ad opera di Governi, organizzazioni internazionali, attivisti e investitori stanno spingendo i giganti petroliferi europei a convertirsi, ridurre le spese destinate a nuovi giacimenti e restituire le quote agli investitori. Il prezzo e la domanda di petrolio restano, però, invariate. Lo rivela un’analisi di Reuters.

L’aumento dei prezzi di gas e petrolio, dovuto al caro energetico del 2021, ha portato enormi guadagni alle aziende petrolifere. Tuttavia anzichè aumentare la produzione e le riserve hanno optato per consistenti tagli.  BP, Royal Dutch Shell, TotalEnergies, Equinor,  ENI hanno adottato una politica di restituzione delle quote agli azionisti e, parallelamente, stanno improntando la loro azione verso l’adozione di energie a basse emissioni di carbonio e investendo nelle rinnovabili. Si stima che, nel corso del 2022, le aziende petrolifere europee restituiranno agli azionisti 54 miliardi di dollari in dividendi e riacquisti di asset. C’è chi ha già iniziato, come Shell che ha deciso di vendere il sito nel bacino del Pemiamo Usa per un importo di 9,5 miliardi di dollari di cui 7 sono stati restituiti agli investitori. Non sono sulla stessa linea le aziende petrolifere statunitensi che, su impulso della Casa Bianca, hanno largamente incrementato il funzionamento dei siti petroliferi per far fronte all’aumento dei prezzi del settore energetico.

In Europa, invece, diminuendo gli investimenti nei progetti petroliferi ne risentirà ovviamente la produzione, destinata a scendere di oltre il 15% entro il 2030, con meno di 6 milioni di barili al giorno. Secondo i dati elaborati dal  Bernstein Research il picco si raggiungerà nel 2025 con 7 milioni di barili al giorno.

In particolare la compagnia inglese BP ha dichiarato espressamente l’intenzione di ridurre del 40% la produzione di petrolio, che equivale a circa 1 milione di barili al giorno, entro il 2030 dal livello del 2019. ENI ha invece affermato che i nuovi livelli di produzione si assesteranno nel 2025. Dall’altro lato gli azionisti, considerata la transizione energetica in essere, hanno accolto con favore la conversione dei giganti petroliferi considerata la rinnovata attenzione alle loro posizioni.

Appare chiaro, comunque, che il petrolio non sarà abbandonato immediatamente ma sarà anche strumentale alla stessa transizione energetica per contrastare l’impiego del carbone ad opera di Paesi come la Cina. Comunque il dato rilevante resta che i colossi petroliferi europei abbiamo adottato una politica di conversione verso le energie rinnovabili animati dalla convinzione che le attività ad impatto zero eguaglieranno, se non supereranno, i rendimenti derivanti dal carbonio e dal petrolio.

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