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Africa e Covid, finora non c’è stata una strage ma bisogna contrastare l’allarme varianti

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di Mario Tosetti

Nessuno sa veramente come sarà il progredire della pandemia Covid-19, per i paesi Africani le incognite sono tante e tali che la comunità scientifica oscilla tra ipotesi drammatiche ed altre più ottimistiche. Un dato è certo, occorre mettere in campo in Africa delle azioni preventive per evitare che accada quanto sta accadendo in India. Secondo John Nkengasong, direttore del Centro africano di controllo e prevenzione delle malattie (Africa Cdc): “Guardiamo con totale incredulità a cosa sta accadendo in India. La situazione nel Paese è molto, molto preoccupante per il nostro continente. Si tratta di un campanello d’allarme. Dobbiamo agire ora, con decisione e tutti insieme”.

L’Uganda ha annunciato di aver trovato un positivo alla variante indiana di rientro da un viaggio. Secondo i dati ufficiali dell’Africa Ccd, il continente registra il 3,1% dei contagi e il 4% circa delle morti globali. Numeri bassi. Ad ogni modo la situazione indiana, per le forti interconnessioni tra i due paesi desta non poche preoccupazioni.  

Gino Strada, lancia un vero e proprio allarme attraverso delle dichiarazioni rilasciate a La stampa afferma:“Li abbiamo abbandonati a loro stessi. In Sudan hanno fatto i tamponi al personale sanitario. Su milletrecento medici ed infermieri i positivi erano il 70%. A Khartoum addirittura l’80%. L’Occidente è miope. Le mutazioni del virus rischiano di rendere obsoleti i vaccini. Se il virus non si ferma anche in Africa poi ce lo ritroviamo mutato in casa nostra”.

Seguire e sostenere, per quanto possibile, le strategie dei Paesi africani contro l’epidemia è comunque di estremo interesse per le nazioni europee, inclusa l’Italia, poiché ormai siamo così interconnessi che contrastare l’epidemia in Africa vuole dire dare valore e prospettive di consolidamento futuro a tutte quelle iniziative congiunte nei settori dell’impresa, della ricerca o dello sviluppo in corso tra l’Europa e l’Africa.

Finora in Africa non c’è stata una vera e propria strage da Covid, aggravata dall’arretratezza delle strutture sanitarie e le scarse condizioni igieniche. Alcuni hanno ipotizzato una possibile immunità genetica  o  attribuito alle temperature particolarmente calde il potere di rendere il virus meno attivo, o ancora grazie alla prevalente giovane età della popolazione africana, il  60% della popolazione ha  meno di 25 anni. Inoltre, c’è anche la possibilità che l’epidemia non venga precisamente descritta poiché molti casi potrebbero non essere riconosciuti come tali, o perché paucisintomatici o perché non sottoposti ai test specifici. 

L’ipotesi che sia il caldo ad attenuare la diffusione del virus è smentita dal dramma che si consuma in Brasile e in India. L’Ufficio della Regione africana dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) conferma che le altre ipotesi sono allo studio, mentre la possibilitàò che il Covid sia scambiato con altre malattie o non rilevato sarebbe da escludere, perché più di 40 Paesi sarebbero ora in grado di utilizzare i test specifici, rispetto agli unici due che erano in grado di farlo all’inizio del 2020 Sudafrica e Senegal.

Angelo Ferrari, giornalista e  autore del libro “La pandemia in Africa. L’ecatombe che non c’è stata”, spiega in un’intervista a Ilfattoquotidiano.it che: “ Di certo il virus è circolato e circola più di quanto sia documentato, ma non in forma grave. Se ci fosse stato un aumento esponenziale dei morti, sarebbe stato impossibile non vederlo, come accade ora in India: ospedali al collasso, obitori pieni. E questo non è avvenuto”. Ferrari precisa però che nella seconda ondata, c’è stato “un forte aumento del numero dei casi, ma circa l’80% era asintomatico. Il Paese più colpito è stato il Sudafrica, con 43mila morti su 57 milioni di abitanti: da solo, metà dei decessi dell’intero continente. Poi Egitto e Marocco: tutti Stati con forti contatti con l’estero”.

Secondo l’analisi di Ferrari anche se i sistemi sanitari sono fragili, il diffondersi di numerose malattie in Africa ha condotto ad apprendere una buona capacità di gestione delle epidemie. Quando è circolata l’ebola i paesi africani hanno posto in essere le norme necessarie e si erano già attrezzati diversi aeroporti con termo scanner. “Secondo la classificazione del Lowy Institute, un think tank australiano che ha pubblicato il Covid performance index, il Rwanda sarebbe primo in Africa e sesto al mondo nella gestione della pandemia, seguito da Togo e Tunisia – dichiara Ferrari- Nella statistica stilata da Foreign Policy, invece,  il Senegal è al secondo posto nel mondo. Ci sono Paesi che hanno governato in modo oculato la pandemia, con lockdown, il divieto di cerimonie funebri e religiose, la chiusura di chiese e moschee, la sospensione dei voli. Proprio ieri il Kenya ha bloccato i voli per l’India, nonostante sia un partner molto importante”

I dati da tenere in considerazione, però, non sono solo questi, in quanto la pandemia ha inciso anche su un altro ordine di problemi. Ferrari in proposito sottolinea: “Si è rivelata un’ottima scusa per i regimi autoritari uno strumento di potere utile per imporre regole ferree, lockdown, divieto di manifestare. Altri paesi invece, come la Tanzania o il Burundi, hanno rifiutato la pandemia. Il presidente Magufuli aveva dichiarato la Tanzania covid free a maggio 2020, smettendo di testare la popolazione. Lo stesso è accaduto in Burundi con Nkurunziza: ora i due presidenti sono morti -si vocifera proprio di covid- e i loro successori hanno cambiato la gestione sanitaria”.

Anche in Africa la pandemia ha, inoltre, inciso sui già fragili assetti economici causando una vera e propria recessione, la prima degli ultimi 25 anni. Infine non si può dimenticare il vero e proprio nodo cruciale dei vaccini. In proposito Ferrari avverte: “Lo stesso Fmi indica la campagna di immunizzazione come chiave per uscire da questa situazione: il limite d’accesso ai vaccini infatti non è solo un problema sanitario, ma frena anche la ripresa economica. Il meccanismo dell’Oms chiamato Covax, che distribuisce vaccini ai paesi in via di sviluppo, funziona, ma non a sufficienza: le dosi disponibili sono troppo poche. Ed è fondamentale capire che se non si vaccina tutto il mondo, nessuno si salva. Il sovranismo vaccinale è un problema serio: secondo molti studi, l’immunità di gregge in Africa si raggiungerà forse nel 2024/25. Intanto il virus circola, molto spesso tra asintomatici, e può diventare endemico, col rischio che si sviluppino nuove varianti che potrebbero compromettere tutta la campagna vaccinale. A scanso di equivoci: il virus non arriva sui barconi. I pochi che sopravvivono alla traversata vengono rigorosamente testati e messi in quarantena. Il virus ha circolato e circola nelle classi benestanti, in chi ha contatti politici o d’affari con l’Europa.”

Il tema dei vaccini ha, inoltre, anche risvolti che attengono ai rapporti tra le popolazioni. Secondo l’analisi di Ferrari: “Il vaccino viene usato come arma diplomatica: Cina e Russia hanno spinto molto su Sinovac e Sputnik, che vengono somministrati in diversi paesi africani. È la diplomazia dei vaccini, che serve a rafforzare anche il potere di Pechino e Mosca nel continente africano. L’Occidente deve fare uno sforzo di solidarietà serio”.

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