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Rinnovabili: Montesi (TEP Renewables), “Paese fermo, non è stato fatto nulla. A rischio 2,2 mld di Pnrr”

Il fondatore della multinazionale inglese con molte attività in Italia, inventore dello slogan “se non ora quando”, denuncia lo stallo in cui si è cacciata l’Italia: “A un anno dal “Semplificazioni bis” il Mite non ha ancora emesso una sola valutazione d’impatto ambientale”.

di Guido Talarico

L’aumento delle tariffe, il taglio delle forniture, il razionamento del gas, energeticamente parlando, fanno di questo un momento drammatico per il Paese. Il futuro è nelle rinnovabili, ma il Governo uscente non è sembrato in grado di imprimere l’attesa accelerata, mentre quello entrante, ancora nella testa degli elettori, a giudicare dalla campagna elettorale appena cominciata sembra ben distante da sentire l’emergenza energetica come una priorità nazionale. Nei programmi dei vari partiti il tema è trattato come una di quelle spezie che sta bene su tutto. Il “greenwashing” del resto è ormai diventato un espediente di comunicazione in mano a tutti. Per cercare di meglio comprendere cosa è successo in questi ultimi due anni e cosà accadrà da ottobre in poi abbiamo intervistato Leonardo Montesi (foto), fondatore e presidente di TEP Renewalbes, una giovane multinazionale inglese con molti interessi in Italia, che nel giro di pochi anni ha sempre fatto registrare crescite a doppia cifra, consolidando la propria immagine di operatore tra i più brillanti del settore.

Lei è l’imprenditore del settore energetico che parlando di rinnovabili ha inventato lo slogan “se non ora quando?”, volendo far capire che non c’è più un minuto da perdere. Lo dice da prima dello scoppio della guerra in Ucraina. Come sono andante le cose? Il ministro Cingolani ha dato la spinta che si attendeva?

Semplicemente non è successo nulla. A un anno dal “Semplificazioni bis” il Mite (Ministero della transizione ecologica) non ha ancora emesso una sola valutazione d’impatto ambientale per i tanti progetti presentati da noi operatori. Aggiungo che la nuova legge sulle aree idonee è sparita dai radar, così come i decreti attuativi sulle comunità energetiche rinnovabili che dovrebbero sbloccare centinaia di piccoli impianti in aree industriali (solamente noi di TEP Renewables abbiamo 15 contratti fermi da febbraio). Così facendo tra l’altro si perdono i 2,2 miliardi di fondi previsti nel Pnrr per finanziare le comunità energetiche nei piccoli comuni attraverso il credito agevolato. Per completare il quadro desolante sottolineo che il nuovo decreto Fer1, che vorrebbe rilanciare la realizzazione di impianti con tecnologie mature (eolico e solare) e il decreto Fer2, che è atteso da anni e che dovrebbe sostenere la produzione di energia elettrica di impianti a fonti rinnovabili con costi di generazione elevati (impianti alimentati da biogas e biomasse, solari termodinamici, geotermoelettrici ed eolici off-shore), continuano a essere in gestazione mentre i politici pensano solamente a come rimanere in parlamento. Non possiamo che constatare che la transizione energetica è finita sul binario morto. Amaramente dico che il Ministro Cingolani ha assolto al compito che gli aveva affidato chi lo ha fortemente voluto nel governo Draghi”.

Cosa non funziona in Italia? E, soprattutto, cosa andrebbe fatto per uscire dalla crisi accelerando sulle rinnovabili?

In Italia si parla troppo, e spesso solamente per buttare fumo negli occhi. Per dare l’impressione di fare senza fare veramente. La crisi ha reso insostenibile il costo dell’energia per imprese e famiglie italiane. Le tariffe al consumo devono essere ridotte con interventi strutturali di riduzione del costo della generazione elettrica che non può che passare per un progressivo aumento della quota generata da fonti rinnovabili sul mix di produzione. E’ necessario inoltre sostenere le politiche di efficientamento energetico degli edifici pubblici e privati per ridurre i consumi invece di bloccare il superbonus 110%. Bisogna infine promuovere il passaggio alla generazione distribuita che utilizza tecnologie su piccola scala e fonti di energia rinnovabile per produrre elettricità dove è più utile, e cioè vicino all’utente finale. Ma chi vuole andare in parlamento legge questi appelli o pensa che siamo tutti matti?”

Come è messa oggi l’Italia in termini di energia rinnovabile prodotta, rispetto alle esigenze del mercato e agli obiettivi europei?

Non benissimo. La sfida per il 2020 era soddisfare il 17% dei consumi energetici con le fonti rinnovabili, e da questo punto di vista l’Italia è stata brava: ha sfondato quota 18% già nel 2018, un risultato raggiunto da meno della metà degli stati membri. Adesso però stiamo rimanendo pericolosamente indietro. Mentre l’Europa ha scelto di accelerare sulle energie rinnovabili anticipando al 2027 gli obiettivi fissati per il 2030 l’Italia si è fermata. Dovremmo realizzare nuovi impianti per 7 gw all’anno e ne riusciamo a fare per poco più di 1 gw, nonostante ci siano progetti per più di 180 gw che attendono una valutazione da anni”.

La ricerca spasmodica di gas che l’Italia fa in giro per il mondo (Algeria, Egitto, Mozambico, Angola) è la risposta tattica al taglio delle forniture russe. Il futuro qual è?

“Lei dice tattica io dico strutturale. L’Italia coltiva il sogno impossibile di diventare un crocevia nel governo della risorsa del gas. Si prospetta un futuro a tutto gas. Invece di Putin l’Italia dipenderà da altri e intanto ha ripreso a bruciare carbone”.

Bruxelles per fronteggiare l’emergenza ha deciso di tagliare del 15% i consumi di gas. All’Italia dovrebbe andare meglio con un taglio del 7%. Cosa cambia questo per i consumatori e per i produttori di energia elettrica?

Mi permetta di dubitare che una misura da economia di guerra possa ridurre il costo dell’energia che è ciò che ha messo in ginocchio famiglie e imprese. Il razionamento dei consumi è la beffa che si aggiunge al danno.”

Siamo in piena campagna elettorale. ma i partiti sembrano porre scarsa attenzione al tema energetico. cosa si aspetta dal prossimo governo?

I tempi che ci attendono mi sembrano grami. Il partito che mette la transizione ecologica al centro dell’agenda politica è in caduta di consensi e isolato. La destra che i sondaggi danno come sicura vincitrice è da sempre portatrice degli interessi delle lobbies del fossile e del nucleare (che se poi l’investimento la fa la Francia e l’energia la compriamo da loro per loro è ancora meglio). L’alleanza centrista che vorrebbe contenderle la vittoria si è coagulata attorno ad una fantomatica agenda Draghi che nessuno sa in concreto cosa sia ma che certamente non prevede un’accelerazione sui temi ambientali. La transizione energetica l’Italia come al solito la farà un’altra volta.” 

Lei è a capo di una multinazionale inglese ma che ha molte attività in Italia. quali sono le difficoltà principali che deve affrontare per lavorare nel nostro paese?

Qualche anno fa un amico che oggi non c’è più mi ammoniva dicendo che fare impresa in Italia richiede uno spirito eroico. Oggi che caparbiamente ho voluto investire in Italia devo dire che aveva ragione. La più grande difficoltà è trovare le energie per contrastare tutte le difficoltà di un sistema che non aiuta e rispetta l’impresa privata, e non cedere alla tentazione di andare dove le cose si possono fare e non solo a chiacchere. Fortunatamente però a me energia e determinazione per il momento non mancano”.

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