Sicurezza nucleare: L’Italia aggiorna il Piano dopo 12 anni ma gli esperti rassicurano: “Nessun pericolo in vista”.

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di Annachiara Mottola di Amato

La notizia del nuovo piano della Protezione civile sulla gestione delle emergenze radiologiche e nucleari arriva pochi giorni dopo il presunto attacco delle forze armate russe alla centrale nucleare di Zaporizhzhia in Ucraina. Il decreto che aggiorna il precedente piano del 2010 è stato firmato dal capo dipartimento della Protezione civile Fabrizio Curcio e sarà esaminato il 10 marzo da una conferenza unificata per un parere.

L’aggiornamento avviato mesi fa si conclude in tutta fretta in piena crisi russo-ucraina, è solo una coincidenza? L’ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e l’Istituto Superiore della Sanità si affrettano a tranquillizzare la popolazione: “Nessun pericolo in vista, nessuna emergenza” per ora che giustifichi la corsa all’acquisto di pasticche di iodio o alla ricerca di rifugi antiatomici.

Tutti i livelli di radioattività finora registrati dalle centinaia di centraline sparse sul territorio nazionale solo nella norma, anche se dal 25 febbraio non arrivano più dati dalle centraline ucraine e non è più possibile comunicare con il personale ucraino della centrale di Zaporizhzhia attaccata e ormai controllata dalle forze armate russe. L’allarme in questo momento è rivolto proprio alle centrali ucraine sebbene un incidente in una delle centrali nucleari extraeuropee rappresenti solo uno dei tre scenari previsti dal piano e quello con minori conseguenze sul piano dei danni alla popolazione.

Le ipotesi disciplinate per le quali sono previste diverse misure sono infatti tre: incidenti a centrali nucleari installate a meno di 200 km dal confine italiano, incidenti a impianti europei lontani massimo 1000 km dal confine e, da ultimo, quelli a centrali nucleari che si trovino a oltre 1000 km dal confine nazionale. Per queste ultime, ed è questo il caso delle centrali ucraine, le conseguenze sarebbero paragonabili a quelle di Chernobyl e le misure previste non riguarderebbero la popolazione né il controllo della filiera agricolo-zootecnica locale ma solo la trattazione di materiale proveniente da quei luoghi ( come le importazioni) nonché il rientro in sicurezza di cittadini italiani all’estero esposti alle radiazioni.

Il pericolo maggiore, invece, riguarda gli impianti nucleari più vicini al confine nazionale come le centrali di oltralpe, localizzate in Francia, Svizzera e Slovenia. Solo in questi casi, infatti, scatterebbero misure attive quali la iodio profilassi, il riparo in luoghi chiusi, la chiusura di serrande, impianti di ventilazione e riscaldamento. A queste si aggiungerebbero-come riporta il testo del Piano- “il blocco cautelativo del consumo di alimenti e mangimi prodotti localmente, il blocco della circolazione stradale e misure a tutela del patrimonio agricolo e zootecnico”.

fukushima-acque-radioattive-in-mareIn ogni caso, chiarisce l’Istituto Superiore di Sanità, l’assunzione di iodio andrebbe fatta nelle prime otto ore dall’esposizione allo iodio radioattivo e non sarebbe prescritta a tutta la popolazione ma solo ad alcune fasce di età: bambini, adolescenti, donne in stato di gravidanza, adulti fino a quarant’anni. Inutile quindi la corsa in farmacia per l’acquisto di compresse di iodio o farmaci fai da te, inutile e allarmistica la ricerca di rifugi antiatomici.

Il nuovo piano della protezione civile prevede anche un forte coinvolgimento delle autorità locali come i presidenti di regione; “sono le stesse regioni a ricevere eventuali informazioni o notifiche dalle ASL che effettuano i controlli relativi ai prodotti indicati a rischio”. Un ruolo importante è affidato dal Piano alle autorità competenti in materia di comunicazione tempestiva alla popolazione. E’ previsto, infatti, che siano le autorità locali a stabilire, in relazione alle circostanze, l’inizio e la durata delle diverse misure, come quella del riparo al chiuso che va da un minimo di poche ore a un massimo di due giorni, a fornire istruzioni specifiche alle scuole nonché a coordinare le attività di assistenza alla popolazione per soddisfare i bisogni primari di cibo, acqua, energia.

Si tratta quindi di un piano dettagliato e funzionale a ogni esigenza che arriva in un momento delicato in cui gli allarmi per le minacce nucleari si moltiplicano lasciando campo libero a preoccupazioni e reazioni spesso immotivate.
Difficile negare tuttavia che il particolare momento storico in cui si colloca questa importante misura del governo non spegne ma alimenta le sempre più diffuse paure per la minaccia nucleare. Anche se l’Italia, infatti, ha ormai dismesso da tempo le sue centrali nucleari, sono ben 107 i reattori attivi nell’Unione Europea.

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