Rivelazioni: Il Covid 19 non è un’arma biologica. Declassificato il rapporto della Cia sul virus

Velia Iacovinodi Velia Iacovino

Il Covid 19 o Sars Cov 2 non è un’arma biologica. L’epidemia è cominciata su piccola scala a novembre 2019 con il primo cluster noto di casi a Wuhan. Le autorità cinesi non sapevano nulla dell’esistenza del virus prima della sua diffusione. Sono queste le poche certezze, che in verità non sembrano aggiungere molto a quanto già non fosse ampiamente noto, che emergono dal rapporto appena declassificato della Cia. Un dossier di 17 pagine, frutto dell’inchiesta commissionata in maggio all’intelligence americano dal presidente Joe Biden, che ne aveva anticipato le conclusioni a grandi linee lo scorso agosto. Il report è deludente e non scioglie molti importanti nodi, a cominciare dall’origini e cause della pandemia. Non ci sono prove sufficienti a suffragare l’ipotesi che a scatenarla sia stata l’esposizione naturale a un animale infetto o a un virus progenitore. Né ci sono prove di un possibile incidente durante sperimentazioni o operazioni di campionamento effettuate dagli scienziati dell’Istituto di virologia di Wuhan. Per chiarire questo punto sarebbe necessario accedere a informazioni relative ai primi casi di contagio diagnosticati. Ma purtroppo la Cina, lamenta l’intelligence statunitense, si rifiuta di collaborare e di condividere dati, continuando al contrario ad accusare Washington di chiusura.

Virus naturale o artificiale?

Permane il mistero anche sulla natura del virus. Il dossier non arriva a nessuna conclusione definitiva. Da una parte gli analisti dell’intelligence riferiscono che fino ad agosto di quest’anno non sono stati scoperti all’interno del Sars Cov 2 elementi riconducibili a interventi ingegneristici, né sono stati identificati ceppi di coronavirus in grado plausibilmente di fungere da spina dorsale di un virus monster, ricordando comunque che esistono tecniche che possono rendere difficili da identificare le modifiche e che possono generare virus assolutamente indistinguibili da quelli naturali. E dall’altra gli stessi analisti spiegano che la somiglianza con i coronavirus identificati esistenti in natura e la capacità dei betacoronavirus, il genere a cui appartiene Sars Cov 2, di ricombinarsi naturalmente indurrebbe a escludere manipolazioni. Ma anche sulla possibile fonte animale del Covid, il rapporto sottolinea che non ne è stata rintracciata nessuna, rammentando che in molti precedenti focolai zoonotici ci sono voluti anni prima di scoprirla e che cosa nota è comunque che il virus del Covid 19 possa infettare una vasta gamma di mammiferi, tra cui gatti, cani, pangolini, visoni, procioni e una ampia varietà di animali selvatici e domestici e che nei mercati di Wuhan era possibile acquistare mammiferi vivi, uccelli e rettili, spesso in cattive condizioni, terreno fertile dunque per il salto di specie (spill over) del virus, la sua ricombinazione, le mutazioni.

Incidente in laboratorio

CIA

Sarebbe assolutamente certo inoltre, secondo la Cia, che le autorità cinesi siano state colte dal Covid del tutto di sorpresa. Non sapevano nulla del virus prima della sua diffusione, assicurano gli 007 americani. Dai dati dell’inchiesta tutto ciò emerge chiaramente come non emerge alcun riscontro scientifico alla teoria di una virologa di Hong Kong secondo cui Pechino avrebbe creato il Covid 19 modificando il virus di cui sono portatori i pipistrelli per sperimentarlo come arma biologica. Quanto alle probabilità che il Covid sia stato provocato da un incidente in laboratorio, l’intelligence afferma che le condizioni di biosicurezza in cui opera il centro di Wuhan sono certamente classificabili come “inadeguate” e a rischio e che sono stati proprio i ricercatori che vi lavorano a individuare nei pipistrelli della lontana provincia di Yunnan virus parenti del Covid 19, di cui hanno raccolto campioni. Una loro esposizione involontaria e uno sviluppo asintomatico della malattia potrebbero spiegare l’origine del focolaio pandemico a Wuhan. Ma si tratta di un’ipotesi che presenta punti di debolezza. I virus arrivati dallo Yunnan pur appartenendo allo stesso ceppo hanno sequenze genetiche molto dissimili dal Sars Cov 2 rispetto a virus della famiglia individuati per esempio in alcune specie di pipistrelli in Laos. I ricercatori del famoso laboratorio potrebbero dunque non entrarci niente. Mentre le vere fonti di infezione potrebbero invece essere stati i mercati della città.

Wuhan indiscusso epicentro del contagio

Non va scartata quindi, secondo gli analisti, la possibilità che il virus sia arrivato a Wuhan da un’area oltre i confini dell’ex Impero Celeste attraverso merci o uomini. La Cia scrive di essere a conoscenza di “studi scientifici che affermano di aver trovato frammenti o anticorpi virali Sars Cov 2 in campioni prelevati prima del novembre 2019 al di fuori della Cina”. Ma sottolinea anche che “difetti tecnici in alcuni di questi studi, incertezze nelle metodologie e, in qualche caso, la mancanza di un processo di revisione credibile” inducono a essere scettici sulla loro utilità nel determinare un luogo di diffusione della pandemia che non sia la capitale della provincia cinese dell’Hubei.

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