di Francesco Negri
Roma – Nel dramma post covid che sta colpendo larghe fasce del sistema produttivo italiano un ruolo da protagonista lo merita il sistema aeroportuale, una filiera che conta 10mila addetti e che ha bisogno di 800 milioni di euro per pareggiare le perdine subite. E’ un settore di cui si parla poco, ma è vitale per il paese: aeroporti significa turismo, logistica, business. Insomma i settori che muovono il pil nazionale.
Il lockdown ha evidentemente colpito al cuore questo business perché il blocco è stato pressoché totale e anche perché alla riapertura le attività non sono riprese affatto con i ritmi pre pandemici. Quindi gli effetti negativi continuano e continueranno ancora per molto tempo. Infatti pur ammettendo un rapido, quanto ad oggi altamente improbabile, ritorno alla normalità prima di recuperare le perdite accumulate in questi mesi ci vorrebbero anni di andamenti floridi.
Il tema dunque è l’intervento pubblico, finanziamenti statali che consentano di mantenere in vita le aziende, di superare questa fase che è ancora di stallo e poi, a pandemia passata, cominciare a provare a ricrescere.
Su questa linea si è schierato apertamente Fabrizio Palenzona, il presidente di Assaeroporti che, in pubblico ed accorato appello, ha sottolineato la pericolosità del momento sottolineando come il collasso di questo sistema di infrastrutture primarie potrebbe arrecare danni incalcolabili al sistema paese.
Il presidente di Assaeroporti, chiedendo al Premier Giuseppe Conte di prevedere interventi adatti ad evitare il tracollo, ha fatto notare due cose. La prima è che il sistema aeroportuale è un business funzionale all’economia complessiva del paese e finora rimasta di fatto fuori dal sistema degli aiuti, la seconda è che il Governo federale tedesco, ad esempio, ha già garantito ai propri aeroporti una dotazione di 1,36 miliardi di euro. Una linea di aiuti già varata da altri stati europei.
Palenzona ha evidentemente ragione. L’Italia non può restare senza un sistema aereo ed aeroportuale adeguato all’esigenza del mercato e dell’economia reale. Il problema sta nel fatto che l’Italia da decenni butta al vento miliardi per una compagnia aerea, l’Alitalia, gestita malissimo e da sempre produttrice di grandi perdite. Una compagnia di bandiera che andava chiusa senza se e senza ma già qualche lustro fa e che oggi, suo malgrado, è diventata il simbolo dell’incapacità gestionale di quelle aziende costantemente foraggiate da interventi pubblici.
A questo si aggiunge che Aeroporti di Roma (ADR), il più grande operatore nazionale di questo settore è controllato dalla famiglia Benetton. La stessa delle autostrade, la stessa del ponte Morandi di Genova. Riuscirà il Premier a vincere l’indignazione populista di molti, i mal di pancia della sua parte politica e a finanziare come si deve il rilancio di questo settore? Conte ha fin qui dimostrato di avere lucidità e una grande capacità di mediazione. Gli aeroporti sono un settore strategico per il paese e non per una parte di esso. Vedremo già nelle prossime settimane cosa ne sarà, se sapremo tutelare i nostri aeroporti o se anche questa infrastruttura passerà a mani straniere.
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