Addio Letizia Battaglia: ci lascia a 87 anni una delle più grandi testimoni della vita e della società del nostro Paese

Di Fabrizia Carabelli

Letizia Battaglia aveva 87 anni ma c’erano delle caratteristiche in lei che tradivano lo spirito di un’adolescente indisciplinata. Il suo volto sorridente portava i segni delle lotte che nella sua vita aveva dovuto combattere, i capelli prima rosa e poi azzurri erano solo la prova del suo anticonformismo. «Mi chiamo Letizia Battaglia – diceva ridendo in una recente intervista per Freeda – non posso separarmi». L’impegno di una combattente e l’animo di una ragazzina, due pulsioni presenti tanto nella sua vita quanto nei suoi scatti che ti raccontano la realtà con un’empatia velata di malinconia e che allo stesso tempo ti sparano addosso un getto di doccia gelata. Non semplici documentari ma narrazioni che, come il suo volto, portano i segni del dolore, della tristezza e delle sofferenze che ha attraversato in prima persona.

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Ritratto Letizia Battaglia, courtesy Drago Publishing

Perché la neutralità è di un altro mondo, non appartiene a quello di Letizia Battaglia. Dentro a quel bianco e nero c’è l’inchiostro di mille storie scritte sulla pellicola, il racconto di una donna, prima che di una fotografa, sincera. E con la stessa onestà Battaglia ha intrappolato nei suoi scatti l’odio per la violenza, l’amore per le persone e per una città dalle sfumature di grigio, Palermo, slabbrata, decadente, povera, come la definiva lei e alla quale, pure quando andava via, tornava sempre. “La contraddizione definisce Palermo”, scriveva Sciascia, e quelle contraddizioni è impossibile non raccontarle che sia con la penna che sia attraverso l’obiettivo e Letizia Battaglia ne era ben conscia.

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è LB_Anthologia_2-web-1024x679.jpgGiuseppe Impastato, Letizia Battaglia dal libro Anthology, Drago Publishing

Autodidatta, Battaglia impugna a quasi quarant’anni suonati la macchina fotografica. Comincia presentandosi nel ’69 all’Ora di Palermo e per quel giornale fa la prima foto di una prostituta. Poi, dopo una parentesi formativa milanese, torna a Palermo e lavora come cronista confrontandosi inevitabilmente con la mafia. Fotografa l’uccisione del Presidente della Regione Piersanti Mattarella, scatta fotografie a Giulio Andreotti in compagnia di Nino Salvo di Cosa Nostra, che saranno utilizzate agli atti dei processi a seguire. Nel 1992, dopo l’uccisione del magistrato Giovanni Falcone, decise di smettere di documentare i fatti di mafia. «Ho sofferto – dice in una recente intervista per Repubblica – per coloro che sono morti per mano mafiosa, da Boris Giuliano ai tanti che hanno disseminato di sangue la mia terra. Ho pianto, ho imprecato e ho documentato le carneficine e gli omicidi». E le sue lacrime sono state il suo regalo per l’arte, l’inchiostro che ci aiuta ancora oggi a ripercorrere i momenti bui della storia del nostro Paese e che disegna i volti di un’umanità che non ha bisogno di colori, ma di contrasti, per emergere dallo sfondo di una città.

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è 01-09-824x1024.jpgLa cover che Inside Art ha dedicato nel 2009 a Letizia Battaglia