25 aprile e campagna elettorale: Scurati protesta, Meloni pubblica il testo, per la Rai solo questione di soldi

Antonio Scurati accusa di “violenza” la cancellazione del suo monologo previsto per il 25 Aprile in onda su Rai, una decisione avvolta dalle polemiche. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, pubblica il testo sul suo profilo facebook. Per la Rai invece è solo una questione di soldi

Scurati

di Carlo Longo

Antonio Scurati non usa mezzi termini per descrivere la cancellazione del suo monologo dedicato al 25 Aprile, evento che doveva essere trasmesso sulla Rai nel programma “Chesarà” condotto da Serena Bortone. Lo scrittore, attraverso una dichiarazione rilasciata sul sito di Repubblica, ha rivolto critiche dirette alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, definendo l’accaduto una “violenza”.

Il dibattito si è infiammato quando la premier Meloni ha condiviso su Facebook il monologo che Scurati avrebbe dovuto leggere, dimostrando così che il tema non era certo di natura censoria. Secondo la versione fornita dalla Rai, infatti,  la partecipazione di Scurati sarebbe stata annullata per questioni legate al compenso richiesto dall’autore, quantificato in 1.800 euro.

Scurati, tuttavia, respinge categoricamente questa versione, parlando di una “aggressione diffamatoria” e negando le affermazioni relative sia al compenso sia all’entità dell’impegno contrattuale. “Ho solo accolto l’invito di un programma della televisione pubblica a scrivere un monologo a un prezzo consensualmente pattuito con la stessa azienda dall’agenzia che mi rappresenta, perfettamente in linea con quello degli scrittori che mi hanno preceduto“, ha precisato Scurati, difendendo la trasparenza e la correttezza del suo operato.

Questo scontro ha naturalmente causato polemiche, con le opposte fazioni pronte a scagliarsi le une contro le altre. Segno che la stagione elettorale sta entrando sempre di più nel vivo. hanno aperto tra figure pubbliche solleva questioni più ampie sulla libertà di espressione e sulle dinamiche interne ai media statali, evidenziando come anche gli accordi apparentemente semplici possano trasformarsi in complessi teatri di confronto pubblico.

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