8 marzo. Nella classifica delle pari opportunitá dell’Economist Italia 16esima, prima di Germania, Uk e Usa

Nella classifica delle pari opportunitá dell’Economist l’Italia al sedicesimo posto, molto dietro la Francia, che é al quinto, ma davanti a Uk, Germania e Paesi Bassi

 

L’Islanda prima, seguita da Svezia, Norvegia, Finlandia. La Francia al quinto posto, l’Italia sedicesima, la Gran Bretagna diciannovesima, la Germania ventunesima e l’Olanda ventitreesima, preceduta dagli Stati Uniti. Ultimissimi Giappone, Turchia e Corea del Sud. E’ la classifica che emerge dall’ultimo “glass ceiling index” , l’indice del “soffitto di vetro”, che dal 2013 l’Economist pubblica in occasione dell’8 marzo e che  misura lo stato di salute delle pari opportunitá nei paesi ricchi dell’Ocse attraverso una serie di parametri che spaziano dall’istruzione superiore, alla partecipazione alla forza lavoro, allo stipendio percepito, alle spese per la cura dei bambini, ai diritti di maternità, alle richieste di partecipazione a business-school, alla rappresentanza in posti di lavoro di alto livello.

I paesi nordici, sottolinea il settimanale, hanno sempre occupato i primi ranghi ottenendo punteggi elevati in tutte le misurazioni. Mentre le donne della Corea del Sud, del Giappone e della Turchia continuano ad affrontare i maggiori ostacoli sul posto di lavoro. Australia e Polonia sono stati i principali scalatori, entrambi in rialzo di cinque posizioni rispetto allo scorso anno. L’Italia tiene la sua posizione mediana. Nel 2016 era diciassettesima, nel 2018 era balzata al dodicesimo posto, per scendere al quindicesimo nel 2019, risalire al 13esimo nel 2020 per poi scendere al sedicesimo negli anni del Covid. E lí rimanere inchiodata. Comunque un bel po’ avanti rispetto alle inglesi, alle americane, alle tedesche, per non parlare delle olandesi.

 

Dall’index emerge anche, disaggregando i dati, che in Italia, alla stregua di Turchia e Grecia, pur essendo le donne laureate in maggior numero rispetto agli uomini, come nel resto degli altri paesi, costituiscono una quota inferiore della forza lavoro pari a meno di due terzi. Divario che si riflette nella carriera e nel salario. Comunque, piú in generale, nei paesi dell’Ocse le donne guadagnano circa il 12% in meno rispetto agli uomini.

L’Economist ha misurato anche la presenza delle donne nel mondo degli affari. E su questo fronte è emerso che è diminuita la percentuale di coloro che sostengono il Gmat, il Graduate Management Admission Test, che determina l’attitudine personale agli studi aziendali a livello universitario e post-universitario. Tuttavia segnala il settimanale, la rappresentanza delle donne nei ruoli dirigenziali  ha raggiunto il 34,2%, rispetto al 33,8% dello scorso anno. Svezia, America e Polonia sono le capofila con le donne che occupano più del 40% dei posti di lavoro di alto livello, l’Italia è sotto con il 28%. In Giappone e Corea del Sud la percentuale è rispettivamente del 15% e 16%.

La percentuale di donne che siede nei consigli di amministrazione delle aziende ha raggiunto per la prima volta il 33% nei paesi Ocse. Nella Ue, in base alle quote rosa, il 40% dei membri dei cda dovranno essere donne entro il 2026. Finora solo cinque dei 22 membri dell’Unione inclusi nell’indice hanno raggiunto tale obiettivo e lo hanno superato. In questo contesto l’Italia – con il 43,5% di donne nei cda delle società quotate che operano nel settore finanziario – è seconda soltanto alla Francia (46,6%) per rappresentanza femminile nei board. Seguono: Paesi Bassi (42,2%), Germania (39,7%) e Spagna (39,4%). Tuttavia, nel 2023 le nuove nomine femminili nei cda delle istituzioni finanziarie europee sono diminuite rispetto all’anno precedente: il 44% dei nuovi consiglieri sono donne, in calo rispetto al 51% del 2022.

Mettere su famiglia e avere figli continua a rendere difficile la permanenza delle donne nel mondo del lavoro. Un ostacolo, secondo l’Economist, che puó essere superato solo con un congedo parentale generoso e un’assistenza all’infanzia a prezzi accessibili. La durata del congedo di maternità retribuito, riferisce il settimanale, varia notevolmente: Ungheria, Grecia, Slovacchia e i paesi nordici sono generosi. L’America rimane l’unico paese ricco in cui il governo non impone ai datori di lavoro di offrire alle neo mamme un periodo minimo di aspettativa Anche il congedo per i padri è importante: aiuta a dividere il peso della cura dei figli tra i genitori. Per incoraggiare più donne a entrare nel mondo del lavoro, il Giappone e la Corea del Sud hanno adottato politiche di congedo di paternità che risultano le  più generose dell’Ocse (rispettivamente con 31 e 22 settimane, se adeguate alla retribuzione piena), anche se pochi nuovi padri scelgono di rimanere a casa.

Un’altra misura importante per chi vuole fare figli è il costo dell’assistenza all’infanzia. La Fawcett Society, un gruppo che promuove la parità di genere, ha recentemente stimato che 250.000 madri britanniche con figli di età inferiore ai quattro anni hanno abbandonato i loro impieghi a causa degli alti costi dei nidi, che rappresentano circa il 25% del salario medio, e della mancanza di flessibilità da parte del datore di lavoro.

Infine la presenza delle donne in politica. L’Index mette in evidenza che un maggior numero di donne nella leadership si traduce in una maggiore attenzione ai diritti e alle politiche familiari. In Islanda, Svezia, Norvegia e Finlandia – i primi quattro paesi della classifica – le donne detengono almeno il 45% dei seggi parlamentari. In Corea del Sud e Giappone, invece, la loro quota è inferiore al 20%.

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