Tutti i record dell’ India che va al voto

Le operazioni elettorali dureranno sei settimane. Gli elettori sono quasi un miliardo e i candidati ottomila. Sull’Himalaya il seggio piú in altro del mondo. Per assicurare a tutti il diritto al voto mobilitate 15 milioni di persone e ogni mezzo possibile, dagli elefanti, al mulo, al trekking . I risultati previsti per il 4 giugno. La vera sfida tra Modie  Gandhi

L’India al voto il 19 aprile per elezioni che sono davvero da record. Nel paese, che conta 1,4 mld di persone, saranno chiamati alle urne 969 milioni di cittadini  (il 10% della popolazione mondiale), di cui 18 milioni  per la prima volta, per rinnovare i 543 seggi del Lok Sabha, la Camera Bassa, il parlamento indiano. Lo svolgimento delle operazioni elettorali, che coinvolgerá 29 Stati, sará diviso in sette fasi e durerá sei settimane. I seggi si chiuderanno il primo giugno e i risultati potrebbero arrivare giá il 4 giugno. I candidati sono ottomila in rappresentanza di 2.600 partiti ma la sfida vera è tra l’attuale premier Narendra Modi, leader del Bjp (Bahratiya Janata Party – Partito del Popolo Indiano), e Rahul Gandhi, Presidente dell’Inc (Indian National Congress).

Una macchina elettorale da primato

La gigantesca macchina elettorale, che coinvolge15 milioni tra dipendenti del governo e agenti delle forze di sicurezza e  i cui costi si prevedono saranno di circa 12 milioni sterline (1,2 trilioni di rupie) si è giá messa in moto in forme diverse dal nord al sud, dall’esta all’ovest del paese nelle forme piú varie per assicurare a tutti, anche quelli che vivono nelle zone piú remote del paese, il diritto al voto. Per l’allestimento delle cabine, in oltre un milione di esse il voto sará elettronico, sono stati utilizzati i mezzi piú disparati, dai cavalli agli elefanti, alle barche, ai muli, al trekking. L’India detiene anche il primato del seggio piú in alto del mondo, che si trova a 4.650 metri sull’Himalaya.

Modi in testa ai sondaggi 

I sondaggi per il momento danno in vantaggio l’attuale primo ministro, in corsa per il suo terzo mandato. Modi, con le sue politiche nazionaliste, ha restituito alla nazione la sua identitá iduista, con largo seguito popolare. Ma è anche riuscito a rimettere in sesto l’economia, stimolandone la crescita e stipulando con Uk, Usa e Francia importanti accordi bilaterali, che hanno compensato il declino sulla scena occidentale della Cina. Nelle scorse elezioni, quelle del 2019, Modi aveva ottenuto 303 seggi, 352 aggiungendovi quelli dei suoi alleati. Ma per questa nuova tornata, il premier punta a conquistarsene piú di 400, che in un parlamento che ne ha 543 è una maggioranza che non ha precedenti.  Modi ha inoltre riorganizzato le fila del suo partito, concentrandone il potere nelle mani e  assicurandosene il controllo attraverso i mezzi tecnologici piú moderni. Come moderna è stata la sua campagna elettorale, gestita attraverso social media e app. Tutto ció grazie al fatto che il Bahratiya Janata è il piú ricco partito in assoluto del paese. Nel 2019 spese per le elezioni 418 mld di rupie. Modi inoltre è visto dagli elettori come un figlio del popolo, che ha saputo farsi da solo. Viene infatti da una famiglia povera del  Gujarat, da ragazzo aiutava suo padre a vendere il tè –  e ha come prioritá assoluta del suo programma la lotta alla corruzione. Ma sul futuro si allunga l’ombra della crisi con il Pakistan, la piú grave dal 1971, che ha segnato questi suoi ultimi mesi di governo e che ha avuto come fulcro la disputa per il Kashmir, amministrato da entrambi i paesi, e l’attentato kamikaze del 14 febbraio che ha provocato 42 vittime tra le forze di sicurezza indiane e al quale Modi ha risposto bombardando il villaggio di Kotli, dove sono state registrate 350 vittime.

Gandhi si é riorganizzato 

Il suo sfidante  Rahul Gandhi, al contrario discende dalla famiglia Nehru-Gandhi, una delle più importanti dell’India: sia suo bisnonno Jawaharlal Nehru, sia sua nonna Indira Gandhi, sia suo padre Rajiv Gandhi hanno ricoperto la carica di primo ministro e sua madre  l’italiana Sonia è attualmente presidente del Partito del Congresso indiano. Rahul ha studiato alla St.Columba’s School di Delhi, alla Doon School (nello Stato dell’Uttarakhand), al St Stephen’s College di Delhi e in diverse università statunitensi e inglesi, a volte sotto falso nome per motivi di sicurezza. Tornato in India nel 2002, è entrato ufficialmente in politica nel 2004 candidandosi per il Partito del Congresso nello Stato dell’Uttar Pradesh e riuscendo a farsi eleggere anche grazie alla campagna elettorale condotta dalla sorella Priyanka Gandhi, da molti considerata in India più abile e carismatica di lui. Nel settembre del 2007 è stato nominato segretario generale dell’All Indian Congress Committee, carica che avrebbe potuto portarlo alla guida del Paese nel caso in cui il Partito del Congresso avesse vinto le ultime elezioni.  Nel marzo 2023 a causa di una condanna per diffamazione ha dovuto abbandonare il suo seggio parlamentare nel quale si è reinsediato dopo il pronunciamento della Corta Suprema. Rahul ha provato a rinnovare il suo partito, dopo la pesantissima sconfitta di cinque anni fa, quando la formazione ottenne solo il 19,31% dei voti.  Ha basato la sua campagna elettorale su due pilastri: prosperità e benessere. E ha promesso di ridurre la disoccupazione, garantire alle famiglie piú povere il reddito di cittadinanza, di introdurre le quote rosa in parlamento, di rivedere le leggi sul lavoro femminile. E ancora di cancellare i debiti dei contadini e di modernizzare l’agricoltura.

L’ombra del Pakistan nel Kashimir 

Gli altri partiti in gara, fuori dell’orbita dei due principali contendenti,  sono la National Democratic Alliance (Nda) e la United Progressive Alliance (Upa), il Samajwadi Party (Sp), guidato da Akhilesh Yadav, che ha forte presa nell’Uttar Pradesh tra le caste basse della società hindu e tra i musulmani. E ancora il Bahujan Samaj Party (Bsp) di Mayawati, la più importante leader dei dalit, gli intoccabili  indiani, e il Trinamool Congress di Mamata Banerjee, la leader alla guida del  governo del West Bengal dal 2011.

 

 

 

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